Processo «Aemilia», giudici: «Al nord borghesia mafiosa»
Al Nord esiste una sorta di «borghesia mafiosa».
È la conclusione a cui arrivano i giudici della Corte di Appello di Bologna, nella sentenza del processo di ‘Ndrangheta «Aemilia», che il 12 settembre ha in gran parte confermato la decisione del Gup per 60 imputati. Tra le posizioni modificate rispetto al primo grado c’è quella dell’ex consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani, prima assolto, poi condannato a quattro anni per concorso esterno.
Nell’atto si legge infatti che l’organizzazione criminale calabrese radicata in Emilia «si muove in modo diverso rispetto alle regole tradizionali, senza necessità di ricorrere, almeno apparentemente, a riti e formule di affiliazione» e invece per agire «necessita del supporto tecnico e dell’appoggio operativo di commercialisti, fiscalisti, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti e rappresentanti della politica locale».
E si fa riferimento, infatti, ad una «”borghesia mafiosa” esistente al nord, composta da imprenditori, liberi professionisti e politici, che fa affari con le cosche, ricercandone addirittura il contatto in ragione delle ampie opportunità offerte dall’appoggio dell’organizzazione»; il pagamento del «fiore», cioè della percentuale alla «casa madre», la «mazzetta» o l’estorsione «sono il mezzo con il quale l’imprenditore e il politico ottengono la protezione e il vantaggio che la cosca può offrire».