Elezioni provinciali, l'evoluzione degli scenari Ossanna: «Il Patt insieme al centrodestra»
Il centrodestra per il Patt non è più un tabù. Dopo lo strappo con Pd e Upt - che hanno bocciato il secondo mandato del governatore uscente Ugo Rossi - un accordo potrebbe essere raggiunto con la coalizione capeggiata dal leghista Maurizio Fugatti. A parlarne è il vicepresidente del consiglio regionale e capogruppo provinciale delle Stelle alpine Lorenzo Ossanna, che assieme al segretario Franco Panizza sedeva (prima della spaccatura) al tavolo del centrosinistra autonomista.
Vicepresidente, il Patt si presenterà da solo alle provinciali?
«Abbiamo fatto di tutto per tenere unita la coalizione del centrosinistra autonomista, proponendo la figura del presidente Rossi, che è l’anima del nostro progetto. Purtroppo ci sono stati forti contrasti. Pd e Upt non sono stati comunque in grado di indicare quali errori siano stati compiuti dall’attuale governo provinciale del quale fanno parte anche i loro esponenti».
E ora cosa succede?
«La coalizione di centrosinistra autonomista è stata affossata. La proposta del Patt è aperta a 360 gradi a tutti coloro che vorranno condividere un progetto per il Trentino con alla guida il presidente Ugo Rossi».
Ma Pd e Upt hanno detto no a Rossi, non alle Stelle alpine.
«Certo, perché i nostri voti sono indispensabili per vincere».
Il Patt potrebbe rimanere nel centrosinistra autonomista rinunciando a Rossi?
«Per noi Rossi incarna la figura del presidente. Sarà il governatore a decidere cosa vuol fare e, in base a questo, sceglieranno gli organi di partito».
Se Rossi facesse un passo indietro il Patt potrebbe rimanere nella coalizione?
«In tal caso capiremo se sia utile andare da soli, proseguire con il confusionario progetto del centrosinistra autonomista rinunciando al presidente, oppure guardare al centrodestra dove gli schemi sono chiari, soprattuto sulla figura del presidente».
Qual è la sua posizione?
«La coerenza contraddistingue il nostro agire politico. Io vado volentieri dove c’è la possibilità di dare continuità al progetto di governo per rispondere ai bisogni dei cittadini. Scegliamo la soluzione che dà maggiori garanzie di governo, mettendo a disposizione di chi vince la nostra serietà e capacità amministrativa. Chi è con noi vince, e se da una parte c’è il nulla, allora dobbiamo guardare al centrodestra».
È già stato avviato un dialogo con il centrodestra?
«Non a livello ufficiale. Ognuno può sondare il terreno».
Lei si è confrontato con la Lega sulla possibilità di aderire a quel progetto?
«Non lo ho fatto perché questo non è il mio ruolo. Avrò comunque un incontro di carattere istituzionale con il segretario nazionale del Carroccio, Matteo Salvini, in vacanza 5 giorni a Pinzolo. Lo vedrò prima della festa della Lega (in programma sabato 25 agosto, ndr)».
Gli dimostrerà interesse verso il progetto della Lega al governo del Trentino?
«No, sarà l’occasione per conoscere il vicepremier. Non mi siederò con lui a contrattare.
Per noi la prima opzione rimane sempre quella del progetto costruito attorno a Rossi. Ma credo sia importante non sprecare l’esperienza e la capacità di governo del Patt. Dobbiamo capire chi offre maggiori garanzie di governabilità. Si potrebbe aderire da subito a questo progetto, oppure dopo le elezioni. Una scelta di responsabilità sarebbe quella di sposare una linea e dare il nostro apporto a quel progetto».
Il segretario della Lega Bisesti ha però detto che le porte sono aperte agli autonomisti, ma non ai vertici del Patt.
«Cos’altro avrebbe dovuto dire? Di certo noi al simbolo del Patt non rinunciamo e nemmeno alla nostra autonomia gestionale. L’appoggio ad uno o all’altro schieramento, in ogni caso, dovrà essere condiviso con il presidente e tutta la base».
