Bosnia, il dramma dei migranti nei campi al confine croato Accuse alla Ue: diritti negati

Nel nordovest della Bosnia-Erzegovina prosegue il dramma dei migranti senza un riparo adeguato e in balia della neve e del gelo a temperature abbondantemente sotto lo zero.

Alcune centinaia di profughi, nei boschi intorno alla cittadina di Velika Kladusa, al confine con la Croazia, hanno creato delle tendopoli di fortuna, cercando in tutti i modi di scaldarsi.

Si accendono fuochi con la legna e altro materiale, e in mancanza di acqua calda ci si lava nelle acque gelide dei ruscelli di montagna.

Corsi d’acqua che, una volta attraversati senza incontrare poliziotti croati, come tutti sperano, conducono al di là del confine, in territorio Ue, ulteriore tappa verso i Paesi dell’Europa occidentale.

La situazione è ora molto più accettabile nel campo di Lipa, una ventina di chilometri distante da Bihac, gestito dalle autorità locali, dove i migranti soggiornano sotto le tende riscaldate allestite dalle forze armate bosniache, anche se resta da risolvere il problema dell’acqua calda.

Sarebbe utile in realtà trasferire a Lipa alcune centinaia di container, che restano inutilizzati nel campo chiuso di Bira, nel centro abitato di Bihac, e di cui dispongono le organizzazioni internazionali. Le ripetute proteste degli abitanti, appoggiati dalle autorità locali, hanno impedito il trasferimento di centinaia di migranti al campo di Bira.

A Lipa scarseggia inoltre il cibo e non sono sufficienti due pasti caldi al giorno, nonostante gli sforzi della Croce rossa di Bihac, rimasta la sola delle organizzazioni umanitarie a operare a Lipa.

Sul fronte degli aiuti europei, il grosso dei fondi stanziati dalla Ue per far fronte alla crisi migratoria in Bosnia finora è stato gestito dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), che si è ritirata da Lipa alla fine dell’anno scorso.

Stando a notizie di fonte Oim, il totale stanziato dall’Ue alla stessa Oim o alle organizzazioni partner (Unicef, Unhcr, Dcr, Unfpa) dal giugno 2018 ad oggi ammonta a 76.851.217 Euro, di cui sono stati spesi, fino al dicembre scorso, 51.560.327 Euro. I fondi avanzati, attualmente sui conti dell’Oim, sono destinati a fornire aiuti fino al luglio 2021 per un importo di 25.290.890. Alle istituzioni bosniache dalla Ue sono affluiti in tutto 3,3 milioni di Euro, sempre secondo un rapporto dell’Oim.
Sono sette i centri di accoglienza migranti creati in Bosnia dal 2018 ad oggi - cinque nel Cantone Una-Sana nel nordovest, e due nei pressi di Sarajevo.).


«Ci sono accuse di respingimenti illegali. Inoltre, in base al regolamento, dovrebbe dotarsi di 40 osservatori per il rispetto dei diritti umani che invece non ci sono. Bisogna fare chiarezza e rimediare. Le nostre agenzie devono rispettare al 100% i valori fondamentali Ue e devono essere in grado di dimostrarlo in modo efficiente». Così Ylva Johansson, commissaria Ue all’Immigrazione, in un’intervista alla Stampa parla a proposito del ‘pressing’ su Frontex, l’agenzia Ue della guardia di frontiera e costiera, e - come riporta il quotidiano torinese - «sul suo direttore esecutivo Fabrice Leggeri, sempre più a rischio».

Sul punto è previsto un appuntamento domani; e Johansson dice di aspettarsi la presentazione della «prima bozza del report sull’indagine interna. Che Frontex si dimostri aperta e trasparente per rispondere alle accuse e per spiegare cosa sia successo. Mi aspetto che metta in campo tutti gli strumenti per segnalare e rispondere a eventuali comportamenti illegali. Mi aspetto anche ci sia un vice-direttore esecutivo al più presto, così come gli ufficiali per il monitoraggio dei diritti fondamentali».

Quanto alla situazione dei migranti in Bosnia, «deve essere in grado di gestire la situazione. A 30 chilometri dal campo di Lipa, che è stato chiuso a dicembre, ce n’è un altro pienamente equipaggiato, finanziato con fondi Ue, che può ospitare 1.500 persone. Durante il periodo natalizio sono rimasta in contatto con le autorità bosniache per chiedere di riaprirlo. Il governo bosniaco ha dato l’ok, ma le autorità locali no. Ci sono molti episodi che riguardano la Croazia e questo è estremamente preoccupante».

Sui negoziati per la riforma di Dublino, «la prossima settimana ci sarà un vertice, ma anche questo sarà in videoconferenza. È difficile negoziare a distanza; bisogna avere una visione d’insieme. Dobbiamo accelerare sui rimpatri altrimenti non fermeremo i flussi di migranti irregolari. Per me - conclude - è importante non ridistribuire chi non ha diritto alla protezione perché potrebbe essere un segnale ai trafficanti. Dobbiamo migliorare il tasso di rimpatri, lavorando con i Paesi di partenza. Questa settimana dovevo andare in Tunisia, ma abbiamo posticipato a causa della crisi politica in Italia».

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