Imprese, da 4 anni in attesa per investire 25mln in Sicilia
Un investimento da 25 milioni di euro e un indotto lavorativo, tra diretto e indiretto, di circa 100 persone: una opportunità economica e occupazionale per il territorio di Agira (Enna) e l’intera regione siciliana che rischia di essere vanificata dalla burocrazia.
Lo denuncia l’azienda trevigiana Fassa Bortolo, leader in Italia nel settore dei prodotti e soluzioni per l’edilizia, che ha deciso di investire in Sicilia da oltre quattro anni e mezzo e tuttora sta aspettando il via libera al progetto di riapertura della cava di calcare e minerali associati nella località S. Nicolella del comune di Agira.
Il sito interessato è una cava dismessa circa 30 anni fa, chiusa e abbandonata senza alcun recupero ambientale, che ha dato luogo nel tempo a un’area degradata.
Il sito estrattivo, che è inserito nel Piano regionale delle attività estrattive, è elemento fondamentale del progetto industriale perchè da esso verrà estratta la materia prima calcarea destinata allo stabilimento produttivo che verrà realizzato in prossimità e sempre nel comune di Agira.
Il titolare Paolo Fassa si dice «amareggiato perchè la burocrazia in questo Paese è organizzata in modo tale che la colpa non è mai di nessuno. Se non si sblocca in tempi brevi questa assurda situazione, rinunceremo al progetto e lasceremo sull’isola solo gli avvocati perchè faremo causa. Mi appello al Governo, in particolare al Ministero dello Sviluppo Economico e al suo titolare, Carlo Calenda e all’associazione degli industriali della Regione Sicilia».
L’azienda trevigiana ha ottemperato fin da subito a tutte le richieste degli enti competenti passando attraverso fasi concertative, accordi, confronti e dibattiti con i portatori di interessi. Manca soltanto il tassello finale di questo tentacolare iter burocratico: l’ultimo parere paesaggistico della Soprintendenza, che permetterebbe quindi al distretto Minerario di Caltanisetta di concludere l’iter autorizzativo.
Uno stallo dovuto al fatto che una modesta parte dell’area interessata al progetto risulta essere «d’interesse archeologico». Il progetto di Fassa Bortolo, oltre alla nascita di un nuovo stabilimento con una ricaduta significativa in termini occupazionali consentirebbe anche un recupero ambientale, paesaggistico e morfologico dell’area di cava.
Del resto l’impresa trevigiana fin dall’inizio si è resa disponibile a delocalizzare i reperti archeologici trovati e fare delle strutture in grado di valorizzarli.
«È dal 2013 che aspettiamo.
Noi siamo disposti a investire in questa Regione, ad assumere lavoratori ma ce lo impediscono. O meglio la burocrazia lo impedisce. Questa assurda babele di norme che trasforma l’entusiasmo e la voglia di lavorare in una odissea senza fine».