Usa, è il giorno del duello fra Biden e Trump in un Paese teso e spaccato

È in corso la lunga giornata elettorale per le presidenziali americane.

Seggi aperti inizialmente a New York e in altri quattro stati della costa orientale degli Stati Uniti e poi via via verso ovest. 

Già scrutinate le schede di un minuscolo villaggio nel New Hampshire che ha votato per primo: 5 voti, tutti per Biden.

I risultati definitivi potrebbero arrivare domani ma anche tardare parecchio, data la forte incidenza del voto postale. Se però domattina vi sarà un forte divario fra i due contendenti, il quadro sarebbe definito e si eviterebbero tensioni, lungaggini e polemiche, specie se Trump intendesse contestare il responso ufficiale delle urne.

Il presidente in carica, infatti, annuncia già battaglia legale per contestare i voti per posta che in alcuni Stati decisivi continueranno ad arrivare per giorni. Mediterebbe anche di autoproclamarsi vincitore se i primi dati lo daranno in testa in alcuni Stati chiave.
Per Barack Obama, il tycoon delal Casa Bianca è solo "un dittatore da quattro soldi".

Joe Biden ha scherzato con i giornalisti dopo aver detto ad alcuni supporter a Scranton, Pennsylvania, che aveva vinto all'unanimità a Dixville Notch, New Hampshire, il primo villaggio Usa a contare i voti: "in base alla nozione di Trump, dichiarerò la vittoria stanotte", ha ironizzato, riferendosi all' intenzione del presidente di proclamarsi vincitore se risulterà in testa nella notte elettorale. 

Quando Melania Trump si è presentata al seggio elettorale al Morton e Barbara Mandel Recreation Center di Palm Beach era l'unica persona a non indossare la mascherina. Lo sottolinea il pool della Casa Bianca al seguito della first lady che salutando i reporter ha detto di sentirsi "benissimo". Anche lei come il marito è stata positiva al Covid. Alla domanda del perchè non abbia votato col presidente la scorsa settimana, Melania ha quindi risposto: "E' l'Election Day, ho preferito venire a votare oggi". 

Mentre in tutti gli Stati Uniti si aprono via via i seggi, già quasi 100 milioni di americani hanno votato prima dell'Election Day. In tempi di pandemia hanno infatti optato per il voto anticipato 99.657.079 elettori, di cui oltre 35 milioni si sono recati alle urne in persona e oltre 63 milioni hanno votato per posta. I dati sono quelli dello Us Electoral Project dell'Università della Florida e indicano come ci siano ancora oltre 28 milioni di schede inviate per il voto postale ma non ancora tornate indietro.


 

Se non fosse per la clamorosa cantonata dei sondaggisti nel 2016, tutti ora assegnerebbero la vittoria a Joe Biden, dato per favorito anche dagli ultimi performanti sondaggi.

La prudenza e l’esperienza impongono invece di non dare nulla per scontato, anche perché rimane una possibilità su dieci che invece sia Donald Trump a tornare alla Casa Bianca.

«Una percentuale - affermano gli esperti - che deve essere comunque essere presa in considerazione». Secondo gli ultimi sondaggi dunque permane una sottile linea statistica che separa la possibilità che il candidato democratico vinca con una valanga di voti o invece sul filo di lana.
Joe Biden è infatti considerato il candidato con il maggior margine di vittoria nei sondaggi nazionali dai tempi di Bill Clinton nel 1996.

I Democratici sono dati per vincenti al Senato con il 75 per cento delle probabilità e dovrebbero rafforzare anche la maggioranza alla Camera con alcuni seggi in più rispetto agli attuali.

Più per scaramanzia e per scongiurare il rovinoso bis della mazzata della vittoria a sorpresa di Trump nel 2016, viene tenuta in conto la possibilità di un errore statistico correlato a ogni diverso Stato.
«Tuttavia - sottolineano i sondaggisti -  per ripetere l’exploit delle precedenti presidenziali e rivincere, Trump ha bisogno che l’errore statistico sia molto maggiore del normale e inoltre mancano molte delle dinamiche che quattro anni addietro consentirono la vittoria repubblicana: ci sono molti meno indecisi, i criteri delle rilevazioni sono stati perfezionati e i sondaggi risultano stabili».

