Alessandro Olivi tranquillo: «Non ho chiesto il bonus Inps ma 3600 euro per il mio studio»
Questa sera è convocato il coordinamento provinciale del Pd per discutere del caso Olivi («attendo le conclusioni del coordinamento prima di rilasciare dichiarazioni», ci ha detto Lucia Maestri, segretario provinciale del partito).
Alessandro Olivi, vicepresidente del Consiglio provinciale e figura di spicco del Partito democratico, è finito nella bufera per avere chiesto il contributo destinato ai liberi professionisti che abbiano subìto perdite a causa del Covid. Lui è un avvocato e ha uno studio legale a Rovereto: per questo motivo ha ottenuto un contributo provinciale di 3.600 euro.
«Voglio chiarire una cosa», attacca.
Parli pure, Olivi.
«Io non ho chiesto il bonus».
Però ha chiesto un contributo.
«Ma non ho chiesto il bonus Inps; i 600 euro, insomma. La differenza è fondamentale».
Secondo lei è così.
«Ma certo! E non accetto che la mia posizione venga assimilata a quella di coloro che hanno chiesto il bonus Inps, persone per le quali i partiti stanno valutando se prendere provvedimenti oppure no».
Lei cos’ha fatto, dunque?
«Ho uno studio legale. Lo studio legale rappresenta il mio lavoro e la mia libertà. Ebbene, le persone a cui ho delegato la gestione della parte amministrativa e contabile hanno fatto la domanda: non per il bonus Inps - si badi bene - ma per il contributo previsto dalle norme provinciali per la “continuità aziendale” e la tutela dell’occupazione».
E le sono stati recapitati 3.600 euro.
«Un sostegno previsto per gli operatori economici e i liberi professionisti che abbiano determinati requisiti».
E lei e il suo studio li avevate?
«Ho due collaboratori, e lo studio ha avuto una perdita significativa di reddito per colpa della crisi».
Così avete chiesto il contributo.
«Chi aveva in cura di chiedere questa misura lo ha fatto, perché lo studio aveva i requisiti».
Olivi, non ci dica che lo hanno chiesto a sua insaputa.
«Diciamo che non ho presidiato quel passaggio».
Cioè?
«Diciamo che per una disattenzione non ho curato direttamente questa procedura».
Se potesse tornare indietro? In parole povere, è seccato per questa disattenzione?
«Sì. Avrei dovuto vigilare un po’ di più. Avrei dovuto valutare l’opportunità della richiesta. Attenzione, però: ribadisco che quello che è successo è del tutto legale ed estremamente trasparente. Talmente trasparente da apparire un po’ ingenuo».
Un consigliere provinciale guadagna tanti soldi: non è bello che in più chieda un contributo di 3.600 euro. Questo pensa la gente.
«Quei soldi non sono per me ma per la mia attività».
Eh...
«Io ho dei dipendenti. Delle collaborazioni».
Se una persona sceglie di fare politica, il suo mestiere è quello. Se decide di fare il politico e insieme l’avvocato - mi scusi - ne assume le conseguenze.
«Infatti non ho mai chiesto niente. Questa era la prima volta».
Ha mai pensato: d’accordo, ho agito secondo le regole ma faccio comunque un passo indietro e do le dimissioni da vicepresidente del Consiglio provinciale.
«Ho restituito la somma. Subito. Interamente. All’Agenzia provinciale delle imprese. Non perché fosse un atto dovuto, però».
Non ha risposto alla domanda.
«Ho fatto un errore di sottovalutazione, visto il ruolo che rivesto nelle istituzioni. La responsabilità politica di questo errore me la voglio prendere tutta. Quindi la prima cosa che ho fatto - concordata con il mio partito - è stato il restituire la somma, senza se e senza ma».
Cambiamo la domanda: come andrà a finire?
«Siccome sono stato eletto vicepresidente del Consiglio provinciale da tutte le forze di opposizione - non solo dal Pd - mi confronterò certamente con loro. E sia chiara una cosa: sono disponibile a tutto, non ho nessun problema. Non sono attaccato alle cariche».
Quand’è che le minoranze faranno una valutazione politica di ciò che è successo?
«Nei prossimi giorni».
Il partito le ha chiesto di mollare la carica in seno al Consiglio provinciale?
«No».
Ma sarà arrivata una lavata di capo...
«Assolutamente no. Tutti hanno capito».
Non si è discusso di una sospensione dal partito?
«Nessuno me l’ha mai proposta. Il punto è che io sono quello di prima. Nessuno ha mai messo in discussione la mia buona fede. Lavoro in politica da 30 anni. Rivendico di essere una persona corretta, onesta. Grazie ai miei emendamenti, in commissione legislativa ho fatto inserire nella manovra anti-Covid 18 milioni di euro con il vincolo di destinazione all’assegno unico provinciale - per le famiglie in difficoltà, dunque - e agli ammortizzatori sociali per i lavoratori. Questo è Alessandro Olivi».