Ghezzi lancia «Futura2018» e cerca un'alleanza «larga»
Si chiamerà Futura 2018 la creatura multicolore di Paolo Ghezzi e di quelli che lo vogliono presidente rinnovatore della Provincia di Trento.
Ieri pomeriggio nell’atrio del Muse c’erano almeno la metà degli oltre mille firmatari dell’appello a sostegno del giornalista, editore e presidente del Conservatorio musicale che ha deciso di scendere in campo, convinto a proporsi come argine alla dilagante crescita del populismo salviniano.
Gente della sinistra, del mondo ambientalista, della cultura e dell’arte che crede nella necessità di una proposta rinnovata e aperta in grado di prendere il testimone da un centrosinistra autonomista spompato e disorientato dopo il 4 marzo per rilanciarlo con una nuova proposta di governo. «Noi vogliamo vincere» campeggiava a grandi lettere accanto al simbolo svelato da Ghezzi al termine del suo intervento.
Un monologo più simile a una narrazione teatrale che a un comizio politico. Nello stile del personaggio che dopo essersi definito in luglio, al momento della sua discesa in campo, un «fantacandidato» ieri ha ufficialmente vestito i panni del «neonato politico». A questo punto, è sottointeso, sarà della partita. Come candidato presidente è l’obiettivo, ribadito con forza a fine serata da Marco Boato, il leader storico dei Verdi che per primo ne ha buttato il nome sul tavolo della coalizione di governo uscente. Ma se invece Pd, Upt e Civici, visto che il Patt si è già chiamato fuori e tiene duro su Rossi, non dovessero appoggiarlo, difficilmente Ghezzi potrà sottrarsi dall’essere comunque in corsa e punto di riferimento per tutti quelli che lo hanno spinto fin qui.
Se sarà unico candidato presidente «futurista» o in lista per appoggiare Daldoss o qualche altro possibile leader di una Große Koalition, che lui e i suoi sostenitori ancora sperano possa presentarsi unita, lo diranno i prossimi giorni. «Il lavoro duro inizia domani mattina ed è una questione ormai di ore» ha ammesso al termine dell’incontro.
Supportato da slide proiettate su quattro schermi agli angoli della lobby del Muse, Ghezzi ha spiegato la genesi dell’iniziativa politica. Ha citato gli amici che lo hanno convinto, ricordato le affollate riunioni nel salotto di Piergiorgio Cattani, ringraziato i due «ragazzi del ‘79» Claudia Merighi e Paolo Zanella che hanno lanciato la raccolta firme che gli ha dato la spinta decisiva.
Paragonandosi al Giorgio Ghezzi portierone degli anni anni ‘50, soprannominato kamikaze, ha detto di essersi messo a disposizione per «restituire in cinque anni quello che mi ha dato una vita abbastanza felice». Si è detto convinto che in un Paese dove guidano il governo ex steward e giornalisti della Padania la sua mancanza di esperienza amministrativa non debba essere considerato un problema. Ha parlato poco del pericolo leghista concentrandosi piuttosto su uno stile di governo che promette di adottare, dove la partecipazione dovrà essere sociale e portare all’inclusione sociale e a una crescita spinta da cultura e innovazione. Non a caso «partecipazione» e «solidarietà» sono le due paroline che compaiono nel logo di Futura 2018.
Per simboleggiare la difficoltà della corsa che lo aspetta ha scelto l’immagine di Yeman Crippa, il trentino nero di pelle che ha strappato un’insperata medaglia agli Europei di atletica. Come simbolo del suo impegno il trattore col mappamondo dei fratelli Cervi, contadini colti e democratici massacrati dai fascisti nel ‘43. Vorrebbe un Trentino moderno ma ispirato dai valori di Cesare Battisti e Walter Micheli; don Guetti, Alcide De Gasperi e Bruno Kessler; Enrico Pruner e Valentino Chiocchetti.
Ai presenti ieri ha chiesto un’aiuto nell’indicare priorità e programmi. In molti negli interventi in sala hanno dimostrato di credere in lui e nel progetto.