Certo difficile sarebbe la convivenza nel centrodestra con l’ex Patt Kaswalder, che ha dato vita agli Autonomisti Popolari.
«Non sarebbe un problema. Stiamo parlando del futuro del Trentino, non di una spartizione di poltrone».
È stata valutata l’opzione di aderire al Polo dei Civici?
«Da anni si parla di un progetto civico, ma non si è visto ancora nulla di concreto. È cambiato solo il leader: prima era Valduga, oggi è Daldoss. L’ex assessore ha fatto parte della giunta Rossi e oggi si trova in una posizione diametralmente opposta a quella del presidente».
Un tradimento?
«In politica queste si chiamano scelte, avrà fatto le sue valutazioni. Personalmente, credo che gratitudine e rispetto non debbano mai mancare».
Daldoss ha fatto una scelta diversa, come diversa sarebbe quella che potrebbe fare il Patt aderendo al centrodestra.
«Sono scelte che devono essere ponderate, recepite dalla base e condivise dal presiodente. Il nostro partito ha sempre preso una posizione e lo farà anche stavolta. È chiaro che lo stesso non si può dire del Pd e dell’Upt, che da aprile non sono riusciti a scegliere nulla, a parte dire no a Rossi».
Aderire al centrodestra potrebbe favorire la salvaguardia dell’autonomia trentina a livello nazionale?
«Questo non è un argomento da poco».
GLI SCENARI. Rossi in Regione?
Solo un braccio di ferro che ripesca la vecchia linea del blockfrei, delle mani libere? O, dietro l’apertura alla Lega del consigliere del Patt Lorenzo Ossanna , c’è dell’altro? Per dare una risposta, bisogna alzare gli occhi e puntarli oltre Salorno. Perché anche lì si gioca una partita in cui il Trentino non è affatto estraneo. Non c’è, infatti, solo lo stupore, reso pubblico, del governatore Arno Kompatscher , per il «siluramento» del collega Ugo Rossi , con cui dal 2013 ha condiviso battaglie su più fronti a Roma e che il centrosinistra ha sacrificato negandogli la ricandidatura a presidente.
C’è che la Svp ha un’anima da sempre pragmatica, che in queste settimane le fanno affrontare l’appuntamento elettorale locale del 21 ottobre, con uno sguardo alle elezioni europee del 2019. È stato grazie ad un accordo multilivello con il Pd che la Svp ha governato negli ultimi anni «portando a casa» buoni risultati da Roma e garantito la elenzione di Herbert Dorfmann a Bruxelles. E se la Svp vuole avere di nuovo il «suo» eurodeputato, è costretta a fare accordi con un partito nazionale nell’ambito della circoscrizione elettorale «larga» che comprende (con 14 seggi in ballo), oltre a Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, È stato grazie all’accordo con il Pd che la Svp, alle ultime europee, ha superato la soglia di sbarramento nazionale. E in quell’accordo, a portare acqua, c’era anche il Patt di Panizza & C. Ma lo scenario è profondamente mutato. Il Pd, a nord di Salorno, non appare più un interlocutore in grado di garantire la riproposizione di uno schema fin qui vincente: non governa a Roma e non dà più certezza di tenuta nelle urne locali. Ecco che la pragmatica ma sempre governativa Svp ha avviato colloqui o trattative - le si chiami come si crede - con i «sovranisti» della Lega. E in questo scenario, tra provinciali ed europee, entra in gioco anche il futuro della Regione, che un bel pezzo dell’imprenditoria altoatesina chiede di rilanciare, per governare processi di assoluto rilievo, come la questione del rinnovo della concessione di A22 (di cui la Regione è primo azionista è lì a dimostrare) e le alleanze in tema di energia. Un do ut des . Perché i voti del Patt al centrodestra di Fugatti darebbero qualche certezza in più di superamento della soglia del 40%. Svp «garantita» a Bruxelles e Bolzano, Lega in Trentino, e il «silurato» Rossi ripagato alla presidenza della Regione per cinque anni, non più a staffetta con Kompatscher? Se dietro la boutade di Ossanna c’è anche questo, lo si capirà presto.
