La regina Elisabetta «furiosa» per la "Megxit", ma Harry e Meghan tirano dritto
A sentir loro potrebbe essere la svolta verso un’idea più «progressista» della monarchia. Ma per ora l’annuncio dello sganciamento (a metà) di Harry e Meghan dalla Royal Family britannica ha il sapore di uno strappo tutto da ricucire: accolto dall’ira nemmeno troppo velata della 93enne regina Elisabetta e del resto dei Windsor, e dagli strali di quasi tutta la stampa mainstream del Regno, animati da una foga uguale e contraria all’entusiasmo di certi media Usa.
I reali - dalla sovrana all’erede al trono Carlo, al principe William - si dicono «feriti», secondo il tam tam di palazzo. Ma la verità, rivelano frotte di insider citati un po’ ovunque, dai tabloid più scatenati alla paludata Bbc, è che sono «very upset»: «furiosi», nella traduzione dalle maniere di corte al linguaggio corrente.
A offenderli, spiegano unanimi i commentatori, non è tanto la volontà dei duchi di Sussex di emanciparsi rinunciando allo status di «membri senior» del casato e d’iniziare a «lavorare» per rendersi nel tempo «finanziariamente indipendenti»; né la scelta di dividere da quest’anno il loro tempo fra il Regno Unito e il Nord America (Canada in primis). Quanto la comunicazione del fatto compiuto al ritorno dalle vacanze di Natale americane: non concordata con nessuno. Alla fine la regina ha incontrato comunque Carlo e William per cercare una via d’uscita. E secondo fonti di Buckingham Palace ha aperto uno spiraglio al dialogo, disponendo la convocazione di una tavolo allargato al team dei duchi di Sussex e al governo per provare a definire in fretta una soluzione concordata: nel giro di pochi «giorni, non settimane».
Harry e Meghan, del resto, sembrano determinati ad andare dritti per la loro strada, mostrando in qualche modo di essere in grado di forzare la mano rispetto ai tempi cadenzati e ai tentativi di rinvio della corte.
Mentre fanno sapere di avere in mente d’ora in poi anche una strategia mediatica autonoma, destinata a ignorare i corrispondenti reali - sullo sfondo del conflitto già in atto con molte testate britanniche, accusate da Harry di perseguitare la sua consorte un po’ come accadde con sua madre Diana - per privilegiare «giovani reporter» o pubblicazioni «specializzate».
Un contrattacco in piena regola verso un mondo che spara ormai su di loro a palle incatenate.
I tabloid del giorno dopo, Sun e Mail in testa quanto a dosi di veleno, inventano il neologismo Megxit, sullo sfondo della Brexit in dirittura d’arrivo, per puntare il dito soprattutto su di lei: la moglie straniera, ex attrice di radici afroamericane osteggiata da tempo qua e là come una sorta di arrampicatrice aliena. Mentre Matthew Weaver, del Guardian, è fra i pochi a liquidare le filippiche dei colleghi giornalisti come «isteria».
Fra i titoli il verbo che si rincorre a descrivere «la fuga» dei Sussex è ‘to quit’, che rende il senso di una diserzione. E non mancano paralleli - forzati - con Edoardo VIII, la cui abdicazione per sposare la divorziata americana Wallis Simpson condusse nel 1936 ad una crisi quasi mortale per la monarchia.
Piers Morgan, ex direttore del Mirror e popolare anchorman tv in buoni rapporti con Donald Trump, bolla da parte sua l’odiata Meghan e il suo Harry come «i mocciosi più viziati della storia». E davanti a Sandringham, residenza di campagna dei Windsor nel Norfolk, microfoni e telecamere inseguono visitatori e sudditi perlopiù perplessi, quando non sdegnati.
Non mancano inoltre interrogativi, critiche e dubbi sulle reali conseguenze economiche del colpo di testa dei Sussex, che pure godono di un patrimonio milionario, ma su cui c’è chi teme si possa profilare presto l’ombra di futuri affari «impropri» con privati a garanzia dello stile di vita lussuoso e degli ambiziosi programmi di raccolta fondi autonomi. Senza contare l’appannaggio reale da oltre 2 milioni di sterline, denaro dei contribuenti che i duchi ricevono ora annualmente dalla regina attraverso il principe di Galles e a cui in effetti non paiono voler rinunciare da subito in attesa di rendersi «indipendenti»; e almeno in parte neppure dopo, a compensazione di quegli impegni reali part-time che si dicono disposti a proseguire.
Il tutto sullo sfondo di contestazioni che si estendono alla vicenda dei lavori di restauro della magione di Frogmore Cottage appena costati 2,4 milioni ai cittadini britannici; o alle spese ulteriori per la sicurezza e i viaggi che, anche in veste di reali ‘junior’, Meghan e Harry dovrebbero vedersi garantite nel nuovo andirivieni a cavallo dell’oceano. Spese che - coglie le palla al balzo Graham Smith, della trincea anti-monarchica del gruppo Republic - potrebbero essere tagliate semplicemente «abolendo la corona». Con annessi e connessi.