I dubbi su un alibi riaprono il caso dell'omicidio di via Poma
Una nuova inchiesta dopo la denuncia dei familiari della ragazza che fu uccisa a Roma quasi 32 anni fa: torna nel mirino degli investigatori una persona già all'epoca fu sospettata in quello che per lungo tempo fu uno dei casi di cronaca nera più discussi in Italia
ROMA. Muove i primissimi passi la nuova indagine della Procura di Roma sull'omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto del 1990 in via Poma.
Il procedimento è stato avviato alla luce di un esposto presentato nelle scorse settimane dai familiari della ragazza.
Il fascicolo in una prima fase è stato aperto come modello 45, ossia senza indagati o ipotesi dei reato ma poi è stato incardinato per omicidio volontario contro ignoti. L'attività istruttoria, in base a quanto si apprende, sarebbe ancora in una fase embrionale ma i pm hanno già affidato la delega alle forze dell'ordine per effettuare una serie di accertamenti.
Per chi indaga è prematuro parlare di "svolta" ma le nuove indagini riguarderebbero un sospettato che già all'epoca dei fatti finì nel mirino degli investigatori.
Il suo alibi, a distanza di oltre trent'anni, potrebbe essere smentito da nuovi elementi che verranno raccolti dai magistrati per cercare di dare una identità a chi quel pomeriggio si accanì sul corpo di Simonetta.
Nei giorni scorsi l'allora dirigente della Squadra Mobile, Antonio Del Greco, ha affermato di essere stato ascoltato dagli inquirenti che avrebbero proceduto alla convocazione anche di altri testimoni.
Non è escluso che gli inquirenti possano in questa prima fase analizzare una serie di documenti già presenti nei procedimenti avviati negli anni per verificare, in particolare, la posizione di alcuni soggetti che vennero lambiti dalle indagini.
Sull'omicidio della ventenne romana la parola fine sembrava essere arrivata nel febbraio del 2014 con la decisione della Cassazione che confermò l'assoluzione, dopo la condanna a 24 anni in primo grado, dell'ex fidanzato, Raniero Busco. Contro di lui non furono trovate prove in grado di accusarlo "oltre ogni ragionevole dubbio" di essere l'assassino.
L'attività dei pm romani potrebbe viaggiare in parallelo con quella di una commissione parlamentare di inchiesta. La proposta di legge per la sua istituzione era stata depositata dal deputato del Pd, Roberto Morassut, il 29 giugno dello scorso anno, ben prima quindi del nuovo sviluppo giudiziario, e dovrebbe essere messa all'ordine dei lavori il prossimo mese.
"La commissione parlamentare d'inchiesta è uno strumento parlamentare che non sostituisce il ruolo della magistratura inquirente - spiega Morassut - che può decidere sulla base delle più opportune valutazioni se riaprire o no una certa inchiesta. Quello della Cesaroni è un caso irrisolto, un femminicidio che ha inciso sulla memoria popolare e nazionale. In un certo senso è un risvolto dei vari lati sommersi della vita repubblicana. Vedremo il tempo che avremo a disposizione anche in relazione ai pochi mesi residui della legislatura".