IL PD CERCA IL SUO CANDIDATO
Ci sarà anche Gian Pietro Dal Moro , deputato veronese di San Martino Buon Albergo, dal 18 luglio nuovo responsabile organizzativo nazionale del Pd, all’assemblea del partito trentino, chiamata questa sera a darsi una linea politica e, se ci riesce, a pronunciarsi su un nome per la candidatura a presidente della Provincia, dopo il voto di discontinuità di giovedì sera quando, a maggioranza, è stato cassato il Rossi bis. «Siamo pur sempre il riferimento di un partito nazionale» dice Giuliano Muzio , il segretario dimissionario, la cui linea pro Rossi è stata sconfessata in assemblea «e Dal Moro ha diritto di dire la sua: fra imporre una linea e stare zitto, c’è una via di mezzo».
E una via mediana è quella che potrebbe permettere a Muzio di non farsi da parte. Gli scenari sono infatti tutti aperti. Il primo: che Muzio passi la palla ad altri, confermando le dimissioni. «Non le ho date in modo strumentale» dice «e l’assemblea deciderà cosa vuole fare: è chiaro che se l’assemblea ribadisce una linea politica opposta alla mia, dovrà esprimersi su un nuovo segretario al mio posto».
Il secondo scenario è quello di un Pd che per riaffermare un proprio ruolo, una parvenza di unità e di ritrovata identità, mette sul piatto un nome, il più autorevole possibile, da affiancare a quelli di Carlo Daldoss e Paolo Ghezzi , in grado di «tenere insieme» la coalizione di centrosinistra autonomista. Una risposta d’orgoglio del partito a quella che alcuni big, assessore Alessandro Olivi in testa, considerano una sorta di Opa più o meno ostile: la candidatura di Paolo Ghezzi. E qui rispunta il nome dell’ex senatore Giorgio Tonini , rimesso in pista anche dall’ex deputato e segretario Michele Nicoletti , uno degli sponsor del «movimentista» Ghezzi.
Il terzo scenario è quello che prende atto dell’inconcludenza della coalizione dopo la disfatta del 4 marzo, che, sul tavolo oggi i nomi rimasti sono solo due, Daldoss e Ghezzi, e prova a rimettere in pista il Pd come primo partito, in grado di vincolare i due «sparigliatori» su contenuti e programmi: rafforzamento dell’autonomia, apertura all’Europa, politiche di sviluppo e solidarietà, lotta alla povertà... Che sono poi i punti che anche il Patt ha firmato al tavolo della coalizione il 9 agosto.
«Tonini potrebbe essere una delle soluzioni per trovare delle convergenze, perché quello che temo» dice Muzio rispetto a Daldoss e Ghezzi «è che un candidato centrista o troppo di sinistra allontani dalla coalizione una parte dell’elettorato. E, poi, ci serve un candidato che renda più protagonista il Pd, e sia il più baricentrico possibile per arrivare ad un risultato elettorale valido». Sia chiaro, però, che Tonini non è una indicazione di Muzio: «Io sono dimissionario, e non faccio proposte, posso solo cercare di facilitare una soluzione. Sono disponibile a ritirare le dimissioni solo se ci saranno delle differenze rispetto alla posizione dell’ultima assemblea, trovando una soluzione mediana, che non mi faccia sentire sub judice per ogni affermazione che faccio al tavolo dei maggioranza. Comunque, quello che dice Nicoletti (pro Tonini, ndr) è condivisibile, per andare al tavolo senza pregiudiziali, con la speranza di recuperare il Patt e rinnovare la coalizione aprendosi ai Civici. Per motivi diversi, Daldoss e Ghezzi hanno dei limiti, può darsi che un nostro candidato ne abbia meno». E Tonini, gradito agli autonomisti, potrebbe aiutare nel porre un freno alla deriva leghista del Patt.
