Mottarone: prime ipotesi sulla causa della rottura della fune. Il piccolo Eitan migliora ma ha molte fratture
Durissima la procura nel decreto di fermo dei tre indagati per l'incidente alla funivia, accusati i "deliberata volontà" di bloccare i freni di emergenza "per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza"
L'AZIENDA Leitner Spa si costituirà parte civile: atto gravissimo la manomissione degli impianti di sicurezza
INCHIESTA Disattivato volontariamente il freno di emergenza
TRENTINO Failoni: ma da noi gli impianti sono sicurissimi
GLI OPERATORI Ghezzi: “Il blocco dei freni voluto è di una gravità inaudita”
LE VITTIME Ecco chi sono i 14 morti
IL VIDEO Le immagini dall'alto
MILANO. Ai tre arrestati per l'incidente alla funivia del Mottarone che ha causato 14 vittime, sono contestati fatti di "straordinaria gravità" per la loro "deliberata volontà" di bloccare i freni di emergenza "per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza".
Lo scrive la Procura di Verbania nel decreto di fermo dei tre, sottolineando il capo servizio della funivia, "ha ammesso di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni), disattivando il sistema frenante di emergenza", mentre il direttore di esercizio e l'amministratore locale non hanno agito "per consentire i necessari interventi di manutenzione".
Intanto, fa registrare nuovi miglioramenti Eitan, il bambino di 5 anni sopravvissuto alla tragedia.
È cosciente e ha parlato con la zia Aya, la sorella del padre, che da domenica è a Torino per stargli vicino. Il piccolo "si è guardato intorno", rivelano i medici che ieri lo hanno estubato e poi risvegliato dal coma farmacologico.
"Dal punto di vista clinico è sempre in prognosi riservata, dovuta al trauma toracico e addominale oltre che alle fratture agli arti", spiegano i medici. Eitan è ricoverato nel reparto diretto dal dottor Giorgio Ivani.
Nei prossimi giorni è previsto che venga trasferito dalla Rianimazione in un reparto di degenza. Dove continuerà ad essere comunque in prognosi riservata. Anche perché le fratture, per cui era stato operato poco dopo il suo arrivo in ospedale, sono serie.
Nella spaventosa caduta della cabina ha subito fratture al femore, alla tibia e ad un braccio.
Con il bambino e la zia, giunta dal Pavese, dove viveva tutta la famiglia Biran, c'è anche la psicologa dell'ospedale infantile Regina Margherita, la dottoressa Marina Bertolotti. Con la sua equipe è al lavoro da giorni, in sinergia con i colleghi della Rianimazione affinché il risveglio sia meno traumatico.
"È importante che, al suo risveglio, il bambino incontri volti per lui significativi", hanno sottolineato più volte i medici e la psicologa. Così è stato. Il primo volto che ha potuto vedere è stato quello della zia Aya che ha lasciato l'ospedale solo per qualche ora per riposare un po' in albergo, quando si è data il cambio con la nonna materna, arrivata da Israele.
Sul fronte delle indagini, ora si cerca di capire anche come abbia fatto a rompersi la fune.
È la trainante della funivia del Mottarone l'oggetto delle attenzioni degli inquirenti che indagano sulla cabina precipitata. In attesa di esaminare con attenzione la 'scatola nera' dell'impianto, sequestrata con tutto il resto, i carabinieri sono tornati sul luogo della tragedia con il professor Giorgio Chiandussi.
L'insegnante di Ingegneria meccanica e aerospaziale al Politecnico di Torino è il consulente della Procura incaricato di far luce sui misteri che ancora avvolgono la morte di quattordici persone.
Zaino in spalla e scarpe pesanti, Chiandussi è salito nel luogo dell'incidente. Ha guardato da vicino la fune, "l'oggetto del nostro quesito", precisa il capitano Luca Geminale, comandante della Compagnia dei carabinieri di Stresa che coordina sul campo le attività investigative sull'incidente. E ha fatto scoprire una parte della cabina precipitata, "quella dell'attacco dei cavi".
Tra le varie ipotesi c'è anche quella per cui il cavo si è sfilacciato a causa dei 'forchettoni' inseriti per non far azionare il freno d'emergenza.
Il perito si è anche recato nelle stazioni della funivia: quelle di partenza e arrivo e quella intermedia. Perché se è vero che resta da capire come si è spezzata la fune, dovrà comunque analizzare "tutte le componenti interessate dall'incidente". "Dobbiamo valutare tutti i dettagli che offre la scena e capire il punto esatto dell'incidente e la causa scatenante la rottura del cavo", ribadisce il capitano Geminale.
Nel pomeriggio il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrera hanno trasmesso al gip Donatella Banci Buonamici, che è anche il presidente dell'ufficio, la richiesta di convalida del fermo di Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini. Il giudice ha fissato gli interrogatori sabato mattina, per poi decidere se accogliere o meno l'istanza.
Con il quadro che già è emerso dal provvedimento di fermo l'esito appare scontato.
Il difensore del gestore della funivia, l'avvocato Pasquale Pantano, dopo avergli fatto visita in carcere, ha affermato che il "pensiero del suo assistito è per le vittime, ci stiamo già occupando dei risarcimenti".
Sempre sul fronte delle indagini, gli inquirenti stanno anche valutando la posizione della squadra di operai addetti all'impianto che avrebbero messo in atto la scelta "scellerata", è la definizione dei magistrati, per bypassare la anomalia al sistema frenante emersa dal 26 aprile scorso e che aveva portato a degli interventi "volanti". Bisognerà capire se fossero o meno consapevoli delle conseguenze che poteva avere l'attivazione dei forchettoni sulla sicurezza e l'incolumità dei passeggeri.
C'è attesa infine per l'accertamento irripetibile che verrà disposto nell'ambito della consulenza tecnica della Procura.
Questo, a seconda del quadro che verrà a galla dalle analisi dell'ingegnere del Politecnico, potrebbe preludere a nuove iscrizioni nel registro degli indagati, come per esempio di chi ha avuto il compito di effettuare la manutenzione e la revisione (ci sono una serie di società) dell'impianto e della cabina di cui ora rimangono le lamiere accartocciate come simbolo di una tragedia che, come raccontano i primi accertamenti, si poteva evitare se non si fosse deciso di "eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza per ragioni di carattere economico".