Trump contro l'Europa: «Vuole fregarci, ora dazi al 25%». La Ue: «Difenderemo i nostri cittadini»
Nuovo affondo senza ritegno del presidente americano che annuncia barriere doganali ad hoc e afferma addirittura che l'Unione europea fu fondata «per fregarci». Dura reazione della commisisone Ue: «Reagiremo fermamente per proteggere aziende, lavoratori e consumatori europei dai dazi ingiustificati». Orsini (Confindustria): un'ora buia della storia, impatto non solo commerciale, qui si rischia la tenuta economica e sociale, è un attacco alle imprese e al lavoro
ROMA - La scure di Donald Trump si abbatte sull'Europa. "Abbiamo deciso: imporremo dazi al 25% sulle auto e altre cose", ha annunciato il presidente americano durante il primo consiglio dei ministri della sua nuova amministrazione in cui è andato in scena lo show di Elon Musk incentrato sui tagli alla spesa pubblica.
E La Ue fa sapere che "reagirà fermamente e immediatamente" ai dazi. Inoltre, "reagirà contro le barriere ingiustificate al commercio libero ed equo..." e "proteggerà sempre le aziende, i lavoratori e i consumatori europei dai dazi ingiustificati". Lo afferma un portavoce della commissione europea in risposta a quando dichiarato dal presidente degli Stati Uniti.
"È un'ora buia", commenta il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. "È un cambio di paradigma, inaspettato e incredibile quello che arriva dagli Stati Uniti. La minaccia non è quella di un impatto solo sulle dinamiche commerciali. La verità è ben più drammatica: qui si rischia la tenuta economica e sociale di molti Stati dell'Unione e dell'Unione stessa".
Per il leader degli industriali "quello che arriva dalla leadership americana è un attacco alle imprese e al lavoro europei. Il vero obiettivo è la deindustrializzazione del nostro continente, e quindi dei suoi livelli occupazionali". Servono "misure straordinarie per un momento straordinario".
"A rischio - prosegue il presidente di Confindustria - sono i valori fondanti delle democrazie occidentali cui ci vantiamo di appartenere: il patto sociale tra impresa e lavoro. Dobbiamo pensare seriamente -avverte -a misure straordinarie per un momento straordinario".
Alla luce delle notizie che vengono da Washington, "l'Europa deve cambiare marcia: il tempo è finito - dice ancora Orsini - i provvedimenti che sono stati annunciati oggi a Bruxelles non bastano".
"Voglio citare tre linee di azione nette: sburocratizzazione, meno norme; in seconda istanza: il Clean Industrial Deal deve essere un patto per la crescita, non per la decrescita. Stop a multe e a dazi autoimposti sulla manifattura europea. In terzo luogo, serve, ed invochiamo dallo scorso anno, un piano industriale per la crescita economica e sociale europea".
I dettagli della stangata all'Europa non sono ancora chiari. "Saranno annunciati a breve", ha precisato Trump, avvertendo anche Canada e Messico che sui dazi "non intende fermarsi". Per i due Paesi vicini degli Stati Uniti scatteranno il 2 aprile. L'Ue, ha spiegato The Donald, "è un caso diverso. Siamo onesti: è stata formata per fregarci e hanno fatto un buon lavoro in questo, ma ora ci sono io alla presidenza".
Pur ribadendo il suo "amore" per i Paesi europei, Trump ha denunciato un deficit commerciale eccessivo pari a 300 miliardi di dollari e osservato come una loro ritorsione potrebbe non avere successo. "Possono provarci ma noi - ha minacciato - possiamo non comprare più e se accade questo vinciamo". L'affondo di Trump contro l'Ue è arrivato durante la prima riunione del presidente con i suoi ministri, apertasi con un preghiera.
Trump: "L'Unione europea è stata creata per fregare gli Stati Uniti"
Il tycoon ha quindi preso la parola ed elencato tutti i risultati raggiunti durante il primo mese di presidenza, inclusi quelli sui migranti illegali, per i quali oltre alle deportazioni è ora prevista, "per motivi di sicurezza", l'iscrizione a un registro nazionale accompagnata dalle impronte digitali.
Il primo e l'unico a prendere la parola oltre a Trump è stato Musk, volto del Dipartimento per l'efficienza del governo di cui però non è ufficialmente alla guida. La leader, ha chiarito la Casa Bianca, è ufficialmente Amy Gleason, mentre Musk è solo "un dipendente speciale" dell'amministrazione. Il miliardario, non eletto e non confermato dal Senato, ha comunque partecipato alla riunione di governo in virtù del ruolo al Doge, e ovviamente non solo di quello.
Il presidente lo ha difeso a spada tratta dalle critiche, pur riconoscendo che alcuni ministri "sono un po' in disaccordo" con il suo primo alleato. Musk ha esordito illustrando l'operato e la missione del Doge nel tentativo di allentare le polemiche scatenate dalla sua mail ai 2,3 milioni di dipendenti pubblici per chiedere spiegazioni sul loro lavoro.
