Covid, in terapia intensiva a Genova una donna di 34 anni dopo il vaccino AstraZeneca
Si attende in tempi brevi un pronunciamento sull'uso di AstraZeneca nella strategia vaccinale, in particolare nell'uso fra i giovani. La questione è già all'esame degli esperti del comitato tecnico scientifico
GENOVA. Una donna di 34 anni vaccinata lo scorso 27 maggio con la prima dose di Astrazeneca è ricoverata presso l'Ospedale Policlinico San Martino di Genova dove sono in corso accertamenti. Lo riferisce una nota della Regione Liguria.
“La paziente è stata ricoverata dopo essersi sentita male sul posto di lavoro, ed è stata sottoposta nel corso della notte a fibrinolisi di alcuni trombi presenti nella parte venosa del circolo epatico con buoni risultati. Attualmente la donna è ricoverata in terapia intensiva in respiro spontaneo” scrive la direzione dell'ospedale Policlinico San Martino di Genova.
Il Comitato tecnico scientifico
Si attende in tempi brevi un pronunciamento sull'uso di AstraZeneca nella strategia vaccinale, in particolare nell'uso fra i giovani. La questione, secondo quanto si apprende, e' già all'esame degli esperti del comitato tecnico scientifico.
"Proprio in queste ore c'è un'attenzione che definirei suprema per cogliere tutti i segnali che possono in qualche modo allertare su eventuali effetti collaterali che portino poi a considerare dei cambiamenti di indicazioni al vaccino".
Lo ha affermato, in relazione al vaccino anti-Covid di AstraZeneca, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli. Il vaccino di AstraZeneca, ricorda, "è già preferenzialmente raccomandato per i soggetti sopra i 60 anni di età, perchè il rapporto tra i benefici derivanti dalla vaccinazione ed eventuali rischi diventa incrementale con l'età e particolarmente favorevole sopra questa soglia".
"Quello che si è verificato nella sfortunata ragazza di Genova, cui va tutta la mia attenzione e affetto - ha detto - pone un'ulteriore riflessione, anche alla luce del mutato contesto epidemiologico in quanto la riduzione dei casi che abbiamo nel Paese rende anche più cogente tale riflessione".