F.P.: Franco presente

di Guido Pasqualini

panizzaL’ASSESSORE OVUNQUE.
Gli Schützen sono in festa? Lui c’è. Suona una banda? Lui c’è. Si esibisce un coro? Lui c’è. C’è la premiazione di una gara sportiva? Lui c’è. Si inaugura una mostra o una fiera? Lui c’è. Lo confessiamo: «l’assessore ovunque» Franco Panizza ci sta simpatico. Per questo nei suoi confronti non riusciamo ad essere imparziali. Non possiamo pertanto credere che ci sia il suo zampino nella previsione di punteggi aggiuntivi agli organizzatori di eventi culturali che invitino un rappresentante della Provincia alla conferenza stampa di presentazione o che in una pubblicità ringrazino Piazza Dante. Nei comunicati stampa emessi nel 2010 dalla Provincia autonoma l’esponente delle Stelle alpine è stato citato 125 volte. Riescono a tenere il passo soltanto il compagno di partito Ugo Rossi con 120 citazioni e Lia Beltrami Giovanazzi con 100. Per dire, il vicepresidente della giunta Alberto Pacher ha dovuto accontentarsi di 74 citazioni e Mauro Gilmozzi di 45. Insomma, Franco Panizza da Campodenno non ha bisogno né di questi aiutini né di inviti. Perché di un fatto si può star certi: lui c’è, sempre e comunque.

CAPACITÀ RELAZIONALE.
Di «manomissione delle parole» abbiamo scritto due settimane fa.  «Tutti - avverte nel suo saggio Gianrico Carofiglio - possiamo verificare, ogni giorno, che lo stato di salute delle parole è quanto meno preoccupante, la loro capacità di indicare con precisione cose e idee gravemente menomata. Le parole devono - dovrebbero - aderire alle cose, rispettarne la natura». Vale per il «caso Ruby» e Berlusconi ma vale anche per le pagelle. Accade, infatti, che da quest’anno i voti di condotta vengano variamente graduati, passando dal 6 al 10. Il 6 viene inflitto a chi in classe è più vivace, disturba, si intrattiene con i compagni, risponde ai professori, mentre il 10 viene riconosciuto a chi se ne sta buono e caro. Dov’è il problema? Nel fatto che la condotta in pagella viene definita «capacità relazionale». E chi ne può dimostrare più di quelli che chiacchierano, dialogano e intrattengono compagni e professori? È un paradosso, ce ne rendiamo conto, ma con questa definizione il 10 andrebbe assegnato a chi in aula fa lo show-man. Si torni allora alla cara vecchia «condotta». Perché le cose vanno chiamate con il loro nome.

CONTRARIO, A COSA?
Se siete in Germania e vi capita di camminare su un marciapiede e di avvicinarvi alle strisce pedonali, vedrete che le auto si fermeranno per lasciarvi passare. Ieri a Trento, nell’ambito della lodevole iniziativa «Multa al contrario», per un comportamento simile è stato premiato un autista di Trentino Trasporti. Pur vivendo in un’isola felice, questa è la fotografia dell’attuale divario di civiltà tra Italia e Germania. Forse la prossima edizione dell’iniziativa potrebbe venir chiamata «Paese al contrario».

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