I 5 Stelle del Comune di Trento lasciano il movimento e Degasperi tifa per loro
L’ipotesi del nome c’è già: “Onda”. Così si potrebbe chiamare la forza politica nata sulle ceneri di un divorzio già consumato da tempo, quello tra i consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle, Andrea Maschio (capogruppo), Marco Santini e Paolo Negroni, e il partito nazionale, segnatamente il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Riccardo Fraccaro. E a candidato sindaco potrebbe essere il consigliere provinciale Filippo Degasperi. «Sulla costituzione del nuovo gruppo e sul nome» spiega Degasperi «io vado al rimorchio delle decisioni dei consiglieri comunali, con cui ho ben lavoro in questi anni. Quanto a fare il candidato sindaco, c’è nel gruppo cittadino chi ha più meriti di me. Il mio nome non è esluso, ma preciso che per ora nessuno me lo ha chiesto».
«Né io, né Maschio, né Negroni» spiega Marco Santini «ci sentiamo di portare avanti il il percorso con il Movimento 5 Stelle. Comunque aspettiamo fino a sabato per vedere se si può riaprire un confronto».
Ma è ormai chiaro che il rapporto con il livello nazionale si è spezzato. Degasperi esemplifica: «Non sappiamo ancora se qualcuno si è candidato a sindaco di Trento sulla piattaforma Rousseau. E dal 6 al 9 gennaio c’è il vaglio della candidature! Va sostenuto chi esce dal cilindro di Rousseau o chi ha lavorto in consiglio per cinque anni e ha progetti e idee per la città? La risposta è scontata».
Anche il capogruppo Andrea Maschio potrebbe essere il candidato sindaco di “Onda”. «Quello di Degasperi» osserva Santini «è un bel nome, ha lavorato bene, è consosciuto. La controindicazione è che poi resterebbe in consiglio provinciale, come ha fatto Cia: antipatico».
Gli ormai “ex” 5 Stelle, per altro, non escludono alleanze: «Mai con la Lega, visto come gestisce la Provincia. Ho visto la Lega operare sul campo, ho più volte manifestato il mio fastidio. È impossibile avere un rapporto con loro» dice Degasperi «con le altre forze il confronto è aperto: l’agire civico era nello spirito originario dei 5 Stelle. Basta mettere da parte le etichette ideologiche». Tra i contatti in corso, quello con Antonio Coradello di Civica Trentina. Marco Santini conferma l’approccio: «Impssibile instaurare un discorso politico con la Lega, nulla ci accomuna. Mentre con Coradello abbiamo aperto un dialogo su alcuni aspetti. Delle proposte ci sono state avanzate. Il nostro capogruppo (Maschio, ndr) ha avuto contatti anche con il Patt e altre forze. Pure con in#Movimento, i cui consiglieri siedono vicino a noi in consiglio. Con il Movimento e Fraccaro le nostre porte sono aperte fino a sabato. Dalla prossima settimana ci metteremo al lavoro, in un senso o nell’altro».
Lunga la lettera di addio di Maschio, pubblicata oggi: «La mia di sicuro non è stata una scelta facile né improvvisa. Mi demoralizza e mi avvilisce lasciare l’unica forza politica che mi aveva fatto sperare in un cambiamento di un sistema in cui non mi riconosco ma sono senza alternative alla luce del mancato rispetto dei termini, dei valori e delle condizioni originali.
Sapere di essere ora oggetto di attacco per la mia scelta, senza che gli ortodossi riconoscano gli errori, i tradimenti ed i continui voltafaccia di un vertice che ormai viaggia da solo mi rattrista.
Un Movimento che della parola “compromesso” ha fatto prima un azione inaccettabile e poi l’unica via possibile per il bene dell’Italia senza peraltro riconoscere che cosi non è stato. Sempre che non si voglia pensare che il bene dell’Italia sia aver portato la Lega dal 17% al 35% o di aver fatto rinascere il PD.
Quel contratto con la Lega che ha permesso alla stessa di arrivare dove è arrivata.
Un compromesso inaccettabile per valori, umanità e serietà. Il voto a favore dell’immunità a Salvini ha poi dell’incredibile».
Per Maschio «Noi che abbiamo detto sempre no all’immunità, senza se e senza ma, la abbiamo prima giustificata mentre oggi addirittura diciamo il contrario a parità di condizioni. Evviva il compromesso e il vento che fa girare le bandiere di qua e di la».
E poi: «Luglio 2019, ho ancora nelle orecchie le parole di Di Maio sul PD: “Se poi mi si accusa di stare al governo con il PD...io con il partito di Bibbiano non voglio averci nulla a che fare, con il partito che in Emilia Romagna toglieva alle famiglie i bambini con l’elettroshock per venderseli io non voglio avere nulla a che fare….perché dire che stiamo governando con il partito di Bibbiano è veramente un’accusa ingiusta e falsa!”.
Due mesi dopo ecco il governo M5S-PD!
In questa parole c’è molto di drammatico, inaccettabile e vergognoso. Parlare dei fatti di Bibbiano con tale superficialità e usarlo strumentalmente per una questione politica è mostruoso e rappresenta un insulto a tutte quelle famiglie che hanno subito o stanno vivendo drammi inimmaginabili.
Abbinare azioni mostruose sulle famiglie ad un partito e non all’azione scorretta di alcune persone è immorale e pericoloso. Lasciare che queste persone continuino ad operare nel proprio settore è diabolico.
Vedere dopo pochi giorni che si smentisce quanto dichiarato con tanta enfasi è addirittura patetico».
Maschio cita altre posizioni, dai vaccini alla Valdastico. E poi affonda: «Continui cambi di idee su possibili coalizioni nelle varie regioni. Mancanza totale di trasparenza sulle votazioni. Chi vota, da dove viene, come è posto nel territorio l’elettorato?
Mai che un membro del vertice chiedesse scusa, mai che valutasse di aver sbagliato, mai che le critiche fossero prese come costruttive e urli di dolore di un popolo che si sente tradito. No. Solo accuse di essere dei ribelli, fomentatori di odio e di conseguenza isolati e messi nelle condizioni di dover andarsene. Perché cosi è stato il rapporto territoriale. Non siamo stati ascoltati. Abbiamo chiesto ripetutamente negli anni una struttura, un coordinatore, qualcuno che ci aiutasse. Mai una risposta in tempo utile per svolgere la funzione in modo serio, costruttivo, valorizzante il nostro lavoro.
Potrei andare avanti e dire tante altre cose, tanti altri motivi per cui ho deciso di lasciare il Movimento.
Credo di aver lavorato al meglio delle mie possibilità. Di aver lottato. Di aver speso molto di più di ciò che ho guadagnato sia in termini economici che famigliari.
Credo di aver svolto il mio incarico nel modo più corretto possibile nei confronti di tutti e di essere stato coerente con quando promesso.
Ora la legislatura è finita siamo nel semestre bianco e mancano circa tre mesi alle prossime elezioni. Mi sento quindi nel pieno diritto di poter fare questa scelta senza scheletri nell’armadio».