E Berlusconi adesso è nelle sabbie mobili

Il solo modo per uscirne è dare le dimissioni, ma questo farebbe nascere un governo trasversale con l'impegno di riformare la legge elettorale. E il premier dovrebbe dire addio al processo breve e al legittimo impedimento. La sua strategia di chiedere le dimissioni di Fini da presidente della Camera sono solo una distrazione mediatica, perché non cambia il nocciolo del problema: anche se Fini lascia lo scranno di Montecitorio il suo governo è finito.

di Fabrizio Franchi

Ma pensa, chi l'avrebbe mai detto: il Berlusca è nelle sabbie mobili. E' impantanato. E più si muove, più affonda. Ormai non può fare altro che stare fermo. Gianfranco Fini altro che cerino gli ha lasciato in mano: una torcia incandescente. Il premier è in una situazione irrisolvibile. Anzi può risolversi - e si risolverà - nell'unico modo che lui non vuole: con la caduta del suo governo. 

Gianfranco Fini ha scelto la strada più sottile, lacerante e devastante per Berlusconi. Poteva farlo crollare d'un colpo, togliendogli i voti, facendogli mancare la fiducia con i suoi futuristi di Fli. Invece no, lo sta rosolando pian piano. Lo sta facendo affondare. Perché ormai la situazione si è chiarita sotto gli occhi di tutti. Berlusconi non può, costituzionalmente, chiudere le Camere e mandare gli italiani al voto, chiedendo un plebiscito, che peraltro non può più ambire ad avere. Non può più nemmeno pensare di sostituire i finiani con l'Udc. I centristi annusano il vento che è si è girato e non andranno certo a fare la stampella. Senza considerare che Bossi non li vuole. 
Dunque il punto è uno e uno solo: si esce da questo pantano solo con la salita al Colle di Berlusconi, con le sue dimissioni in mano.  A quel punto Napolitano aprirà le consultazioni e - sorpresa - troverà che c'è una maggioranza transitoria e trasversale pronta fare un governo di sei mesi per fare due cose: isolare Berlusconi e cambiare la legge elettorale, con un sistema più aperto e non maggioritario. 
Ma non succederà Per ora no. E' Berlusconi a non volerlo, perché se dovesse succedere dovrà dire addio al legittimo impedimento, addio al processo breve, addio alla legge sulle intercettazioni. Ma se non lo farà, lascerà passare altri giorni utili per Fini e per le opposizioni. 
E' per questo che Berlusconi ha spostato il tiro mediatico, aiutato dai suoi cantastorie, con in testa il Tg1, su una questione marginale come quella delle dimissioni di Fini da presidente della Camera. Oltre a non essere previste dalle norme, le dimissioni non cambierebbero di una virgola il problema. Che forse, via Fini da presidente, lui riacquista forza? No, questo è un piccolo inganno mediatico che non cambia nulla. Non cambia il nocciolo del problema: la rottura a destra è avvenuta, Berlusconi non ha più un governo. Semmai, i vari Minzolini Feltri Belpietro, megafoni del Pdl, dovrebbero chiedersi come è possibile che diecimila persone a Mirabello - diecimila persone di destra - si siano sentite più leggere - e libere - dopo la rottura con il Cavaliere. Come se si fossero liberate di un peso. Ecco, forse, ci sarebbe da chiedersi perché queste persone - che vanno verso l'ignoto - siano felici a sentire il comizio di un uomo che addita in Berlusconi l'uomo nero della politica italiana. Ed è una rottura irrimediabile, basta leggere la stampa e le pubblicazioni dell'area finiana per capirlo. 
Su questo bisogna ragionare. Chi continua a ripetere la litania del "tradimento" di Fini esorcizza il problema, ma diventa un mantra che non permette di capire lo stato delle cose. E soprattutto pensa che la politica sia "riconoscenza", proprio perché crede che la politica sia un supermercato.

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