Addio a Bruno Masé, «inventore» di Trentino Solidale, una vita spesa ad aiutare gli altri (senza farlo tanto sapere)
Aveva lavorato nel credito, e mise a disposizione le sue conoscenze di «businessman»: dal riuso di cibo, all’appartamento di famiglia che regalò per ospitare i profughi
TRENTO. Gli amici lo chiamavano il "guru" di Trentino Solidale: Bruno Masè, era stato in realtà un precursore dell'impegno sociale in tantissimi ambiti, fin dagli anni Ottanta.Masè se n'è andato ieri a 82 anni: era da tempo malato, dopo una vita dedicata agli altri: dai senzatetto ai sinti, dai migranti, alle famiglie in difficoltà.
Era nato in Istria, a Fiume: la sua famiglia si era trasferita poi a Brescia e di lì a Mestre, dove aveva conosciuto la moglie, Maria Gabriella.Impiegato di banca, arriva in Trentino dopo l'assunzione all'allora Cassa di risparmio, a Rovereto. Poi, dieci anni da direttore di filiale a Mezzolombardo. È in quegli anni, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, che il suo impegno nel sociale - radicato in lui da sempre, fin dagli anni nella Gioventù francescana a Mestre - che Bruno decide di poter e dover fare di più e inizia a dare vita a veri e propri articolati progetti a favore delle fasce più deboli.
A ricordarlo è Giampiero Girardi, direttore dell'ufficio Servizio civile della Provincia che da tanti anni collaborava con Masé: «Mi telefonò una sera, era la metà degli anni Ottanta, per invitarmi ad andare a dormire nel riparo per i senzatetto allestito contro l'emergenza freddo: era stato allestito in via Papiria, dove adesso trova spazio il teatro Portland: venti, venticinque posti letto dove ora c'è la platea. Avevo cominciato così».
Anche l'attuale presidente di Trentino Solidale, Giorgio Casagranda, ricorda come fosse stato un invito di Masè ad aprirgli le porte di un mondo fino a quel momento poco conosciuto: «Ci incontrammo in città, era il maggio del 2010: "Verresti a darmi una mano un'ora al giorno? Sto lavorando a un progetto contro lo spreco alimentare". Qualche giorno dopo ci fu l'assemblea di Trentino Solidale, entrai che non conoscevo nulla di quella realtà e uscii che ero vicepresidente. Tra l'altro allora la presidente era Francesca Ferrari, che ci ha lasciato da poco. Avevamo iniziato grazie agli spazi che ci mettevano a disposizione i padri Venturini, con pochi volontari e un lavoro di consegna dei prodotti che ci davano i supermercati che coinvolgeva ancora pochi ambiti: i senzatetto della ex Sloi, la Bonomelli, le famiglie in difficoltà che ci segnalavano i parroci o che ci venivano segnalate grazie al passaparola».
«Veniva dal mondo del credito - ricorda ancora Girardi - e lo prendevo sempre in giro bonariamente definendolo un businessman della solidarietà. Perché lui avviava i progetti, poi li affidava ad altri. Non per disamore, anzi: perché sapeva fidarsi di chi aveva attorno e perché si buttava anima e cuore in un progetto nuovo. Proprio come un uomo d'affari che crea qualcosa, la porta al massimo e poi si dedica ad altro, ricominciando da capo. È stata una figura fondamentale per il mondo della solidarietà e del sociale del Trentino».
Tra i suoi progetti più recenti, quello dei corridoi umanitari e della messa a disposizione di locali per profughi. A Caderzone, centro della Rendena che aveva dato i natali ai suoi avi prima che la famiglia si trasferisse in Istria, Bruno Masè aveva messo a disposizione un suo appartamento a titolo gratuito, con la moglie Maria Gabriella - attiva nel riuso di mobili usati a favore dei meno fortunati - che l'aveva arredato e i volontari dell'Operazione Mato Grosso che l'avevano dipinto. Un progetto che era valso a Masè e a Caderzone tutta il Premio solidarietà 2018 della Fondazione trentina per il volontariato sociale.
«Ma Bruno non amava la ribalta, era modesto», ricorda commossa la moglie: «Faceva, senza amare apparire».Assieme a Maria Gabriella Masè lascia le figlie Chiara e Anna.