Quelle gallerie sulla Luna scoperte dall'Università di Trento: «possibili basi per l'attività umana»
L’annuncio del professor Bruzzone sulla rivista Nature Astronomy: «Da tempo erano teorizzate, ma per la prima volte le abbiamo dimostrate, tramite i dati della sonda Lro della Nasa»
TRENTO. Prima prova diretta dell'esistenza sulla Luna dei cosiddetti tubi di lava, veri e propri canali sotterranei simili a grotte che potrebbero essere facilmente usati come basi delle future colonie umane. A confermarne l'esistenza è l'analisi guidata da Lorenzo Bruzzone dell'Università di Trento, su Nature Astronomy, basata sui dati di una sonda Lro della Nasa.
"Queste grotte sono teorizzate da oltre 50 anni, ma è la prima volta in assoluto che ne dimostriamo l'esistenza", ha detto Bruzzone. I tubi o tunnel di lava sono un particolare tipo di grotta che si può trovare in alcune zone della Terra, ad esempio alle Hawaii, e che sono una sorta di lunghe gallerie sotterranee prodotte dallo scorrimento della lava.
Si sospetta da tempo che formazioni geologiche simili esistano anche sulla Luna, dove in passato ci sono state molte eruzioni vulcaniche, ma identificarle è molto difficile.
FOTO Rappresentazione grafica - Artistic representation of the main discovery of the paper. A lunar pit on the Mare Tranquillitatis hides an accessible cave conduit tens of metres-long on the Moon's subsurface. The cave has been identified by analyzing radar images obtained by the Mini-RF instrument onboard the Lunar Reconnaissance Orbiter.
Credits: Elaboration of a photo of A. Romeo. LRO 3D model by NASA (Brian Kumanchik, Christian Lopez. NASA/JPL-Caltech), Earthrise photo captured on Taken on 24 December 1968, 16:40 UTC by Apollo 8 astronaut Bill Anders
Dai satelliti in passato sono stati identificati grandi 'buchi' nel terreno, possibili indizi di colte di tubi di lava crollate ma è difficile escludere che a produrre quei buchi siano stati invece altri eventi non connessi ai tubi ma semplici crolli del terreno.
A partire dal 2010 la sonda Lro dotata di uno strumento radar aveva raccolto dati della superficie lunare e ora, "anni dopo - ha aggiunto Bruzzone - abbiamo rianalizzato questi dati con complesse tecniche di elaborazione del segnale sviluppate recentemente e scoperto riflessi radar".
"La spiegazione più probabile per le nostre osservazioni è l'esistenza di un tubo di lava vuoto", ha aggiunto. Una scoperta importante soprattutto in vista dei programmi futuri di esplorazione perché canali di questo tipo risulterebbero degli ambienti ideali per future colonie, luoghi protetti dagli sbalzi termici, dalle radiazioni e dall'impatto di meteoriti.
Il condotto di lava svuotato permetterebbe l'accesso in profondità al sottosuolo lunare tramite un collasso chiamato Mare Tranquillitatis Pit, situato nell'omonimo mare basaltico. L'osservazione diretta è stata resa possibile sfruttando un'innovativa metodologia di elaborazione delle immagini radar sviluppata dagli autori dello studio. Tale metodologia ha la capacità unica di vedere attraverso l'oscurità ed è stata applicata ai dati radar acquisiti dal sensore radar Mini-RF attualmente in orbita intorno alla Luna. Riccardo Pozzobon, ricercatore in geologia planetaria al Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova ed esperto in telerilevamento satellitare di superfici planetarie e analoghi terrestri, ha fornito il supporto delle conoscenze geologiche di tali strutture vulcaniche e, in particolare, ha validato i dati ottenuti dal radar MiniRF in modo da ottenere una interpretazione geologica convincente. "Nella pratica, per avere la certezza di come fosse la geometria 3D del condotto sotterraneo visualizzata dal fascio radar obliquo di MiniRF, sono state effettuate delle simulazioni di osservazione radar utilizzando un modello 3D sintetico sulla base di conoscenze geologiche pregresse - dice Pozzobon -. È stato riprodotto il collasso verticale di Mare Tranquillitatis Pit anche sulla base di dati satellitari reali, la geometria della cavità sotterranea compreso il fondo, il soffitto, la loro rugosità e la distribuzione di massi all'interno. Nella simulazione tale modello è stato illuminato da un fascio radar calcolato con tecnica raytracing nel quale tutte le caratteristiche del modello 3D influenzano la risposta e intensità del segnale. L'interpretazione geologica si è quindi basata sui modelli 3D che nel simulatore fornivano un dato più vicino a quello realmente osservato da MiniRF e che erano i più geologicamente coerenti".
Foto in apertura: A view of the Moon. Credits: NASA's Goddard Space Flight Center