Redditi, misure pubbliche utili agli anziani ma non alle famiglie giovani in difficoltà
«L’intervento pubblico» sui redditi attraverso tasse e benefici «abbatte drasticamente il rischio di povertà delle famiglie anziane», allo stesso tempo «le più esposte e le più tutelate, cioè quelle per cui la redistribuzione consegue il maggior effetto». Lo rileva l’Istat.
Al contrario, «le coppie giovani» e «quelle adulte con minori, dopo l’intervento pubblico risultano più esposte al rischio di povertà, che aumenta in misura contenuta». I giovani single e i monogenitori con bambini sono i «meno tutelati» dal sistema di welfare.
Ecco che dopo la redistribuzione, il rischio di povertà fra gli anziani scende al 17,1% per i singoli, in maggioranza vedove, e al 9,9% per le coppie», evidenzia l’Istat. Invece «i giovani singoli e i monogenitori con figli minori sono i meno tutelati» e «dopo l’intervento pubblico mostrano un rischio di povertà superiore al 30%».
Passando dalle famiglie agli individui, «l’analisi delle stime del rischio di povertà per le diverse classi di età mostra, oltre alla evidente funzione di sostegno delle pensioni per le persone di 65 anni e più, anche un aumento del rischio di povertà, dopo l’intervento pubblico, per i giovani nella fascia di età dai 15 ai 24 anni (dal 19,7 al 25,3%) e per quelli dai 25 ai 34 anni (dal 17,9 al 20,2%)».
Inoltre, rileva, «un limite evidente del sistema dal punto di vista dell’equità è la debole tutela accordata ai minori in presenza di bassi livelli del reddito familiare: per effetto dell’intervento pubblico il rischio di povertà aumenta dal 20,4 al 25,1% per chi ha meno di 14 anni».
Insomma «la distribuzione per età degli avanzamenti generati dall’intervento pubblico indica che soltanto una esigua percentuale degli adulti e dei giovani migliora la propria collocazione. Per esempio, soltanto il 16,3% degli individui fra i 25 e i 34 anni del quinto più povero avanza nella scala dei redditi grazie all’intervento pubblico. Nello stesso tempo, fra gli individui dai 25 ai 34 anni del quinto più povero di reddito primario, l’83% dopo l’intervento pubblico non migliora la propria posizione, mentre il 65% di quelli del secondo retrocede».
Secondo l’Istituto «lo svantaggio relativo dei giovani in età attiva non dipende tanto dalla priorità assegnata dal sistema alla redistribuzione previdenziale, ma soprattutto dalle difficoltà di ingresso e di permanenza nel mercato del lavoro».