Secondo la Cnn l’esito del voto in Arizona e Pennsylvania potrebbe essere decisivo. Biden, ricorda la Cnn, deve ottenere 38 voti elettorali in più dei 232 raccolti da Hillary Clinton nel 2016.

Probabilmente ne otterrà uno dal secondo distretto congressuale nel Nebraska. E ha inoltre un vantaggio netto in due Stati che Trump conquistò nel 2016: Michigan e Wisconsin, che valgono complessivamente 26 voti elettorali.
Per raggiungere il magic number di 270, al candidato democratico servono altri 11 voti elettorali. Se Biden vincesse in Florida (che dispone di ben 29 voti di grandi elettori) sarebbe fatta, ma lo Stato è conteso allo spasimo da Trump e viene considerato dai sondaggisti «too close to call», troppo incerto per essere assegnato con certezza.

Al posto dell’Arizona Biden potrebbe comunque contare sui 15 voti elettorali del North Carolina dove viene dato in vantaggio rispetto a Trump.

Ma a questo punto per evitare la rimonta, difficile, ma da non escludere del tutto di Trump, sono essenziali i 20 voti elettorali della Pennsylvania. I sondaggi del weekend danno Biden in vantaggio in Pennsylvania di 5-7 punti. Per il presidente uscente recuperare e superare uno svantaggio medio di 6 punti nei sondaggi è possibile, ma non è facile, spiega la Cnn, che considera Biden favorito e Trump un underdog, espressione sportiva gergale inglese che sta per perdente, non considerato dai pronostici.

L’alba illuminerà Biden o preverranno scenari imprevedibili? «In God We Trust», direbbero a Washington.


DUELLO IN UN PAESE DIVISO

Trumpismo o normalizzazione? Il dopo voto proietta l’America verso due scenari politici completamente diversi. Con una riconferma alla Casa Bianca, Donald Trump guiderebbe un Paese ancora più polarizzato e trasformerebbe la sua famiglia in una dinasty, allungando la lista di quelle più blasonate, dai Kennedy ai Bush e ai Clinton, passando per i Rockefellers e i Roosevelts.

Una vittoria di Joe Biden invece aiuterebbe a sanare le divisioni del Paese e spianerebbe la strada alla sua vice Kamala Harris, che potrebbe diventare la prima donna presidente, anche se probabilmente l’ala radicale dem romperà la tregua per contare di più nel partito e nell’amministrazione.

Non c’è dubbio che un successo di Trump cementerebbe la presa della sua famiglia nella società americana, definendo l’orizzonte politico e culturale di gran parte di questo decennio.

L’unica incognita è chi sarebbe il suo erede nel 2024, sullo sfondo di una «guerra fredda» tra fratelli contrassegnata da vecchi rancori, pettegolezzi e colpi bassi sui giornali.

Per ora resta in pole position la figlia prediletta Ivanka, consigliera alla Casa Bianca insieme al marito Jared Kushner, con cui ha costruito una rete di relazioni ai più alti livelli politici e finanziari.

Ma sta emergendo sempre di più il primogenito Don Jr, vero agitatore di folle e di social, dove attizza la rabbia populista del padre. I due sono molti diversi: lei posata e socievole, lui impulsivo e sbruffone, ma Ivanka sembra aver abbandonato il ruolo di forza moderata nell’orbita del padre ed ora si definisce una repubblicana orgogliosa e anti abortista «senza rimorsi». Nel clan comunque tutti hanno il loro ruolo. Un altro dei figli, Eric, guida la Trump Organization mentre sua moglie Lara è una popolare portavoce della campagna presidenziale.

Anche la fidanzata di Don jr, Kimberly Guilfoyle, ha lasciato Fox News per fare campagna e raccolta fondi pro Trump. Quando sono in missione elettorale per conto del presidente, in fondo lo sono anche per perpetuare il proprio potere e quello della famiglia.

