Stop a Ugo Rossi, prime crepe nel Patt Panizza non vuole la rottura col centrosinistra
Al di là dei proclami, nel Patt non tutti sono convinti che sia una mossa intelligente trascinare il partito in una corsa solitaria, destinata alla sconfitta, per difendere a oltranza la leadership di Rossi. Il «no» di Pd e Upt affossa il governatore, non la coalizione, e per questo il segretario Panizza lavora da un lato per convincere Rossi a prendere atto che la sua ricandidatura non è stata condivisa, e dall’altro per evitare la rottura con Pd e Upt. Nei «dem», intanto, 34 membri dell’assemblea su 63 hanno firmato a sostegno del voto di discontinuità.
I DISTINGUO IN CASA PATT
Mentre il presidente Ugo Rossi sta ancora masticando amaro, dopo la bocciatura che non credeva possibile e che si traduce per lui nella certezza che la sua esperienza da presidente della Provincia si chiuderà con questo mandato, nel Patt crescono i dubbi sul senso di una corsa solitaria dietro al governatore uscente.
Se infatti le Stelle alpine rompono definitivamente con le altre forze politiche della coalizione e non partecipano alla costruzione della nuova alleanza proposta dal «traditore» Carlo Daldoss si ritroveranno da sole, che vuol dire rinunciare a ogni possibilità di tornare al governo del Trentino, ovvero perderanno tutto quello che hanno conquistato in questi anni.
Per questo il segretario Franco Panizza sta cercando di lavorare ai fianchi il presidente Rossi nella speranza di convincerlo a prendere atto che ormai la sua ricandidatura non è stata condivisa e che il Patt deve guardare avanti e non può condannarsi all’opposizione dopo aver avuto il presidente della Provincia. E visto che nel centrodestra non ci sono le porte aperte a Rossi & C. non resta che cercare di continuare un percorso di alleanza con l’aggregazione di forze che stanno cercando di unirsi come proposta alternativa alla coalizione guidata dalla Lega e ai 5 Stelle.
A testimonianza delle crepe che si stanno aprendo nel fronte a sostegno della corsa solitaria con Rossi candidato presidente c’è la decisione della consigliera provinciale Chiara Avanzo di non firmare il comunicato del Patt in cui venerdì i vertici del partito dichiaravano: «La proposta del Patt è quindi aperta a 360 gradi a tutti coloro che vorranno condividere un progetto per il Trentino con alla guida il presidente Ugo Rossi».
La presa di posizione con cui il Patt ha sancito di ritenere chiusa la sua esperienza con una coalizione che ritiene ormai finita non è stata condivisa da Avanzo che spiega: «La mancanza della mia firma è dovuta a riflessioni di natura politica. In questa fase del dibattito interno alle forze di maggioranza, non l’ho ritenuta opportuna».
Hanno firmato invece tutti gli altri consiglieri provinciali: Lorenzo Ossanna, Lorenzo Baratter, Graziano Lozzer, Walter Viola, l’assessore Michele Dallapiccola e anche Luca Giuliani, consigliere arcense da tempo molto critico nei confronti della guida del partito da parte del segretario Panizza e della scelta di immolarsi per Rossi. Ma mentre Avanzo sembra più interessata a continuare il suo percorso con la maggioranza uscente, Giuliani guarda a destra, verso la Lega, visto che il Patt non è riuscito a conservare la leadership della coalizione e la strategia del duo Panizza-Rossi ha fatto cilecca, ritiene sia arrivato il momento di cercare altri alleati e leader se si vuole sperare di dare al Patt ancora un ruolo di forza di governo.
Ieri il presidente Rossi si è fatto vedere a Pieve Tesino, dove ha partecipato alla cerimonie degasperiane, ma non ha voluto dire nemmeno una parola sulla scelta che intende prendere. Tra chi lo incoraggia ad andare avanti con la corsa solitaria c’è Walter Viola e ieri il governatore era quasi tentato di ufficializzare la decisione. Ma alla fine ha deciso di stare ancora a vedere che succede. In fondo, Pd e Upt hanno bocciato lui ma non hanno ancora trovato un candidato su cui convergere.
PD: AUMENTANO I NO A ROSSI
I 25 voti dell’assemblea del Pd del Trentino, che hanno bocciato il Rossi bis giovedì scorso, ieri sono saliti «virtualmente» a 34, che vuol dire la maggioranza assoluta dei componenti (sono in tutto 63). Per fare capire al Pd nazionale, che è intervenuto a gamba tesa sollecitando l’assemblea a correggere il «grave errore», e ai sostenitori del sì a Rossi, che il voto dell’altra sera non è stato un incidente, ma ha espresso la volontà della gran maggioranza del Pd trentino, ieri 34 componenti dell’assemblea provinciale del partito, ovvero i 25 che hanno votato più altri 9 che erano assenti, ma che condividono quel voto, hanno firmato un documento per spiegarne le ragioni. Soprattutto hanno voluto precisare che decidere di individuare un altro nome come candidato presidente non vuol dire affossare la coalizione, come sostengono Rossi, il Patt e il Pd nazionale.