«Capisco il ragionamento di Nicoletti» dice il capogruppo Alessio Manica , perché il Pd fino ad ora ha rinunciato ad un proprio nome mettendo al primo posto la coalizione. Ma imbarcarsi, ora, nella ricerca di un nome ha senso solo se è una figura che più di tutte coagula. Mi chiedo però, adesso, a cosa serva un nome di bandiera». Quanto alla candidatura di Ghezzi, Manica ribadisce: «Ghezzi non è un’Opa (nome che non mi piace) ostile. È, come l’ha definita Nicoletti, un’occasione, una leva che ha rimotivato una parte del nostro elettorato, e il Pd lo può riconoscere come suo candidato. In assemblea» aggiunge Manica «non è che i 34 che hanno firmato il documento sul no a Rossi, possono dare carta bianca al segretario. Prima di affrontare i nodi politici e la questione di eventuali nomi del Pd, va chiarito il suo ruolo».
GHEZZI E DALDOSS: confronto all’insegna dell’apertura
Il contatto, per ora, è solo telefonico. «No, non mi sono incontrato con Carlo Daldoss . Ci siamo solo sentiti telefonicamente» dice Paolo Ghezzi , il candidato del «Movimento del cambiamento» che stasera, mentre l’assemblea del Pd tenterà di trovare una via d’uscita politica dopo che il segretario Muzio è stato messo in minoranza sul Rossi bis, si riunirà con alcuni supporter a casa Cattani. «Dobbiamo definire il luogo della riunione (aperta a tutti gli oltre mille firmatari dell’appello che lo propone candidato presidente, ndr) del 29 luglio e approfondire le nostre parole programmatiche» dice il giornalista.
E con Daldoss, allora, cosa vi siete detti? «Abbiamo concordato che dobbiamo trovarci...». Dopo l’assemblea del Pd? «Non è dirimente! L’iniziativa è dei partiti, non dei due candidati presidente». Vabbè, ma che sensazione ha tratto dal colloquio con il candidato del polo civico territoriale? «Quella di una persona aperta al dialogo, interessata a capire qual è la nostra proposta. Daldoss ha un profilo pragmatico, non credo voglia riprendere la ritualità del tavolo della coalizione del centrosinistra autonomista. Noi, ripeto, siamo disponibili a dialogare con tutti, anche con i Civici, che dovranno essere chiari sulla loro linea. Il fatto politicamente rilevante è quanto ha detto oggi (ieri, ndr) Ossana. Il Patt ha appena firmato un patto di coalizione con il centrosinistra, e dopo tre giorni si sfila: stupefacente!».
Dal canto suo, Daldoss ribadisce in una nota la sua posizione: «No alla replica di esperienze già superate. No alla replica di esperienze politiche e collaborazioni già superate. No a ulteriori perdite di tempo con l’organizzazione di tavoli ormai rovesciati. Sì» aggiunge l’ex assessore della Giunta Rossi, oggi candidato dei polo civico «alla valutazione di proposte concrete, competenti e coerenti con il nostro perimetro valoriale e con il nostro sentire». Daldoss spiega che il progetto politico dell’area dei civici territoriali che ha scelto di guidare, ha già avviato, «con entusiasmo», la campagna elettorale: «Stiamo lavorando alla stesura definitiva di un programma elettorale che sia espressione di territori e mondi trasversali, interpreti del sentire dei trentini e capace di innovare in termini di risposte e modalità di realizzo».
Un progetto, aggiunge l’ex sindaco di Vermiglio, che «non esclude di allargare anche ad altre realtà che si riconoscono nell’area del civismo e dell’attenzione ai territori. Va da sé che anche i termini che definiscono questa nuova realtà nel panorama politico provinciale sono nuovi e diversi, e si discostano da ciò che fino ad oggi si è definito “centro sinistra autonomista”. Bisogna andare oltre: un nuovo modello per tempi nuovi. Il nuovo progetto rappresenta persone che si riconoscono nel civismo, che condividono l’idea di democraticità con una forte propensione alla salvaguardia e al potenziamento dell’essere autonomista che contraddistinge il DNA di ogni singolo trentino».