Caso Boccia, il ministro Sangiuliano va da Meloni ma non si dimette (per ora)
Il titolare della cultura è in bilico, oggi pomeriggio un'ora e mezza a palazzo Chigi dalla premier: "Mai un euro del ministero per viaggi e soggiorni della dottoressa Maria Rosaria Boccia che, rispetto all'organizzazione del G7 Cultura, non ha mai avuto accesso a documenti di natura riservata". Ma la "consigliera fantasma" replica tutto il contrario e le opposizioni chiedono le dimissioni del membro del governo
IL CASO La consulente "mancata" smentisce il ministro Sangiuliano pubblicando foto di documenti
ROMA. Nessun euro dei soldi dello Stato speso, "neanche per un caffè", per la mancata consigliera ai Grandi Eventi del ministero della Cultura. E nessun pericoloso accesso della dottoressa Maria Rosaria Boccia a documenti di natura riservata, tantomeno quelli relativi all'organizzazione del G7 Cultura. Gennaro Sangiuliano resiste. Per ora. Chiamato a palazzo Chigi dalla premier Meloni, conferma la sua versione dei fatti, messa nero su bianco in una lettera inviata a La Stampa. In cui si definisce vittima di una "innegabile tempesta mediatica" in cui, lamenta, "si fa fatica a distinguere autentiche fake news dai fatti reali".
Resiste al pressing di Maria Rosaria Boccia, la donna che rivendica la promessa non mantenuta e che ha osato sfidare non solo l'ira del ministro ma pure della presidente del Consiglio, bacchettata per non averle neppure dato l'onore della citazione: "questa persona ha un nome, un cognome e un titolo". Dopo aver smentito già ieri, a stretto giro, le affermazioni di Sangiuliano riportate da Meloni in tv, oggi torna a scagliarsi contro quelle che definisce "una toppa peggio del buco". E rincara a tal punto la dose delle sue accuse da far immaginare come inevitabili le dimissioni del ministro. C'è la questione del possibile danno erariale e Boccia, in uno dei suoi diluvi social di prima mattina, accusa: "Io non ho mai pagato nulla, mi è sempre stato detto che il ministero rimborsava le spese dei consiglieri tanto che tutti i viaggi sono sempre stati organizzati dal Capo segreteria del ministro".
E alle affermazioni di Sangiuliano sul fatto che lei non abbia mai preso parte alle riunioni operative sul G7, allude: "Quindi non abbiamo mai fatto riunioni operative? Sopralluoghi? Non ci siamo mai scambiati informazioni?". Ma soprattutto lancia un avvertimento. "Siamo sicuri che la nomina non ci sia stata? A me la voce che chiedeva di strappare la nomina sembrava femminile... la riascoltiamo insieme?". Boccia non spiega, lascia in sospeso il warning.
Secondo indiscrezioni riportate da Dagospia, la voce femminile che avrebbe chiesto di strappare la nomina sarebbe quella della moglie del ministro, giornalista della Rai.
Il post di Boccia sembra indicare che sarebbe in possesso della registrazione. Ma quelle dell'imprenditrice di Pompei sono accuse che meritano un nuovo chiarimento tra la premier e il ministro: convocato a palazzo Chigi, Sangiuliano ne esce dopo un'ora e mezza e poi detta un comunicato ufficiale in cui ribadisce "la verità delle mie affermazioni" sull'inesistenza di circostanze che potrebbero prefigurare il danno erariale e mettere a repentaglio la sicurezza del G7 della Cultura che, intanto, nel dubbio, potrebbe vedere saltare l'evento clou del raduno: la visita agli scavi archeologici di Pompei sembra destinata a saltare, concentrando la kermesse a Napoli.
Dall'opposizione, intanto, continuano a fioccare le richieste di chiarimenti con interrogazioni che portino la stessa premier, o il ministro, a riferire al più presto in Parlamento. "è una vicenda grave che disonora le istituzioni", sottolinea dal Pd Irene Manzi, ipotizzando "un probabile ricatto" ai danni di Sangiuliano.
Avs chiede, tra l'altro, di chiarire se la donna "abbia usufruito della auto blu e perché il ministro Sangiuliano abbia richiesto a luglio il cambio scorta senza dare spiegazioni".
Ma alcuni degli organizzatori degli eventi a cui Sangiuliano e Boccia hanno partecipato insieme affermano o di aver offerto il soggiorno o, come nel caso del Taobuk di Taormina, certificano che Boccia "ha provveduto personalmente al pagamento del viaggio e dell'albergo".
Nella sua lettera di spiegazioni Sangiuliano ammette anche di aver dato indicazioni ai suoi uffici di avviare l'istruttoria per la nomina di Boccia a consigliera ma di aver poi deciso di recedere "accogliendo alcune perplessità del Gabinetto sulla possibilità, ancorché meramente potenziale, di situazioni di conflitto di interesse". E "quando li avrebbe riscontrati? Durante le vacanze estive? Sotto l'ombrellone ha verificato i miei potenziali conflitti di interesse? E soprattutto quali sono?", chiede Boccia. E forse non solo lei.
Di fronte all'insistenza con cui il ministro ha ribadito le proprie verità, per ora è congelata la richiesta di dimissioni. Ma in ambienti dell'esecutivo si parla anche di una sorta di 'commissariamento' a tempo con il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari chiamato a vigilare sul ministro in bilico.
Resta al suo posto almeno fino al G7, ormai dietro l'angolo. Poi potrebbe arrivare l'avvicendamento. Dal Quirinale è stata smentita la voce di una telefonata sul caso Sangiuliano fra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Meloni.
Ciò che è ormai chiaro, però, è che se nei prossimi mesi dovessero cambiare tre ministri, servirebbe una nuova fiducia in Parlamento. Un'ipotesi che non si può escludere, considerando che su Daniela Santanchè (Turismo) pende una richiesta di rinvio a giudizio, e Raffaele Fitto (Affari europei) è destinato a Bruxelles. Un rimpasto porterebbe a dover gestire le inevitabili richieste degli alleati.
Con cui intanto Meloni deve sbrogliare il nodo nomine Rai. Lo stallo ora è legato alle opposizioni: chiedono un presidente di garanzia o non garantiscono i voti necessari a votare i membri del Cda in commissione di Vigilanza. La premier - che sarà alla Camera per la riunione dell'esecutivo di FdI - starebbe gestendo in prima persona la trattativa con il Pd, si racconta in ambienti del centrodestra. Si valutano anche alternative a Simona Agnes, candidata alla presidenza in quota FI, finora stoppata dalle opposizioni non per il suo profilo ma per il metodo con cui è stata scelta. In caso di accordo su un altro manager, Meloni dovrà fare i conti con il malumore di FI, e in quest'ottica si sta già ipotizzando un confronto di maggioranza lunedì prossimo.
Senza tutti gli incastri, slitterà il voto di Camera e Senato sui membri del cda, ora previsto il 12 settembre. Giampaolo Rossi continua invece a essere considerato blindato nella casella di amministratore delegato, anche se la premier avrebbe preferito Gian Marco Chiocci - gira voce in ambienti parlamentari - attuale direttore del Tg1, il cui futuro da settimane è al centro di voci contrastanti.