Una imbarazzante pagina di giornalismo: la morte di Sara Scazzi annunciata alla madre in diretta tv
Sara Scazzi dunque è stata uccisa. Uccisa da uno zio di cui si fidava. La ragione era in famiglia. A conferma dei tristi dati sugli omicidi di donne, i femminicidi. Quando una donna viene uccisa, ci dicono i dati Istat, tre volte su quattro il responsabile è nell'ambito famigliare.
Ma quello su cui vorrei interrogarmi è sul ruolo e sulla funzione dei giornalisti dopo quello che è successo a "Chi l'ha visto?", la trasmissione di Rai3 che, nella sera stessa in cui Michele Misseri stava confessando l'omicidio, stava effettuando un lunghissimo collegamento proprio dalla casa dello zio, dove si erano ritrovati i parenti con in testa la madre di Sara.
Ecco, vedere la faccia impietrita di Concetta Serrano, ricevere un pugno in faccia, com'era la notizia della morte della figlia in diretta tv, è stato terribile. Terribile e imbarazzante per chi fa questo mestiere. E' stata la prevalenza delle ragioni pubblicitarie e di audience sulla decenza, sul rispetto, sulla dignità.
Si poteva interrompere il collegamento prima, senza farlo vedere alle telecamere e, una volta interrotto, senza più la presenza della madre, dare la notizia. Si poteva evitare quell'indugiare sul volto di una madre impietrita. Ci si poteva risparmiare quella finta commozione e vicinanza della conduttrice, Federica Sciarelli, che dopo un lungo collegamento, dopo aver fatto passare quella violenza e quella emozione, chiede a Concetta Serrano se desiderava uscire da quella casa. Era la casa dello zio, assassino reo confesso. Sua figlia probabilmente era stata in quella stanza pochi istanti prima di morire, nella casa di un cognato. Cosa poteva desiderare d'altro, se non andarsene e in fretta da quel luogo? La conduttrice invece compie un atto di solidarietà pelosa, che le serve solo per scansare le sue responsabilità o quelle del programma e della rete.
Non si dica che era la diretta tv che costringeva a questo. Perché in studio arrivavano le notizie di agenzia che la famiglia non vedeva e quindi non sapeva, non poteva sapere. La madre ha ricevuto lo choc in diretta tv perché si è voluto dare lo choc in diretta tv, perché l'audience ha le sue regole e perché oggi su tutti i tg passa il filmato impietoso di questa scena che non si sarebbe mai dovuta vedere. Non solo, i giornalisti sono persone informate e sulle notizie sanno cose che fino a quando non sono pubblicate i cittadini non possono sapere. I giornalisti sapevano, infatti, fin dalla mattina di mercoledì che lo zio Michele Misseri, insieme alla moglie e a una figlia (cugina di Sara) erano stati portati a Taranto nella caserma dei carabinieri per un interrogatorio. Interrogatorio che al momento della trasmissione era ancora in corso, con brutte notizie che filtravano dai corridoi della caserma. Invece i giornalisti della Rai hanno ignorato cosa stava succedendo e hanno allestito il set nella casa degli orrori, portando lì la madre nelle stanze dell'omicida (sempre che si accerti che sia stato davvero lui e non ci siano altre complicità, peraltro molto possibili) e facendo montare la suspense. Ma quello non era un film dell'orrore, era una storia reale.
E' vero, la si è guardata. Tanti l'hanno voluta vedere, perché a volte gli uomini (e le donne) perdono la loro umanità e diventano morbosi. I delitti e le storie torbide toccano tante corde dentro di noi e ci saranno sempre molti di noi che immortaleranno i morti con i telefonini o si accalcheranno per assistere a una tragedia. Ma questo non vuol dire nulla, perché i giornalisti hanno responsabilità deontologiche superiori e non possono giocare con i sentimenti e la dignità delle persone e devono pensare sempre un attimo prima a quale sarà il punto di caduta delle loro azioni. Nel caso di Sara Scazzi e di sua madre questa accortezza non c'è stata.
E il dramma è che dopo tutto questo la trasmissione salirà negli indici Auditel.