Se Trump dovesse perdere invece c’è chi pensa che potrebbe continuare a guidare i repubblicani all’opposizione, fondare un proprio partito o esercitare la sua influenza creando un impero mediatico. Ma il presidente, secondo il New York Times, ha già confessato ai suoi più stretti collaboratori il timore di essere travolto dalle inchieste. Senza contare il danno devastante ad un brand aziendale costruito su un’immagine di successo e alla lista di creditori che lo aspetta. Da capire poi la reazione del Grand Old Party, un partito cui Trump ha cambiato totalmente il dna e che potrebbe tentare di tornare alle posizioni tradizionali ma con l’incognita che The Donald conservi la sua base.
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n caso di trionfo, il 78/enne Biden potrebbe invece lasciare il testimone alla Harris già nel 2024, limitandosi in questo mandato a fare da «ponte generazionale» nel partito, come aveva promesso, e cercando di sanare le divisioni nel Paese. Ma dovrà fare i conti con l’ala progressista dem, già pronta a spingere per alcuni posti chiave nel governo, come la senatrice Elizabeth Warren al tesoro, e a chiedere il rinnovo della leadership mentre l’80/enne Nancy Pelosi intende ricandidarsi speaker della Camera. Se invece il vecchio ‘Joè perdesse, i liberal potrebbero andare all’assalto e metterlo sotto accusa per non aver abbracciato una piattaforma più progressista.


LE TAPPE DELLA MARATONA ELETTORALE

Una vera e propria maratona elettorale quella di stanotte per l’Election Day in America, con la grande incognita di quando potrebbero arrivare i risultati e l’annuncio ufficiale della vittoria nella corsa alla Casa Bianca. L’elevato numero di voti per corrispondenza rischia di complicare e rallentare il conteggio delle schede e non si esclude la possibilità che un chiaro vincitore non venga annunciato per giorni.

A meno che non si verifichi una un’onda rossa o blu che indichi un chiaro trionfatore. In questo caso il risultato potrebbe arrivare fra 4 e le 5 del mattino di domani in Italia. Ecco una guida ora per ora per orientarsi durante la lunga notte elettorale e interpretare gli exit poll che scandiranno la chiusura dei seggi nei vari Stati.

* 12.00 DEL 3 NOVEMBRE (ora italiana), PARTE LA MARATONA.
Aprono i primi seggi sulla costa orientale americana. Alle 15 al via il voto in California e sulla costa occidentale.
* 1.00 DEL MATTINO DI MERCOLEDÌ 4 NOVEMBRE. Chiudono i primi seggi in Indiana, Kentucky, Georgia, South Carolina, Vermont e Virginia.
* 1.30, È L’ORA DEL NORTH CAROLINA. Chiudono i seggi in North Carolina, West Virginia e in Ohio che mette in palio 18 grandi elettori. Cruciale quest’anno nella corsa alla Casa Bianca, oltre al solito Ohio, il North Carolina con i suoi 15 grandi elettori. * 2.00, TOCCA A FLORIDA E PENNSYLVANIA. Sono due degli Stati chiave nella corsa alla Casa Bianca con in palio complessivamente 49 grandi elettori, di cui 20 per la Pennsylvania e 29 per la Florida. Complessivamente chiudono i seggi in 16 Stati, incluso il District of Columbia della capitale Washington.
* 3.00, È IL MOMENTO DEL TEXAS. Chiudono i seggi in Texas (38 grandi elettori), Stato roccaforte dei repubblicani che quest’anno i democratici potrebbero sbancare. Si chiude anche in due Stati chiave, il Wisconsin e il Michigan, che nel 2016 Donald Trump strappò a Hilllary Clinton.
* 4.00-5.00, L’ORA DELLA VERITÀ. Alle 4 ora italiana urne chiuse in altri quattro Stati, tra cui lo Utah e alle 5 in altri cinque Stati, tra cui la California, roccaforte dem con i suoi 55 grandi elettori. È il momento in cui potrebbe arrivare l’annuncio della vittoria.
* 7.00, IL TRAGUARDO IN ALASKA. È l’ultimo Stato a votare. Gli ultimi seggi, quelli nella regione più occidentale, chiudono quando sulla East Coast è già mercoledì 4 novembre. Dopo le Hawaii, le cui urne chiudono quando a New York è mezzanotte.

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