Veneto

Elena Cecchettin: «Questa sentenza segna un terribile precedente»

La sorella della giovane Giulia, uccisa dall'ex Filippo Turetta, commenta le motivazioni dei giudici: «Se non iniziamo a prendere sul serio la questione, tutto ciò che è stato detto su Giulia che doveva essere l'ultima sono solo parole al vento». L'eurodeputata del Pd Alessandra Moretti: «Secondo i magistrati le 75 coltellate inferte da Filippo Turetta a Giulia Cecchettin non si configurano come un atto di crudeltà ma solo come un gesto inconsulto dovuto all'inesperienza. Quando ci troviamo di fronte a simili sentenze, oltre al sentimento di totale sgomento, prevale la necessità urgente di sconfiggere la cultura del patriarcato, promuovere l'autodeterminazione delle donne in ogni ambito delle nostre vite»

VENEZIA - "Una sentenza simile, con motivazioni simili in un momento storico come quello in cui stiamo vivendo, non solo è pericolosa, ma segna un terribile precedente". Lo afferma in una 'storia' su Instagram , Elena Cecchettin, sorella di Giulia, a proposito delle motivazioni della condanna di Filippo Turetta.

"Se non iniziamo a prendere sul serio la questione - prosegue - tutto ciò che è stato detto su Giulia che doveva essere l'ultima sono solo parole al vento".

Interviene anche l'eurodeputata del Pd Alessandra Moretti: «Secondo i magistrati le 75 coltellate inferte da Filippo Turetta a Giulia Cecchettin non si configurano come un atto di crudeltà ma solo come un gesto inconsulto dovuto all'inesperienza. Inesperienza che solleva il femminicida dall'aggravante dell'efferatezza del delitto atroce di cui si è reso colpevole .

E che pure , come dimostrano le carte processuali, ha premeditato in ogni dettaglio il delitto, che è giunto dopo un lungo periodo di sopraffazione a cui la povera Giulia ha tentato di ribellarsi con l'unica arma che aveva : il riscatto della propria libertà. Una libertà che Turetta non accettava e che lo ha fatto rivoltare come una bestia , con 75 coltellate.

Quando ci troviamo di fronte a simili sentenze, oltre al sentimento di totale sgomento , prevale la necessità urgente di sconfiggere la cultura del patriarcato, promuovere l'autodeterminazione delle donne in ogni ambito delle nostre vite. A partire dalle scuole. Altrimenti continueremo ad assistere a femmincidi e a seconde vittimizzazioni come si configura questa sentenza», scrive Moretti in un post sui social.

LA SENTENZA

Secondo i giudici, Turetta non sopportava l'autonomia di Giulia Cecchettin e l'ha colpita con 75 coltellate, in un crescendo di violenza che è durato "complessivamente 20 minuti" nei quali la ragazza ha avuto tutto il tempo di capire che stava morendo. Però quella di Filippo Turetta non si può definire crudeltà, ossia "un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima", ma "conseguenza della inesperienza e della inabilità".

Le 143 pagine di motivazioni con cui i giudici della Corte d'Assise di Venezia hanno condannato all'ergastolo Filippo Turetta - reo confesso dell'omicidio della ex fidanzata poi gettata in un dirupo in Friuli, l'11 novembre 2023 - scatenano l'indignazione, bipartisan, della politica. Dalla Lega a Forza Italia fino a Avs e M5s. "Non possiamo che restare basiti" afferma la leghista Laura Ravetto, "inaccettabile" attaccano le parlamentari cinquestelle in Commissione d'inchiesta sul femminicidio, mentre Laura Zanella parla di una "lunga notte da dover sopportare" se 75 coltellate non sono crudeltà e la vice presidente del Senato Licia Ronzulli accusa i magistrati di "infierire" contro Gino Cecchettin. E a spiegare cosa non vada nella sentenza è proprio la presidente della Commissione Martina Semenzato.

"Nel corso delle numerose audizioni è emerso che l'overkilling, ovvero il numero spropositato di colpi, è una modalità esecutiva tipica del femminicidio" che, dunque, "impone un ripensamento dell'attuale modalità di giudizio". "Per noi non finisce qui, anzi la battaglia inizia qua, nel senso che iniziano tutte una serie di considerazioni che non si limitano solo a questo processo, anche nel rispetto delle altre vittime" sono le parole del legale della famiglia Cecchettin. Nell'escludere la crudeltà i giudici hanno seguito un orientamento giurisprudenziale consolidato, in particolare riconducibile a una sentenza del 2015 della Corte di Cassazione. L'aggravante sussiste quando, indipendentemente dal numero dei colpi, si manifesta la volontà di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive rispetto a quelle relative all'azione omicidiaria.

"La mera reiterazione dei colpi inferti - è la lettura della cassazione - non può determinare la sussistenza dell'aggravante...se tale azione non eccede i limiti connaturali rispetto all'evento preso di mira e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza, fine a sé stessa". Dei tre capi di accusa - omicidio aggravato dalla premeditazione, la crudeltà e lo stalking - solo il primo è stato accolto dai giudici, che hanno però respinto le attenuanti aprendo inevitabilmente alla pena dell'ergastolo.

Questo per "l'efferatezza dell'azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l'imputato non accettava l'autonomia anche delle più banali scelte di vita". L'esclusione della crudeltà è stato comunque uno dei punti più controversi della sentenza letta dal presidente Stefano Manduzio.

Le motivazioni redatte dal giudice a latere Francesca Zancan, sottolineano che la dinamica dell'omicidio di Giulia non permette di "desumere con certezza" che Turetta volesse "infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive". Il 22enne avrebbe continuato a colpire fino a quando si è reso conto che Giulia "non c'era più", lo ha detto anche in aula. Ha dichiarato di essersi fermato "quando si è reso conto che aveva colpito l'occhio: 'mi ha fatto troppa impressione', ha dichiarato". Turetta ha comunque mantenuto "lucidità e razionalità" dopo aver ucciso Giulia, con la "chiara e innegabile volontà di nascondere il corpo in modo, quantomeno, da ritardarne il ritrovamento".

Poi c'è "la scelta del luogo in cui abbandonare il cadavere" e "le modalità in cui il corpo è stato lasciato". Da qui la premeditazione. E c'è l'atteggiamento dell'omicida che "ha confessato in parte e ha anche mentito" ammettendolo in aula, e ancora dalle intercettazioni in carcere dei colloqui con i genitori da cui "si evince chiaramente come egli fosse a conoscenza del fatto che vi era molto altro a suo carico" ma non lo ha riferito.

Anche lo stalking viene respinto dalla Corte perché "l'aggravante contestata è espressamente circoscritta al periodo 'in prossimità e a seguito del termine della relazione intrattenuta'". Ma pesa anche il fatto che il padre della vittima, Gino Cecchettin, dopo la scomparsa della figlia e prima ancora di avere elementi sulla sua sorte, aveva riferito di "non aver percepito alcun disagio in Giulia".