Mondo / Il caso

Brasile, processo sull'omicidio dell'attivista afrodiscendente Marielle Franco

La polizia federale conferma l'insabbiamento delle prime indagini sull'omicidio della consigliera municipale e e del suo autista, avvenuto a Rio de Janeiro il 14 marzo del 2018:: imputati un giudice e il fratello, un deputato e due poliziotti

TRENTO In scena "Meninas", nel segno delle lotte femminili ricordando Marielle Franco

BRASILIA. "Siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parliamo dei nostri luoghi di vita e di resistenza contro gli ordini e i soprusi che subiamo": è una citazione celebre dell'attivista e consigliera municipale brasiliana Marielle Franco, assassinata a Rio de Janeiro il 14 marzo del 2018 insieme al suo autista Anderson Gomes.

Ieri la Corte suprema del Brasile ha iniziato il processo sull'omicidio, un caso tragico, riaperto dopo l'insabbiamento delle prime indagini.

A giugno la Corte, infatti, accogliendo la denuncia della polizia federale, aveva dichiarato imputati il consigliere della Corte dei conti di Rio de Janeiro, Domingos Brazão, suo fratello Chiquinho, deputato federale, l'ex capo della Polizia civile di Rio de Janeiro, Rivaldo Barbosa, e il maggiore della Polizia militare Ronald Paulo de Alves Pereira.

Tutti loro per questo erano stati arrestati. Nelle udienze che si terranno fino a questo venerdì verranno ascoltati otto testimoni compresi i due ex agenti di polizia Ronnie Lessa, che ha confessato di essere stato l'esecutore del duplice omicidio e che nei mesi scorsi ha firmato un patteggiamento, ed Élcio de Queiroz, che guidava l'auto da cui sono stati esplosi i colpi.

Si arriva a processo solo dopo sei anni dai fatti perché, come ha confermato anche la Polizia federale in questi giorni, le indagini furono insabbiate proprio dall'ex capo della Polizia civile di Rio, Rivaldo Barbosa.

LA VICENDA

Nel marzo scorso la polizia federale brasiliana ha arrestato i fratelli Chiquinho e Domingos Brazão, sospettati di essere i mandanti dell'omicidio della consigliera comunale di Rio de Janeiro e attivista afrodiscendente, Marielle Franco, e del suo autista, Anderson Gomes, avvenuto il 14 marzo 2018.

Oltre a Chiquinho e Domingos, è finito in manette anche Rivaldo Barbosa, ex capo della polizia civile di Rio. Domingos è attuale consigliere della Corte dei conti dello Stato di Rio, mentre Chiquinho è deputato di Uniao Brasil, il principale partito di centrodestra brasiliano.

La motivazione del delitto, secondo gli inquirenti, sarebbe legata all'espansione territoriale delle 'milizie' (gruppi paramilitari formati da ex agenti di polizia corrotti) a Rio.

L'operazione è scattata dopo che la Corte suprema ha approvato il patteggiamento di Ronnie Lessa, un ex poliziotto in carcere dal 2019 come presunto autore materiale dell'omicidio.

Nella sua delazione, Lessa ha fatto i nomi dei Brazão, membri di una famiglia di politici considerata vicina alle milizie della Zona Ovest di Rio.

Da consigliera comunale per il Partito socialismo e libertà, Franco aveva spesso denunciato le attività illecite di questi gruppi criminali. 

Amnesty International, nel lanciare sei ani fa il primo appello per la verità sul delitto, ricordava che Marielle Franco era in prima linea anche nel denunciare gli abusi della polizia e le esecuzioni extragiudiziali, nel 2016 era stata eletta nel consiglio comunale di Rio de Janeiro.

"Come membro della Commissione statale per i diritti umani di Rio de Janeiro, Marielle ha lavorato instancabilmente per difendere i diritti delle donne nere, dei giovani nelle favelas, delle persone Lgbti e di altre comunità emarginate.

Due settimane prima del suo omicidio era stata relatrice per una commissione speciale che il consiglio comunale ha creato per monitorare l’intervento federale in corso a Rio de Janeiro e la militarizzazione della sicurezza pubblica.

Il suo omicidio è un altro esempio dei pericoli che i difensori dei diritti umani devono affrontare in Brasile", concludeva Amnesty.

Nel marzo scorso, pochi giorni prima delal svolta nelle indagini, il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, aveva promesso di continuare a lottare per assicurare alla giustizia i mandanti dell'omicidio. "Da sei anni lottiamo per ottenere giustizia per Marielle e Anderson e non abbiamo ancora avuto risposte. Da sei anni continuiamo a svegliarci tutti i giorni per onorare la sua memoria, per il nostro popolo e per tutto quello che ha rappresentato", aveva scritto Lula su X.

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