La prostituzionee il business degli affitti

di Renzo Moser

 Dopo aver avviato una crociata contro la prostituzione in strada, il sindaco di Verona Flavio Tosi tenta di colpire anche la professione in appartamento, con un'ordinanza che ne vieterà l'esercizio anche in alloggi privati. Si tratta di un provvedimento per ora solo annunciato, ma che ha già sollevato più di un dubbio.
Innanzitutto sulla sua legittimità: la prostituzione in sé non è vietata dalla legge, che colpisce invece lo sfruttamento. In secondo luogo, val la pena di ricordare che il disegno di legge Maroni-Carfagna, approvato dal consiglio dei ministri lo scorso settembre, va in direzione opposta: introduce infatti il reato di esercizio della prostituzione in strada e, più in generale, in luogo pubblico, con sanzioni per clienti e prostitute (arresto da 5 a 15 giorni e ammenda da 200 fino a 3.000 euro), indirizzando di fatto il mestiere più antico del mondo verso luoghi chiusi. Con effetti facilmente prevedibili, tanto per cominciare, sul mercato immobiliare. Ma dei risvolti economici del fenomeno della prostituzione spesso si preferisce non parlare.
Eppure, l'Italia è uno dei più importanti tra i cosiddetti “paesi ospiti” del traffico dello sfruttamento sessuale, con il 5 per cento del totale. E per avere un'idea della ripartizione di questa attività, possiamo considerare le circa 2.600 delle donne ammesse dall’Iom (International Organization for Migration) al programma di assistenza tra il 2000 e il 2006, un 50% circa risulta “impiegato” nel segmento medio alto costituito da bar, night-club e servizi di escort, mentre l'altro 50% comprende essenzialmente strada e appartamenti.
Ma allora, perché non guardare un po' più in là? Basta dare uno sguardo sui giornali di annunci trentini per scoprire che ci sono veri e propri distretti del sesso a pagamento in alcune zone della città e dei centri maggiori della provincia. Perché si affittano così tanti alloggi a una o più prostitute? Forse perché sono le uniche in grado di reggere un canone altissimo, fuori mercato, e non accessibile a una famiglia? Forse perché è il modo più redditizio per gestire una proprietà immobiliare? Chissà che effetto avrebbe la creazione di un albo, trasparente e pubblico, dei locatori del settore.

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