Infermiere per i neonati in Vietnam aiuti trentini
«C’è ancora tantissimo da fare, ma siamo orgogliose di aver lanciato un piccolo sassolino: il nostro progetto in Vietnam è andato molto bene, speriamo di aver fatto qualcosa di utile per quei neonati e per le loro famiglie».
A parlare sono Marina Cologna, infermiera e coordinatrice ora in pensione, e Annalisa Pallaver, infermiera ed esperta di allattamento e una serie di altri aspetti legati alla maternità. A fine ottobre sono state per nove giorni ad Hanoi per un progetto di cooperazione internazionale. Sì, esattamente quella che ormai, in Trentino, non esiste più dopo i tagli della giunta. Ma questo è un altro discorso, che riprenderemo dopo. Le due professioniste sono state in Vietnam per una settimana (dei nove giorni, tre sono stati di viaggio tra voli, scali e spostamenti) per una serie di seminari, visite, incontri in alcuni ospedali della capitale.
Obiettivo, per dirla in maniera molto sintetica, insegnare la marsupio terapia. Che ovviamente non è tenere in braccio i migli, ma si tratta di una pratica diffusa in tutto il mondo, con benefici per neonati e mamme. Il cosiddetto “pelle a pelle”, quindi, ma anche l’allattamento, le buone pratiche igieniche, i consigli a costo zero sono stati al centro dei seminari tenuti da Cologna e Pallaver, davanti ai rappresentanti (un medico e un infermiere) di 15 ospedali vietnamiti. Ospedali che non sono ai livelli del S. Chiara. Un esempio? Nella sala parto ci sono 3 letti, ovvero 3 donne partoriscono insieme in pochi metri quadri.
«Abbiamo parlato di sicurezza, igiene, umanizzazione delle cure: il “to care”, il farsi carico delle cure nel senso più ampio, che in ambito neonatale è importante quanto la parte tecnologica. Abbiamo proposto un test iniziale, che ha avuto percentuali altissime di errore, mentre quello finale ha avuto risultati ottimi: significa che i messaggi e i consigli che abbiamo dato sono stati recepiti. E addirittura ci hanno detto che il giorno successivo alla “lezione” in alcuni ospedali avrebbero fatto delle riunioni e dei corsi con altri colleghi per divulgare quello che avevano imparato da noi».
I formati che diventano formatori. Ed è bello pensare che d’ora in poi in Vietnam bambini e genitori potranno essere più sani, stare meglio, in alcuni casi addirittura vivere grazie al contributo di queste due professioniste. Che a titolo volontario hanno portato la loro esperienza a chi è meno fortunato.
«Come mamma e come nonna, prima ancora che come infermiera - confida Marina Cologna - è brutto vedere come i miei figli e i miei nipoti abbiano a disposizione l’eccellenza sanitaria mentre questi bambini hanno poco o nulla».
E a questo punto il discorso non può non scivolare nella politica, ma senza voler fare un discorso di destra o di sinistra, di buoni o di cattivi. Anche perché, prima della partenza, in Trentino c’erano state polemiche su questo progetto. Prima di tutto per un intervento del consigliere Claudio Cia, che in consiglio provinciale era intervenuto ironicamente contestando gli aiuti trentini in Vietnam. E poi per il legame con la solidarietà internazionale: l’ormai famoso taglio allo 0,25% destinato ai progetti per “aiutarli a casa loro” coinvolgerà in futuro anche questo progetto. Le due infermiere hanno viaggiato grazie (anche) al finanziamento dato all’iniziativa lo scorso anno, che è servito anche per una serie di materiali medici.
«Io dico solamente - prosegue Cologna - che c’è un grande bisogno di progetti come questo e tanto lavoro da fare. Se una piccolissima goccia la potessimo investire per garantire un qualcosa in più a questi bambini che non hanno nessun diritto. Sono neonati di serie B, anzi di serie C, e il mio cuore e la mia testa di infermiera pediatrica mi dicono che questo non dovrebbe accadere. E, sia chiaro, sto parlando di neonati e di cure, non di partiti o di politici».
«La speranza - aggiunge Pallaver - è di portare avanti anche in futuro queste iniziative: per me era la prima volta, ma mi sono accorta che hanno bisogno di noi. È stata un’emozionante opportunità per tutti. Abbiamo parlato anche di banca del latte: chissà, forse riusciranno a crearla e a venire da noi a studiare i dettagli. Incrociamo le dita».