Exip poll in Olanda: il voto europeo frena la destra nazionalista, avanti socialisti e verdi
Le urne che nei Paesi Bassi hanno sorriso soltanto a metà allo xenofobo ed euroscettico Geert Wilders, incapace di bissare l'exploit centrato soltanto sette mesi fa alle elezioni nazionali. Il laburista Frans Timmermans lancia le forze progressiste di tutto il continente, incoraggiandole a "ripartire da qui"
BRUXELLES. L'Europa "è viva" e la vittoria della galassia sovranista potrebbe non essere così "scontata". Il giorno dopo gli exit poll che hanno concesso il vantaggio all'alleanza olandese Laburisti-Verdi sull'estrema destra, il suo leader Frans Timmermans lancia all'arrembaggio le forze progressiste di tutto il continente, incoraggiandole a "ripartire da qui".
Dalle urne che nei Paesi Bassi hanno sorriso soltanto a metà al rivale xenofobo ed euroscettico Geert Wilders, dato nettamente in ascesa all'Eurocamera ma incapace di bissare l'exploit centrato soltanto sette mesi fa alle elezioni nazionali. Una tendenza che coinvolge l'intero arco di destra olandese - dai liberali di Mark Rutte ai populisti guidati da Thierry Baudet - e che i partiti europeisti si augurano abbia una portata continentale.
Gli applausi di sollievo rossoverdi subito dopo gli exit poll olandesi hanno quasi sovrastato il canto di vittoria del Trump olandese. Il suo Pvv, ha rivendicato lo stesso Wilders anche all'indomani degli exit poll, è il "vero vincitore" delle urne e potrebbe ottenere un pass da 7 seggi all'Eurocamera, dove era finora assente.
In termini percentuali però il sorpasso del ticket europeista ai suoi danni è ancora più evidente: l'accoppiata Frans Timmermans-Bas Eickhout sarebbe in testa con il 21,6% dei consensi (8 seggi), migliorando di quasi 6 punti percentuali il 15,7% ottenuto alle politiche. Una scalata inversamente proporzionale alla discesa di Wilders, che rispetto al trionfo di novembre potrebbe perdere il 6% dei suffragi, passando dal 23,6 al 17,7%.
Domenica si vedrà se l'Olanda è stata un caso unico oppure la spia di un recupero in zona Cesarini degli europeisti. Le incognite sugli esiti della maratona elettorale e le future alleanze restano comunque molte e, nell'attesa che i seggi aprano domenica i battenti anche in Francia, Marine Le Pen si tiene salda alla testa della marcia sovranista volando in tutti i sondaggi e tenendo viva l'idea di un futuro gruppo unico delle destre tra i banchi di Strasburgo. Il Rassemblement National è dato infatti al 33%, più del doppio della lista dei macroniani guidata da Valerie Hayer. L'avanzata della destra, oltre alla Francia, in Europa è comunque attesa in Belgio, Austria, Italia, Romania, Repubblica Ceca e Portogallo.
Non a caso sarà proprio Wilders sabato sera ad accompagnare in Belgio sul palco dell'ultimo comizio elettorale il gregario fiammingo Tom Van Grieken, leader degli indipendentisti del Vlaams Belang e definito da Politico "l'agente del caos" nel Paese che ospita le istituzioni comunitarie.
C'è tuttavia un dato che, negli equilibri della futura Eurocamera, va preso in considerazione: nonostante l'ondata sovranista, il Ppe si avvia ad essere nettamente il primo gruppo nell'emiciclo, seguito - stando ai sondaggi - dai Socialisti. Più instabile, invece, il terzo posto di Renew, tallonato da un lato dal gruppo Ecr - presieduto da FdI e dai polacchi del Pis - e dall'altro dal gruppo Id, dominato dai lepenisti. Nel Ppe, invece, potrebbe confluire il principale partito d'opposizione a Viktor Orban, gli ungheresi di Tisza guidato da Peter Magyar. La forza dei Popolari è una sicura sponda per le chance di Ursula von der Leyen di confermarsi alla guida della Commissione. "Sono convinta di avere il sostegno di molti leader. Mi conoscono e conoscono la mia esperienza", ha spiegato la Spitzenkandidatin tedesca a un gruppo di media europei a margine della sua tappa elettorale in Portogallo.
E, non a caso, ha invitato il Ppe a mostrarsi unito: "E' il primo mattone per costruire un'ampia coalizione per un'Europa forte", ha detto. Già, perché per l'Ursula-bis il principale pericolo all'Eurocamera resta quello dei franchi tiratori. Da lunedì, la presidente uscente comincerà i suoi colloqui informali non solo con i leader Ue ma anche con le singole delegazioni dei partiti nazionali. I negoziati, assicurano i Popolari, "partono dal centro e il dialogo sarà con i partiti pro-Europa, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto".
E la sensazione è che, pressata dai Socialisti e Liberali, von der Leyen usi un'interpretazione rigorosa di queste tre condizioni. Allontanando quindi l'ipotesi di una maggioranza allargata a destra.