No alla galera per i giornalisti
La Camera dei deputati sta discutendo un disegno di legge sulle intercettazioni che, se approvato, cancellerà di fatto il diritto di cronaca, in particolare di quella giudiziaria.
Si propongono multe agli editori che pubblicano le intercettazioni, carcere per i giornalisti, divieto di pubblicare nome e foto dei magistrati che seguono le indagini. Norme che riportano il diritto di cronaca al Medioevo. Di fatto sarà impossibile scrivere di un processo prima che questo sia alla fine.
Cari lettori scordatevi i bei tempi in cui i giornali vi segnalavano problemi di allarme sociale. Lettori di destra e di sinistra, comunque la pensiate, non saprete più se ci saranno stupri, se qualche politico avrà preso mazzette, se il governatore di Bankitalia Fazio aggiustava i rapporti sui disastri bancari, se qualcuno tenta l’assalto ai giornali, alle banche, se Parmalat truffava i risparmiatori o, più modestamente, se qualche spacciatore è stato arrestato in piazza Dante. E forse nemmeno la polizia riuscirà più ad arrestarli gli spacciatori, con lo stop ai magistrati sull’utilizzo delle intercettazioni.
Qualcuno forse potrà sorridere, ma il problema è grave e serio, perché viene minato il principio del diritto di cronaca, che significa il diritto fondamentale per i cittadini all’informazione. Con l’aggravante del carcere per i giornalisti che è ormai una misura che appartiene soltanto ai Paesi dittatoriali.
C’è un che di schizofrenico in queste misure. Da un lato si invocano misure durissime e inasprimento delle pene per reati che creano allarme sociale. Dall’altro si vuole impedire ai magistrati di fare bene il loro lavoro e ai giornalisti di informare.
Ieri editori e giornalisti insieme, la Fieg e la Fnsi, hanno chiesto al Parlamento di fermarsi. Ma gli appelli generici non bastano più. Per questo faccio un appello preciso. Giacomo Santini ripete ogni volta di essere un giornalista «vero», prima ancora che parlamentare. Ce lo dimostri. Pubblicamente si schieri contro questa proposta. Un suo cenno, una sua parola, valgono più di mille petizioni. È un senatore di maggioranza, per di più ascoltato dal premier Silvio Berlusconi. E quel che più conta, rispettato, perché in diverse occasioni ha dimostrato di avere una testa e di non essere un semplice «berluscones». Manifesti il suo voto contrario, ricordi di avere in tasca la tessera di giornalista professionista. Altrimenti dimostrerà anche lui di essere convinto che i giornali non hanno una funzione sociale, ma servono solo a incartare il pesce.
Stanno passando troppi progetti che vogliono impedire ai giornalisti di fare il loro mestiere. Troppi stanno strumentalizzando a loro piacimento la «privacy» per fare passare pesanti censure alla libertà di informazione. Le norme attuali già tutelano i cittadini, non servono repressioni ulteriori. E dobbiamo anche dire tutta la verità: ma quale privacy è stata davvero violata? A chi sostiene che la pubblicazione delle intercettazioni ha leso la privacy, chiedo: quanti casi clamorosi vi ricordate? Non ve ne viene in mente nessuno. Ma ve ne suggerisco due: quello che riguarda un rapporto personalissimo della figlia di Necci, anni fa, intercettata con Pacini Battaglia e quello di un sms di Anna Falchi a suo marito Ricucci. In tutti gli altri casi stiamo parlando di pubblicazioni di intercettazioni che riguardavano vicende e personaggi pubblici di cui era giusto che i cittadini sapessero. Altre violazioni i giornali non ne hanno fatte.
E invece ci ritroveremo con il paradosso per il quale persone come Renato Farina, radiato dall'Ordine dei giornalisti per avere, lui sì, violato le norme deontologiche, voterà da deputato una norma che impedirà ai suoi (ex) colleghi di lavorare. Non male: un personaggio come l'ex - o attuale - agente Betulla oggi deputato, che anni fa da giornalista, per conto dei servizi segreti spiava i magistrati, voterà una legge per impedire ai giornalisti di dare informazioni sulle malefatte anche dei politici.
Credo che i direttori delle testate, a cominciare da questa regione, dovrebbero prendere in seria considerazione l’idea di una protesta forte, uscendo con intere pagine bianche o minuti di silenzio in tv, per denunciare la vera e propria illegalità che il Parlamento sta consumando nei confronti di uno dei pilastri della democrazia. Perché dove c’è un’informazione monca, è monca la democrazia.
E allora dimostriamolo con le pagine bianche e il silenzio, perché se così vogliono ridurci si sappia che i giornalisti italiani, nonostante i morti, hanno resistito agli assalti del terrorismo e della mafia e sapranno resistere anche a questo.