"L'obiettivo è affrontare il deficit. Se non lo facciamo, gli Stati Uniti andranno in bancarotta", ha avvertito senza giri di parole il first buddy, sottolineando che l'obiettivo è risparmiare quattro miliardi di dollari al giorno. Una cifra da centrare con i tagli, anche del personale. Si inserisce in questa cura dimagrante shock la richiesta inviata dalla Casa Bianca alle agenzie governative di prepararsi a significative riduzioni dei dipendenti con piani di riorganizzazione da presentare entro il 13 marzo. I tagli - è specificato nella comunicazione inviata - scatteranno in estate e consentiranno, secondo le stime che circolano nel governo, importanti risparmi. Per sanare i conti pubblici Trump ha deciso anche il lancio dei visti d'oro: costeranno cinque milioni di dollari ognuno e porteranno "nel nostro Paese i ricchi, che investiranno e pagheranno le tasse qui". Le gold card - "delle green card plus che aprono la strada alla cittadinanza" - saranno disponibili in due settimane e, secondo il presidente, saranno acquistate anche dalle aziende americane che vogliono assumere lavoratori stranieri.
"Penso che ne venderemo molte", si è detto fiducioso Trump. Il ricavato delle vendite contribuirà a ripianare il debito pubblico, destinato ulteriormente a schizzare nel caso in cui il Congresso approvasse il maxi-taglio delle tasse caro al presidente.
La Camera è riuscita in extremis, e con soli due voti di scarto, ad approvare il budget che prevede riduzioni delle imposte per 4.500 miliardi e della spesa per 2.000 miliardi in dieci anni, gettando così le basi per l'adozione dell'agenda Trump. Ora il testo della Camera dovrà essere riconciliato con quello del Senato e dovranno essere definiti i programmi da tagliare.
Nel mirino dei repubblicani ci sono quelli di assistenza sanitaria e di welfare. Trump ha assicurato che il Medicare e il Social Security non
Con la delegazione Usa che avrebbe rimandato al mittente l'idea di un comunicato finale contenente riferimenti al cambiamento climatico e al concetto di "inclusione". Mancano i ministri di Giappone, India, Brasile, Messico, Canada - questi ultimi probabilmente alle prese con i dazi Usa del 25% in arrivo il 4 marzo - e soprattutto della Cina, il destinatario numero uno dell'offensiva protezionistica americana che ha varato dazi al 10% per Pechino e ora minaccia anche Unione europea. Assente anche Valdis Dombrovskis, commissario Ue agli Affari economici. Ognuno ha impegni a casa propria, certo. Ma il segnale, chiaro, è che la discordia è ai massimi e il dossier della 'coercizione economica', che sembra essere la cifra del nuovo ordine mondiale, è nelle mani dei capi di governo. Molti dei quali si stanno ancora riprendendo dallo shock dopo la decisione di Trump di votare all'Onu con la Russia contro l'integrità territoriale dell'Ucraina.
saranno toccati, augurandosi allo stesso tempo che il Congresso renda permanente la sforbiciata alle tasse. Un'operazione che, se riuscisse, consentirebbe a Trump di entrare nella storia come il presidente più amico dei contribuenti americani.
I dazi paralizzano il G20 che un quindicennio fa aveva rilanciato la cooperazione per uscire dalla grande crisi finanziaria, mettendo a rischio anche il comunicato congiunto finale.
E dal vertice dei ministri delle Finanze e banchieri centrali in Sudafrica arriva l'allarme: "il protezionismo, le barriere al commercio e l'incertezza politica minacciano la crescita e le catene del valore globali, aumentando i costi di produzione e l'inflazione e indebolendo la resilienza economica", avverte il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Al G20 finanze di Città del Capo, il primo sotto il nuovo 'ordine mondiale' con cui la presidenza Trump punta a scardinare la cooperazione multilaterale, era nelle cose che ci fossero alcune assenze.
Ma quel che emerge è una spaccatura del principale luogo di confronto globale fra le economie avanzate e i Paesi emergenti. Proprio quando "l'economia globale affronta una crescita lenta", come sottolinea Giorgetti, con i rischio del debito record del cambiamento climatico e della demografia aggravati "dall'invasione russa dell'Ucraina" e dalle "crescenti tensioni geopolitiche e commerciali". Come G20 "dobbiamo continuare a monitorare i rischi economici e i cambiamenti strutturali, promuovendo il dialogo su questi temi in linea con le priorità proposte dalla presidenza". "La cooperazione multilaterale è l'unica speranza di superare sfide senza precedenti", dice il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. A Città del Capo c'è l'Italia col ministro dell'Economia e il governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta (RPT Fabio Panetta). Ci sono diversi Paesi europei e le banche centrali, inclusa la Fed col presidente Jay Powell e la Bce con la presidente Christine Lagarde accompagnata da Piero Cipollone. Ma pesano di più le assenze: quella del segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, rimasto a Washington come la scorsa settimana aveva fatto il segretario di Stato Marco Rubio per "non sprecare soldi dei contribuenti o coccolare l'antiamericanismo".
Con la delegazione Usa che avrebbe rimandato al mittente l'idea di un comunicato finale contenente riferimenti al cambiamento climatico e al concetto di "inclusione".
Mancano i ministri di Giappone, India, Brasile, Messico, Canada - questi ultimi probabilmente alle prese con i dazi Usa del 25% in arrivo il 4 marzo - e soprattutto della Cina, il destinatario numero uno dell'offensiva protezionistica americana che ha varato dazi al 10% per Pechino e ora minaccia anche Unione europea. Assente anche Valdis Dombrovskis, commissario Ue agli Affari economici. Ognuno ha impegni a casa propria, certo.
Ma il segnale, chiaro, è che la discordia è ai massimi e il dossier della 'coercizione economica', che sembra essere la cifra del nuovo ordine mondiale, è nelle mani dei capi di governo. Molti dei quali si stanno ancora riprendendo dallo shock dopo la decisione di Trump di votare all'Onu con la Russia contro l'integrità territoriale dell'Ucraina.