Guiso: così i populisti giocano sulle emergenze per ottenere consensi
Da oltre un secolo il termine populismo appassiona il dibattito politico e mette a confronto autorevoli studiosi; negli ultimi anni ha avuto un certo revival anche in ambito politico, soprattutto sulla scorta dell’avanzata di partiti e movimenti che si sono auto-definiti “populisti” o che sono stati indicati come tali, indipendentemente che siano di destra o di sinistra.
Lo spettro del populismo attraversa il mondo occidentale generando paure e preoccupazioni proporzionali ai vasti consensi che raccoglie. Perché questo accade ora e in questa parte del mondo? È una sfortunata coincidenza della storia o l’inevitabile passaggio per risolvere le crisi delle società occidentali? Quali le cause profonde e quali le eventuali conseguenze?
Il professor Luigi Guiso, questa mattina al Festival dell’economia, come si legge in una nota stampa, ha offerto interessanti spunti di riflessione, in un incontro moderato da Emanuele Mascetti dell’Università di Trento.
È dal 2014 che in Europa, il “populismo” si può considerare generalmente in aumento. Sul vero significato della parola, però, ancora la dottrina politica non ha trovato spiegazione condivisa.
Cosa sia da ricondurre al concetto di “populismo” è infatti una questione largamente dibattuta, soprattutto perché “populismo” e “populista” sono stati associati, in luoghi e tempi diversi, a “referenti empirici” alquanto eterogenei: dagli stili comunicativi di alcuni personaggi politici che tentano di dialogare direttamente con il “popolo” alle tattiche generalmente non collaborative di soggetti politici collettivi – come partiti o movimenti – fino ad arrivare a definire interi regimi politici (spesso quelli del Sudamerica).
Nonostante l’ambiguità e al tempo stesso l’attualità del fenomeno, che rende comunque difficile delineare una definizione unitaria, ci sono dei tratti costitutivi sostanziali e costanti del populismo.
Una prima caratteristica è data, come suggerisce lo stesso termine, dal suo costante riferimento al “popolo”. Un “popolo” che, pur nella diversità delle esperienze politiche e storiche, viene valorizzato come un’entità idealizzata e armoniosa, portatrice di caratteristiche omogenee, di valori autentici e fondativi dell’intera comunità istituzionale e politica e che, per questo, dovrebbe essere posto al centro del sistema istituzionale.
Il secondo elemento che viene tendenzialmente ricondotto al populismo è l’avversione verso le élites, che non hanno saputo soddisfare le necessità e i desideri del popolo, non l'élite in quanto tale.
Un terzo elemento che sembra caratterizzare i fenomeni populistici, soprattutto se associati a un movimento organizzativo collettivo, risiede nelle caratteristiche delle politiche che vengono proposte: secondo la definizione fornita dall’Encyclopedia Britannica, un partito populista offre formule politiche di breve periodo, senza curarsi di analizzare i costi che tali soluzioni avranno nel medio-lungo termine.
Ma perché il populismo ha avuto così tanto successo?
Luigi Guiso - Axa Professor of Household Finance presso l’Einaudi Institute for Economics and Finance (EIEF) ed in precedenza ha insegnato presso l’Università di Roma “Tor Vergata”, l’Istituto Universitario Europeo e la Università di Chicago, Graduate School of Business - intravede in questa dinamica il fallimento completo delle politiche tradizionali, sia di destra sia di sinistra, ad offrire risposte concrete in termini di protezione e sicurezza alle richieste dei cittadini. Crisi economica, instabilità governativa, aumento dell’immigrazione hanno fatto calare la fiducia dei cittadini nella politica tradizionale, creando quindi uno spazio libero (in termini di consensi elettorali) a quei movimenti politici – come il populismo appunto – che si fanno interprete di questo malessere cavalcandone l’ondata.
Partendo quindi da una verità reale (la non adeguatezza dei partiti tradizionali nell’affrontare i problemi e la perdita di fiducia) i movimenti populisti giocano sulle emergenze per ottenere consensi: l’immigrazione, la sicurezza, le prospettive, le disuguaglianze.
Quanto all’orientamento di destra o di sinistra, come viene scelto? Non avendo un forte radicamento storico, l’orientamento degli stessi viene condizionato più dal numero di voti potenziali e sulle criticità – a seconda che siano argomenti più di destra o più di sinistra - che non da una un vero e proprio pensiero ideologico.
Dall’altra parte i partiti tradizionali non sono stati in grado di reagire al successo dei partiti populisti, se non imitandone i programmi e gli slogan, in maniera goffa e poco credibile, paradossalmente amplificandone il successo. Nella narrativa populista la spiegazione degli avvenimenti è enormemente semplice, ma al tempo stesso distorta e superficiale.
Chiaramente, nel momento in cui gli elettori hanno piena fiducia dei partiti ai quali affidano le decisioni su materie complesse, è più facile che siano disposti ad ascoltare narrative complesse (si pensi alle dottrine politiche di stampo comunista, ad esempio). Venendo meno questa fiducia, ecco che le semplificazioni narrative dei partiti populisti affascinano maggiormente gli elettori, incontrando quasi senza filtro il pieno consenso.
Spesso inoltre, e questo è anche il caso del nostro Paese, la nascita dei partiti populisti, è stata anche avvantaggiata dalla mancanza di una opposizione solida, dall’incapacità dei partiti tradizionali di capire ed anticipare l’emergere del problema e soprattutto a capirne la complessità. La convinzione che economie di tipo neo liberista possano sconfiggere la crisi economica portando ricchezza a più livelli, non ha però spiegato né trovato soluzioni alle problematiche dei nostri giorni, all’insicurezza dei cittadini, alla mancanza di prospettive future. Viviamo in un mondo aperto e globale, ma ciò non fa comunque la felicità.
Il populismo, in tal senso, si è insinuato in uno spazio vacante. Da quello che possiamo definire 1.0 di Berlusconi, a quello attuale 2.0 del Movimento 5 Stelle e della Lega, e in futuro forse anche un populismo 3.0? Una possibile trappola, certo. Ma con un forte rischio, perché tendenzialmente nei movimenti populisti, vi è una forte mancanze nel vedere le conseguenze delle azioni nel medio e lungo termine.