La vergogna di Alitaliasul conto degli italiani

di Renzo Moser

«Spero che finisca la dissennata trattativa sui destini di Alitalia con Air France,
durata sei mesi senza neppure sospendere il titolo in Borsa. Un atto di
incompetenza totale e assoluta». Così si esprimeva, qualche mese fa, in aprile, Silvio Berlusconi in merito alla trattativa per la cessione di Alitalia alla compagnia francese. Di lì a poco avrebbe vinto le elezioni e avrebbe quindi indirizzato la vicenda su binari più graditi. Sono passati circa dieci mesi, e ieri il cda di Alitalia ha accettato l’offerta di Air France, che per il 25% del capitale della società pagherà 322 milioni di euro. Dunque siamo partiti da Air France e siamo arrivati ad Air France. Nel mezzo, però, uno dei più grandi scandali della seconda repubblica. Questi dieci mesi, infatti, ci sono costati, come ha rilevato Tito Boeri, quasi lo 0,3 per cento di pil e 7.000 posti di lavoro. Non solo Alitalia, in questi 300 giorni ha continuato ad accumulare perdite (circa un milione di euro al giorno), ma rispetto all’ipotesi iniziale è stata divisa in due: la cosiddetta bad company, con quasi tre miliardi di debiti nel cassetto, e rimasta ovviamente in mano pubblica, e una società «buona», ceduta a quei «coraggiosi» imprenditori che si sono «sacrificati» per garantire l’italianità della compagnia, salvo poi tornare, e di corsa, nelle braccia dei francesi, perché altrimenti di aerei ne sarebbero decollati pochi. «Patrioti», secondo il Cav. Sul conto anche i 7.000 posti di lavoro in meno nella nuova compagnia rispetto all'offerta iniziale di Air France. Anche questi a carico dei contribuenti, naturalmente, per un conto di circa 4 miliardi di euro. Che, come ha calcolato Andrea Boitani su «lavoce.info», equivalgono a 333.333 sussidi di disoccupazione da 1.00 euro al mese per un anno. Complimenti.

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