«La decisione dell’assemblea di non sostenere la riconferma del presidente uscente Ugo Rossi alla guida della Provincia di Trento - scrivono i 34 firmatari - non coincide affatto con la scelta di rompere la coalizione. Al contrario: la ragione profonda di tale sofferta decisione sta nella volontà di aprire una nuova stagione nella storia del centrosinistra autonomista, dopo il risultato negativo del 4 marzo scorso e nello sforzo di allargare la coalizione esistente».
E aggiungono il desiderio di aprirsi: «Nei mesi scorsi sono emerse idee ed energie disponibili a contribuire alla definizione di un nuovo progetto: da un lato i movimenti e le forze politiche che si sono raccolte attorno alla figura di Paolo Ghezzi, dall’altro importanti espressioni del civismo ora raccolte attorno alla figura di Carlo Daldoss. Si tratta di esperienze diverse, che sono disponibili a dialogare e collaborare per evitare che prevalga in Trentino una guida leghista e sovranista». E concludono: «In un momento così difficile per la vita politica del Trentino sarebbe un errore per il centrosinistra autonomista chiudersi a riccio nella conferma dell’esistente.
Per questo, ci auguriamo che ora si possa riprendere il dialogo con tutte le forze politiche, compreso il Patt».
I 34 firmatari sono Egon Angeli, Donata Borgonovo Re, Luciano Bresadola, Michele Brugnara, Michela Calzà, Patrizia Caproni, Cristina Casagrande, Kristofor Ceko, Filomena Chinà, Luciana Chini, Dario Cicolini, Elisabetta Comper, Dante Dossi, Alessandro Fedrigotti, Sara Ferrari, Luca Filosi, Giulia Fiorini, Silvia Franceschini, Giancarlo Gallerani, Alessandro Giovannini, Alessio Manica, Amedeo Mazzocchi, Arianna Miorandi, Davide Nicolussi Moz, Carmen Noldin, Giacomo Pasquazzo, Anna Pironi, Chiara Rossi, Chiara Serbini, Nicola Simoncelli, Selene Sordo, Marina Taffara, Anna Tovazzi, Dara Jabe Zebenay.
Intanto, la presidente Donata Borgonovo Re ha convocato di nuovo l’assemblea per martedì con all’ordine del giorno le dimissioni del segretario Giuliano Muzio, che aveva letto il no a Rossi come una sfiducia nei suoi confronti. Tra i sostenitori del segretario, usciti sconfitti nel voto dell’assemblea, c’è anche il vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi, che conferma la sua stima a Muzio e dice: «Lui è una persona per bene e la politica ha bisogno di persone per bene. Ma la decisione può essere solo sua». Mentre il sindaco di Arco, Alessandro Betta, che come quello di Riva, Adalberto Mosaner, condivideva la linea di Olivi e Muzio, ieri ne ha sollecitato un ripensamento: «Sfiduciare un segretario appena insediato (aprile 2018), dopo una disfatta elettorale durissima (4 marzo 2018 perdendo così Italo Gilmozzi), mi pare davvero troppo. Siamo un partito in grande difficoltà e le persone faticano pertanto ad affidarsi a chi dimostra tale incertezza e si allontanano dai “begaroli”. Avrei sostenuto appieno Giuliano Muzio, affidandogli mandato ampio al segretario, il centro sinistra autonomista deve restare unito». Il capogruppo provinciale Alessio Manica, intanto, a norma di statuto osserva che il Pd nazionale non può intervenire su una decisione politica dell’assemblea se non va contro i valori fondamentali del partito. Quindi il commissario politico e i carrarmati del Pd nazionale possono starsene a Roma.
GHEZZI: ORA DISCUTIAMO
Paolo Ghezzi è disponibile a sedersi al «nuovo tavolo di confronto», che l’Upt ha annunciato di voler promuovere per cercare di dare vita a una nuova alleanza più ampia e inclusiva, e a confrontarsi anche con Carlo Daldoss e i suoi civici, se «nessuno porrà pregiudiziali sul nome del candidato presidente, questione che ha inceppato il dialogo con il Patt».
Paolo Ghezzi come valuta le decisioni di Pd e Upt di puntare sulla discontinuità?
