Ultras del Milan per Chico Forti maxistriscione a San Siro dopo lo speciale delle Iene
Maxi striscione ieri pomeriggio a San Siro esposto dai tifosi del Milan durante il match contro l’Hellas Verona: «Quanto tempo deve ancora passara? Giustizia e libertà per Chico Forti». L’eco del servizio delle Iene sul trentino in carcere a Miami è arrivato anche nel mondo del calcio, a dimostrazione di come tutta Italia discuta sul caso che va avanti da vent’anni.
Un milione e duecentomila italiani incollati davanti alla televisione per 3 ore e 23 minuti. E poi, ancora, migliaia e migliaia di persone a guardare video e spezzoni sui social network, commentando e condividendo. Mai, in vent’anni, la vicenda di Chico Forti aveva avuto un’eco mediatica simile, con l’opinione pubblica che si è (finalmente, aggiungerebbe qualcuno) accorta dell’incredibile (comunque la si pensi) caso giudiziario che ha coinvolto il surfista e imprenditore trentino.
Merito, bisogna dirlo, delle Iene e del giornalista Gaston Zama, che hanno messo in onda la settimana scorsa un servizio tanto lungo quanto interessante, con il classico montaggio incalzante che ha tenuto le persone con gli occhi sgranati fino a oltre l’una di notte. E il risultato centrato, al netto dello share, è che la vicenda di Chico ha raggiunto (e indignato) il grande pubblico di tutta Italia. Se questo servirà o meno a risolvere il caso giudiziario lo si saprà solo in futuro, ma è certo che avere un’opinione pubblica interessata e schierata non può che essere utilissimo per Forti e per chi lotta per lui.
Tralasciando, solo per un attimo, gli aspetti più emozionali, ovvero le interviste esclusive a Chico all’interno del penitenziario di massima sicurezza a Miami, ai figli Francesco e Jenna alle Hawaii (la figlia maggiore, Savannah, era in viaggio) e a mamma Maria, coraggiosa 91enne, sono state due le novità assolute rispetto alla vicenda, grazie a testimonianze esclusive.
Intervistata da Zama, una delle giurate che condannò Forti al carcere a vita, Veronica Lee, ha dichiarato in lacrime che «l’intero processo è stato una cazzata e molte informazioni in quell’aula di tribunale sono state nascoste. Ricordo di essere stata bullizzata da parte degli altri giurati perché credevo, riguardo alla colpevolezza di Chico, che ci fosse un ragionevole dubbio. Mi mettevano pressione perché dicessi che era colpevole». Poi Chaive Mesmer, ex moglie di Thomas Knott (l’altro indagato nell’omicidio e prosciolto grazie al suo alibi), ha affermato che nella notte in cui venne ucciso Dale Pike il marito si sarebbe allontanato da casa per un paio d’ore. Significativa anche la frase di Bradley Pike, fratello della vittima: «Chico è stato manipolato, è stato il capro espiatorio: spero di contribuire al suo rilascio».
Elementi che aggiungono altri dubbi a chi crede nell’innocenza di Chico.
Durante le oltre tre ore di servizio hanno parlato anche il magistrato Lorenzo Matassa, uno dei giuristi convinto che nelle indagini manchino le carte fondamentali per procedere con una sentenza di questo genere, e alle dichiarazioni di Ferdinando Imposimato, ex presidente onorario aggiunto della Suprema corte di Cassazione.
Nel servizio sono stati molti i documenti analizzati, tendenzialmente in chiave innocentista, ma non sono mancate le domande ?scomode?, rivolte direttamente allo stesso Chico, ma anche ad altri protagonisti della vicenda. «La nostra inchiesta non vuole arrivare a dire che è colpevole o innocente - ha detto Zama - ma solamente ricordare che per la legge americana si deve condannare qualcuno solamente “al di là di ogni ragionevole dubbio”».
Dubbi non ne hanno i due figli di Chico che hanno accettato di parlare e di raccontarsi. Il più giovane, Francesco, aveva solo un anno quando il papà è entrato in carcere, mentre Jenna, che oggi ha 23 anni, ha detto di essere sempre orgogliosa di essere figlia di Chico. E ovviamente nemmeno mamma Maria. «La mia roccia. Lei è la mia roccia», ha detto Chico. «Prego perché possano riabbracciarsi a Trento prima che sia troppo tardi», ha sospirato Jenna.