Letta scioglie la riserva, segretario per unire il PD
ROMA - In un minuto e diciannove secondi Enrico Letta si è caricato sulle spalle il peso di un partito "che oggi vive una crisi profonda". L'ex premier ha usato i social e l'hashtag #iocisono per sciogliere la riserva e dire sì alla candidatura per la guida del Pd, dopo le dimissioni del segretario Nicola Zingaretti.
L'investitura ufficiale ci sarà domenica, in un'assemblea 'a distanza' che, grazie alla velocità del voto elettronico, potrebbe durare lo spazio di una mattinata, giusto il tempo di ratificare il passaggio di consegne. La discussione vera e propria ci sarà dopo: "Aprirò il dibattito in tutti i circoli - ha detto Letta - Chiedo alle democratiche e ai democratici, nelle prossime due settimane, di discutere. Poi faremo insieme sintesi e troveremo le idee migliori per andare avanti".
L'impressione è che in quel minuto e diciannove secondi Letta abbia parlato soprattutto a chi sta dentro il partito, alle correnti. "Io non cerco l'unanimità, io cerco la verità" scandisce. Le prime parole di Letta candidato contengono il racconto dello sconquasso di questi giorni e una riposta alla domanda che sui social rimbalza con cinica ironia: "Ma chi te lo fa fare?".
"Francamente - ha esordito Letta - lunedì scorso non avrei immaginato che oggi sarei stato qui ad annunciare la mia candidatura alla guida del Pd. Lo faccio per amore della politica e passione per i valori democratici". Dopo la premessa, l'omaggio a Zingaretti - "mi lega a lui profonda amicizia e grande stima" - e la stoccata alle minoranze interne, che magari voteranno per lui alla segreteria, ma senza particolare trasporto. "Parlerò domenica all'assemblea - ha detto Letta - io credo alla forza della parola, al valore della parola, chiedo a tutti coloro che domenica voteranno di ascoltare la mia parola e di votare sulla base delle mie parole". Prima di sciogliere la riserva, Letta aveva contattato i big di tutte le correnti del partito. Ma in quel passaggio sull'unanimità non intesa come stella polare, ha fatto capire di essere pronto a scelte che potranno non accontentare tutti. Come quelle sugli organismi del partito. E quelle politiche. Per esempio, in tema di alleanze. Le uscite dei mesi scorsi dell'ex presidente del Consiglio - non ultimo il suo "voterò convintamente" al taglio dei parlamentari - fanno presupporre che guarderà con grande attenzione alla via tracciata da Zingaretti per quel centrosinistra allargato che stava prendendo forma con l'alleanza del Conte Bis: Pd-Leu e M5s. Anche il passaggio sui circoli è stato letto come un messaggio 'interno', come l'intenzione di non voler essere un segretario cooptato dalle correnti, ma che si aprirà al confronto, che ascolterà la base. Per adesso, il nome di Letta non ha trovato nel Pd ostilità palesi. Semmai qualche benvenuto tiepido.
Il primo ad allargare le braccia senza riserve è stato il segretario uscente, Zingaretti: "Si chiude, mi auguro, la stagione delle polemiche, credo che Letta sia la persone giusta". Dagli altri big della maggioranza interna - Dario Franceschini e Andrea Orlando - un convinto: "Grazie Enrico". "Grazie" anche dal commissario europeo per l'economia Paolo Gentiloni. Sostegno pure dai sindaci dem: "Riteniamo che Enrico Letta sia in grado di rilanciare il partito sin da subito", ha detto il coordinatore Matteo Ricci. "Domenica in assemblea lo voterò con fiducia e ottimismo", ha scritto su Twitter il sindaco di Firenze Dario Nardella. E anche il governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che era considerato un possibile sfidante di Zingaretti, ha ringraziato Letta per "l'atto di generosità". Domenica voteranno per lui anche gli ex renziani di Base Riformista, guidati da Luca Lotti e Lorenzo Guerini.
In un documento, hanno comunque ribadito come, a loro avviso, sia "arrivato il momento per impegnare il Pd ad una riflessione profonda". Però non hanno usato la parola congresso. Il cambio di guardia non significherà un'archiviazione del dibattito interno. Anche quello sulla rappresentanza di genere. Domenica verrà depositato l'ordine del giorno votato nella direzione con 10 punti di impegni, compreso quello per il governo duale.