Innanzitutto, ci tengo ad annunciare che il 29 agosto terremo il primo incontro dei sostenitori del cambiamento democratico, poi comunicheremo dove. Questo sarà un momento importante per valutare la nuova situazione e la candidatura di Carlo Daldoss che è stata una novità e poi se organizzare una nostra lista e come eventualmente chiamarla. Il tutto sperando che nel frattempo dal Pd soprattutto arrivino dei segnali. Dal Pd del rinnovamento arrivano forti inviti a dialogare con Daldoss e lo stesso dall’Upt. Io avevo già detto che con i civici si doveva dialogare. Mi auguro che possa essere possibile senza le pregiudiziali che hanno inceppato il dialogo con il Patt.
Vuol dire pregiudiziali su chi deve essere il candidato presidente?
Esatto. Noi non ne poniamo e i civici hanno indicato il nome di Carlo Daldoss ma in politica si indica e poi si dialoga. Dire “o Rossi o niente” è stato l’errore del Patt, che però ora mi auguro che sia disponibile a tornare al tavolo, perché il problema è: quelli che non sono innamorati di Salvini e Fugatti vogliono provare a fare qualcosa insieme oppure ognuno vuole portare la sua bandierina e basta? Io a costo di deludere LeU, che apprezzo per molti dei loro valori che condivido, dico chiaramente che se mi chiedessero una candidatura di bandiera avrei seri dubbi perché non voglio spaccare. Dunque ora sono disponibile a sedermi al tavolo senza porre alcuna pregiudiziale sulla mia candidatura a presidente e mi auguro che lo stesso facciano Daldoss ed eventuali altri, se è così come ha scritto saggiamente nel suo comunicato l’Upt prima si discute su che tipo di alleanza fare e per cosa e poi trovare il nome giusto per cercare di vincere questa difficilissima campagna elettorale. Sottoscrivo lo spirito espresso dall’Upt.
Pensa che ora anche il Partito democratico possa condividere questo percorso?
La decisione è stata presa in maniera democratica e in democrazia anche un voto in più conta. Quindi il Pd ha scelto la discontinuità. Bisogna tener conto della minoranza forte e a me piacerebbe molto incontrare Olivi, Zeni e Olivieri e discutere anche con loro. Posso rivelare che ho incontrato Olivi su sua richiesta la scorsa settimana e che lo ritengo una competenza e una risorsa con grande consenso che il Pd deve ancora valorizzare adeguatamente. Mi dispiacerebbe dunque parlare solo alla maggioranza del Pd perché o il Pd ritrova la sua unità o si va poco lontano. Magari potranno tirare fuori il famoso terzo nome, anche se io faccio notare che sul piano valoriale e politico il mio nome rispetto a Rossi e Daldoss era quello più vicino a loro.
La reazione di Rossi e del Patt se l’aspettava?
La reazione di Rossi è comprensibile. Posso rivelare che una quindicina di giorni fa ho telefonato ad Ale Pacher per chiedergli se secondo lui stavo facendo una sciocchezza a propormi perché Panizza mi contestava per il fatto di non avere il profilo dell’amministratore. Pacher mi ha invece incoraggiato e poi però ha aggiunto che riteneva ingiusto che Pd e Upt tenessero sulla graticola Rossi per quattro mesi. Quindi dal punto di vista umano Ugo Rossi non è stato trattato come si doveva. Il Pd avrebbe dovuto votare almeno due mesi fa. Quindi capisco la reazione di Rossi e del Patt, poi sul perché ci siamo arrivati sospendo il giudizio. Comunque siccome ho stima dell’intelligenza di Rossi e Panizza suppongo che prima di decidere di andare a fare una lista di bandiera e non essere sicuramente più nel governo dell’autonomia facciano una ulteriore riflessione.
DALDOSS: È FINITO UN CICLO
C’erano tutti in prima fila ieri a Pieve Tesino per la Lectio degasperiana. Carlo Daldoss, da una parte (nei posti della giunta), e Ugo Rossi, dall’altra, con a fianco gli assessori Luca Zeni, Alessandro Olivi e il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, la «triplice» del Pd che ha sostenuto nel partito il Rossi bis senza riuscire a farlo passare.
Carlo Daldoss non commenta la bocciatura di Rossi da parte del Pd e dell’Upt, ma preferisce concentrarsi sul suo progetto di una nuova aggregazione politica che ha l’ambizione di risultare competitiva e vincente rispetto al centrodestra guidato dalla Lega.
