Il primo sciopero dei rider: "Aiutateci, oggi non fate acquisti delivery"
In Italia si fermano i corrieri del food e chiedono ai cittadini di supportarli nella battaglia per ottenere condizioni di contratto meno gravose. Il sindaco Ianeselli: "Dobbiamo tutti dire di no allo sfruttamento"
Oggi incrociano le braccia in tutta Italia i rider del food delivery. In una lettera aperta, inviata ai clienti e all'opinione pubblica, i fattorini chiedono di non fare acquisti in segno di solidarietà.
La protesta è stata confermata nonostante la firma di un protocollo tra sindacati e aziende del delivery per la legalità, contro il caporalato, l'intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel settore del food delivery.
I rider chiedono "un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del loro lavoro con una retribuzione adeguata.
In altre parole, un contratto collettivo nazionale. Ci troviamo - spiegano - in una situazione paradossale, eppure diffusa nel mondo del lavoro contemporaneo, sempre più simile ad una giungla: siamo pedine nelle mani di un algoritmo, eppure siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un'organizzazione del lavoro senza alcun potere, eppure non siamo considerati lavoratori dipendenti".
Il post del sindaco di Trento Franco Ianeselli
"Cosa c'è dietro al sushi o alla pizza o all'insalatona che ti arriva a casa all'ora di cena? C'è il mondo dei rider, lavoratori precari, senza tutele, senza ferie né malattia. All'inizio erano prevalentemente studenti che facevano qualche consegna per arrotondare, ma oggi c'è chi ha fatto di questo "lavoretto" un'occupazione vera e propria.
Allora, come chiedono i rider che oggi protestano in molte città d'Italia, c'è bisogno di regole chiare, stabilite a livello nazionale, per riconoscere i diritti di una categoria che, durante quest'anno di pandemia, si è rivelata di fondamentale importanza.
In alcune città in cui il fenomeno del cibo a domicilio è cresciuto a dismisura sono stati individuati dei "rider point" coperti dove i lavoratori possono sostare in attesa di una chiamata. Se ci sarà la necessità, anche a Trento potremo pensare a qualcosa di simile.
È evidente che il mercato del lavoro è in continua evoluzione. Nascono nuove occupazioni, altre declinano. Non dobbiamo permettere che, in questi periodi di transizione, si perda il punto di riferimento dei diritti a tutela della dignità delle persone. È vero che oggi c'è anche chi il lavoro proprio non ce l'ha.
Ma non per questo chi lavora deve essere costretto ad accettare una flessibilità talmente estrema da assomigliare allo sfruttamento".