Pfizer Italia: «Vaccino studiato per una seconda dose entro 21 giorni», ma in Trentino si fa fino a 40
La casa farmaceutica: «Non abbiamo dati scientifici su un più lungo range di somministrazione», ma conferma che il farmaco funziona bene anche contro le varianti
TRENTO. Non piace alla casa farmaceutica la decisione della Commissione Tecnica Scientifica (ma già adottata per prima in Italia dalla Provincia di Trento) di aumentare fino a oltre 40 giorni il periodo fra la prima e la seconda dose di vaccino covid. «Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito.
E' una valutazione del Cts, osserveremo quello che succede. Come Pfizer dico però di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l'autorizzazione».
Lo ha detto ieri i una intervista a Sky TG24 Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia commentando l'allungamento a 5 settimane della finestra per la somministrazione della seconda dose.
“Dobbiamo studiare anche la necessità della terza dose – ha continuato -. Abbiamo i dati che dimostrano la copertura immunitaria a sei mesi, dobbiamo osservare i successivi sei mesi.
Potrebbe essere possibile una terza dose ma forse anche non necessaria, a meno che non intervengano eventuali varianti, in quel caso una dose “booster” potrebbe essere utile.
Sul vaccino annuale bisogna essere molto cauti, potrebbe essere necessario entro l’anno o magari entro due».
Marino ha poi ricordato come «gli studi dimostrino l’efficacia del vaccino sulle varianti, in particolare la sudafricana. Vale lo stesso su quella brasiliana. Possiamo sicuramente affermare l’efficacia del vaccini nei loro confronti. L’allarmismo è più relativo alla capacità di diffusione».
Intanto anche la macchina organizzativa si muove e si adegua. Una tempistica precisa per l'inoculazione della seconda dose di Pfizer, che si attenga a quella dei 21 giorni dopo la prima, e una spinta decisiva da imprimere alle somministrazioni del siero di Astrazeneca anche tra gli under 60, affinché siano utilizzate e non restino nei frigoriferi. Continua a rimodularsi la campagna vaccinale nelle varie regioni: in tante potrebbero rivedere la programmazione delle iniezioni, anche in vista dei nuovi carichi di fiale. Se a maggio gli shot previsti sfiorano i 17 milioni, a giugno ne saranno stoccati altri 25: un arrivo «massiccio» di vaccini che potrebbe aumentare i numeri quotidiani delle immunizzazioni, annuncia il generale, secondo il quale però il richiamo di Pfizer nella maggior parte dei casi può restare sulla distanza dei 42 giorni. Nell'incontro avvenuto in queste ore con i governatori, il commissario per l'Emergenza, Francesco Figliuolo, ha però anche ribadito che non va fatta nessuna fuga in avanti: fino alla fascia dei 50enni bisogna continuare a somministrare per classi di età decrescenti e di fragili, seguendo la programmazione ed i tempi del Piano nazionale. Non sembra ancora il momento quindi per le inoculazioni nelle aziende che - nonostante siano già state sollecitate da più regioni - non avverranno prima dell'inizio di giugno.
Alcuni territori però puntano a «smaltire» le dosi dei cosiddetti vaccini «a vettore virale» (AstraZeneca o Johnson & Johnson), che dal 17 maggio nel Lazio potranno essere inoculati anche agli ultraquarantenni, ma solo negli studi del proprio medico di base. Nella regione ci si organizza anche con un «open day» appositamente dedicato. Resta il nodo sulla possibilità di rendere esplicita la raccomandazione per l'immunizzazione degli under 60 con il siero di Astrazeneca (anche se al momento non è comunque vietato), un invito già arrivato da Figliuolo una settimana fa. Il ministero della Salute aveva chiesto al Comitato tecnico scientifico di valutare questa eventualità, ma gli esperti al momento non hanno formulato alcun parere e hanno chiesto al Commissario di avere i dati relativi a quanti sono i soggetti ancora da vaccinare in quella fascia d'età. Quest'ultimo ha intanto confermato ai governatori che il punto di riferimento sono i pronunciamenti del Comitato tecnico scientifico.
A cambiare ancora potrebbe essere la data fissata per i richiami di Pfizer, che boccia l'allungamento a cinque settimane della finestra per questo tipo di iniezione e chiede di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici che ne hanno permesso l'autorizzazione: la stessa società ha detto che «il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su un più lungo range di somministrazione al momento non ce ne sono se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito», ma secondo la struttura commissariale, per tutti gli altri - esclusi i fragili - è raccomandato lo spostamento a 42 giorni. Al momento il periodo tra i 21 e i 28 giorni di distanza per il richiamo è previsto solo in Val D'aosta, Abruzzo e Sardegna, fino a 35 giorni per Piemonte, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. In tutte le altre fino a 42 giorni.
Infine, nuove grane per Astrazeneca, dopo il mancato rinnovo dell'Ue al vaccino. Bruxelles ha annunciato una nuova azione legale chiedendo «la consegna entro giugno delle 90 milioni dosi che sarebbero dovute arrivare nel primo trimestre.