«Noi - sottolinea Daldoss - abbiamo costruito un movimento civico territoriale e indicato un candidato presidente e abbiamo detto che al Trentino serve un progetto che guardi alto e lontano caratterizzato da competenza, concretezza e capacità per dare risposte ai nuovi bisogni dei cittadini trentini e puntiamo ad aggregare per costruire una proposta allargata ma deve essere chiaro che non esiste che questa sia una riedizione della formula Pd-Upt-Patt perché questa coalizione è finita come hanno dimostrato i 5 mesi di discussioni inconcludenti a cui abbiamo assistito. È finito un ciclo politico - insiste Daldoss - che ha fatto cose buone negli ultimi vent’anni, ma ora noi proponiamo di aprirne un altro. Su questo punto vogliamo essere chiari con i trentini: noi non vogliamo riportare in vita la vecchia coalizione di centrosinistra allargandola, ma costruire una nuova aggregazione».
«Ho intenzione di incontrarmi presto con Paolo Ghezzi - aggiunge Daldoss - e naturalmente il dialogo è sempre stato aperto con l’Upt perché rappresentiamo mondi simili». Riguardo ai rapporti con il Pd, l’ex assessore dice: «Mi pare che stia attraversando un momento delicato e difficile che rispetto e in questo momento non entro nelle loro dinamiche. Vedremo cosa succede».
Insomma, mentre l’Upt propone un tavolo al quale invitare anche Daldoss e Ghezzi per «rigenerare la coalizione», il leader dei «civici» cerca di dare un segnale di discontinuità anche nel rito: «Noi non siamo disposti a sederci a tavoli per rigenerare coalizioni. Il Trentino ha bisogno di chiudere un ciclo politico che è durato vent’anni e di aprirne un altro senza personalismi anche sul nome del candidato presidente».
I civici infatti hanno individuato Daldoss ma l’ex assessore non si siede a discutere ponendo il suo nome come condizione irrinunciabile, per segnare anche in questo la diversità rispetto al centrosinistra autonomista che sull’imposizione di Rossi è collassato. Sarebbe come partire con il piede sbagliato.
C’erano tutti in prima fila ieri a Pieve Tesino per la <+corsivo>Lectio degasperiana<+testo>. Carlo Daldoss, da una parte (nei posti della giunta), e Ugo Rossi, dall’altra, con a fianco gli assessori Luca Zeni, Alessandro Olivi e il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, la «triplice» del Pd che ha sostenuto nel partito il Rossi bis senza riuscire a farlo passare. Carlo Daldoss non commenta la bocciatura di Rossi da parte del Pd e dell’Upt, ma preferisce concentrarsi sul suo progetto di una nuova aggregazione politica che ha l’ambizione di risultare competitiva e vincente rispetto al centrodestra guidato dalla Lega.
«Noi - sottolinea Daldoss - abbiamo costruito un movimento civico territoriale e indicato un candidato presidente e abbiamo detto che al Trentino serve un progetto che guardi alto e lontano caratterizzato da competenza, concretezza e capacità per dare risposte ai nuovi bisogni dei cittadini trentini e puntiamo ad aggregare per costruire una proposta allargata ma deve essere chiaro che non esiste che questa sia una riedizione della formula Pd-Upt-Patt perché questa coalizione è finita come hanno dimostrato i 5 mesi di discussioni inconcludenti a cui abbiamo assistito. È finito un ciclo politico - insiste Daldoss - che ha fatto cose buone negli ultimi vent’anni, ma ora noi proponiamo di aprirne un altro. Su questo punto vogliamo essere chiari con i trentini: noi non vogliamo riportare in vita la vecchia coalizione di centrosinistra allargandola, ma costruire una nuova aggregazione».
«Ho intenzione di incontrarmi presto con Paolo Ghezzi - aggiunge Daldoss - e naturalmente il dialogo è sempre stato aperto con l’Upt perché rappresentiamo mondi simili». Riguardo ai rapporti con il Pd, l’ex assessore dice: «Mi pare che stia attraversando un momento delicato e difficile che rispetto e in questo momento non entro nelle loro dinamiche. Vedremo cosa succede».
Insomma, mentre l’Upt propone un tavolo al quale invitare anche Daldoss e Ghezzi per «rigenerare la coalizione», il leader dei «civici» cerca di dare un segnale di discontinuità anche nel rito: «Noi non siamo disposti a sederci a tavoli per rigenerare coalizioni. Il Trentino ha bisogno di chiudere un ciclo politico che è durato vent’anni e di aprirne un altro senza personalismi anche sul nome del candidato presidente».
I civici infatti hanno individuato Daldoss ma l’ex assessore non si siede a discutere ponendo il suo nome come condizione irrinunciabile, per segnare anche in questo la diversità rispetto al centrosinistra autonomista che sull’imposizione di Rossi è collassato. Sarebbe come partire con il piede sbagliato.<+firma_coda><+nero> L.P.