Obama: è la storia
Barack Obama ha giurato ed è ora ufficialmente il nuovo presidente americano. La cerimonia è stata carica di simbologie, segni, linguaggi, gesti, retorica che comunque non poteva non essere di forte impatto emotivo. Ma è chiaro che a dare il segno di un passaggio epocale è stato lui, Obama. Leggi il discorso di Barack Obama
Barack Obama ha giurato ed è ora ufficialmente il nuovo presidente americano. La cerimonia è stata carica di simbologie, segni, linguaggi, gesti, retorica che comunque non poteva non essere di forte impatto emotivo. Ma è chiaro che a dare il segno di un passaggio epocale è stato lui, Obama.
I mass media che in genere sono conformisti, hanno esaltato il personaggio, i suoi valori, la sua forza. Poi lo distruggeranno ai primi segni di sbandamento. Ma questo non intacca questo passaggio epocale. Forse suonerà un po' retorico, ma questo è stato: chi, grazie alla televisione, ha assistito alla cerimonia di insediamento, ha visto un pezzetto di storia, una di quelle giornate che entreranno nell'immaginario collettivo e nei libri di storia dei prossimi decenni. Non voglio qui ripetere quello che già altri hanno scritto, sul grande cambiamento che significa vedere un afroamericano alla guida della più potente nazione del mondo. Racconterò però che ho avuto un brivido lungo la schiena e gli occhi lucidi nel vedere uomini, donne, bambini di colore giurare con la mano sul cuore simultaneamente a Obama. Persone, umanità, figli di un'America che ha segnato una delle pagine più dolorose della storia, con lo schiavismo e oggi ha visto uno dei suoi figli salire al comando.
Come non commuoversi nel vedere questo uomo, di una eleganza innata, come ce l'hanno questi uomini di colore, che chiedeva di giurare sulla stessa Bibbia su cui ha giurato Abramo Lincoln, l'uomo che lo schiavismo ha spezzato. Salvo aggiungere pochi minuti dopo che gli Stati Uniti erano un grande paese che aveva cristiani, musulmani, indu e anche “non credenti”, omaggiando gli atei per la prima volta all'interno del discorso di un presidente americano.
Peccato che le televisioni siano elettrodomestici che vengono usati da chi vuole indottrinare, perché nessuna televisione ha raccontato cosa ha significato il cambio epocale: milioni di americani che fischiavano i Bush e il loro mastino da guerra Cheney e gli dicevano “bye bye, non tornate più” e chiedevano la fine della guerra. Come non vedere tutta la simbologia di Cheney che se ne deve andare su una sedia a rotelle perché si è fatto male nel fare trasloco l'ultimo giorno. Quel Cheney che ha scientemente inventato le bugie sulle armi di distruzione di massa. Questo le tv non ce l'hanno raccontato, perché ai cantori di regime serve solo l'uso strumentale della retorica e non la bellezza dei simboli che ispirano la retorica.
Per cui aspettiamo. Non crediamo che Obama abbia in mano la bacchetta magica. No. Ma l'attesa messianica che ha scatenato, lo spirito di emulazione, il senso ritrovato di una comunità, il rispetto per gli altri, il dovere dell'impegno civile, sono valori che non sono monetizzabili ma che indurranno risvegli non da poco nella società americana. Basti pensare che l'altro giorno, nel Martin Luther King day, dopo che Obama ha invitato tutti a fare volontariato, si calcola che quattro o cinquecentomila persone si siano presentate in varie sedi a offrire il loro tempo per la Nazione, per i poveri, per gli emerginati. Ecco, questa cosa l'ha sintetizzata bene lui: si chiama speranza. Si chiama solidarietà. Si chiama diritto alla felicità per tutti. Non che tutti l'avremo, ma che tutti possiamo aspirare ad averla.
Sì, è stata una pagina di storia.