Mondo / Sudamerica

Proteste e repressione in Colombia, la testimonianza di un trentino da Bogotà

Andrea Petraroli è nel paese sudamericano per un progetto di cooperazione internazionale: «Blocchi nelle strade e scontri a fuoco, la popolazione è alla fame e la pandemia aggrava la situazione generale». ad un passo dalla guerra civile

FOTO Le proteste contro il governo
VIDEO La testimonianza di Andrea

di Gigi Zoppello

TRENTO. Che cosa sta succedendo in Colombia? Il Paese è sull’orlo di una guerra civile, e la popolazione è alla fame, ma sui media italiani la notizia è relegata a poche righe, spesso non aggiornate.

Ce l’ha segnalato Andrea Petraroli, giovane cooperante trentino (è di Baselga di Piné) che si trova proprio nel paese sudamericano. E che ci racconta in tempo reale quello che sta succedendo.

La rivolta popolare è nata il 28 aprile, con l’approvazione da parte del Presidente colombiano Ivan Duque della nuova riforma fiscale, che fra l’altro innalzava l’Iva ed estendeva la tassazione anche a fasce più basse di reddito. Il tutto in un Paese in grave crisi economica con migliaia di persone ridotte alla fame.

La protesta è stata duramente repressa da polizia ed esercito colombiani, ed il bilancio delle prime settimane di scontri nelle strade è di centinaia di feriti ed almeno 24 morti ufficiali (ma ci sono oltre 350 persone “desaparecidas”, di cui non si hanno più notizie). E la sigla della rivolta - anche con gli hashtag sui social - è diventata #DDHH, acronimo di "Derechos Humanos".

La protesta ha spinto il Presidente a ritirare la nuova legge, ma le proteste sono divampate nuovamente dopo l’uccisione dello studente Lucas Villa nella città di Pereira, assassinato a colpi di pistola sparati da un’auto in corsa mentre partecipava ad una protesta pacifica.

Il presidente Duque nei giorni scorsi aveva imputato gli eccessi di violenza a "mani criminali" legate al narcotraffico ed aveva condannato i "disadattati che si dedicano al vandalismo, il terrorismo e la violenza". Al sospetto di un ruolo dei narcotrafficanti si associa anche il riattivarsi di cellule di guerriglieri delle Farc, che dopo 30 anni di lotta armata avevano deposto le armi.

Epicentro delle proteste antigovernative è la città di Cali: qui si sono resi necessari i corridoi umanitari aperti con la mediazione della chiesa cattolica per far entrare rifornimenti di alimenti e farmaci dopo giorni blocchi sulle vie strategiche. Ma la situazione è tesa sia nella capitale Bogotà, che nei maggiori centri nevralgici della viabilità nazionale.

Ad aggravare il tutto la pandemia covid: in piena terza ondata del virus, gli ospedali della Colombia sono pieni ed i reparti di rianimazione al collasso. Ed i blocchi stradali dei manifestanti rendono difficile il rifornimento di medicinali, vaccini ed ossigeno.

L’INTERVISTA AD ANDREA PETRAROLI

Andrea Petraroli, un trentino nella Colombia in fiamme

Il Paese è sull'orlo della guerra civile, i disordini si moltiplicano con scontri violenti, non solo nelle città. E le vittime aumentano. La testimonianza diretta di un giovane trentino.

 

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