Il caso Fininvest-Cir Dalla mano invisibilealle mani sporche e nascoste
Le cose si possono leggere e interpretare in tanti modi, soprattutto quando di mezzo c’è la politica e soprattutto in un contesto così esacerbato come quello italiano. Le inchieste vengono sempre avviate su mandato di qualcuno, le sentenze sono emesse a orologeria, i complotti di presunti grandi vecchi (il «Gran Visir dei poteri forti», per dirla con Calderoli), sono dietro l’angolo...
Ma, nel caso della sentenza civile del Tribunale di Milano, che condanna la Fininvest di Silvio Berlusconi a pagare un risarcimento di 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, siamo più fortunati del solito. In questo caso così complesso, infatti, ci sono dei punti fermi. Uno, in particolare. Nel 2007, dopo una sentenza in Appello, una in Cassazione e un nuovo processo d’Appello, i giudici condannarono Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico per corruzione relativamente al lodo Mondadori. Insomma: in quella vicenda, a decidere non furono giudici imparziali, ma giudici corrotti e manager corruttori, non fu la mano invisibile del mercato, ma furono mani parecchio sporche, che non erano invisibili ma che cercarono di rimanere nascoste. Senza riuscirci, per fortuna. La sentenza civile di risarcimento è una conseguenza naturale di quel fatto.
Ribaltare tutto solo per interessi di parte (politica, per alcuni, finanziaria per gli azionisti Fininvest), accusando i giudici di trame eversive e richiamandosi a un giudizio sovrano della piazza, può essere molto, ma molto pericoloso.