L’auto conta più di un bebè
«Si contesta alla Signoria Vostra - si legge nella letteraspedita a ottomila famiglie italiane dal ministero dell’Economia - di averriscosso illecitamente il bonus bebè per aver sottoscritto e utilizzatoun’autocertificazione mendace al fine di percepire la suddetta somma… Sicomunica che di quanto sopra esposto, sarà fatta apposita segnalazione allaProcura della Repubblica»
I volti dei due giovani genitori che mi porgono la lettera appena ritirata alla posta, sono segnati dall’angoscia: forse sono troppo giovani e troppo presi dalla loro neonata, che ora dorme beatamente nella carrozzina tutta rosa, per considerare a mente fredda quanti dietro-front e quanti errori si siano susseguiti nella politica sociale del nostro paese. Mentre cerco di illustrare il concetto, capisco che il fatto di essere in migliaia ad aver ricevuto in questi giorni una lettera della pubblica amministrazione volta a contestare l’incasso dell’assegno, non li consola per niente. Le parole “sanzione”, ”Procura della Repubblica” contenute in questa missiva hanno colpito il bersaglio, e poco importa se il colpo arriva non già sulla testa di qualche manager pubblico esageratamente remunerato o di qualche parlamentare che ha percepito un’indennità di troppo, ma su quella di due ragazzi che hanno appena messo su famiglia. Una circostanza già, di per sé, eroica, dati i tempi: ora ci mancava anche la contestazione di un bonus già erogato!
Questo contributo era stato introdotto dalla Finanziaria del 2006, per ogni figlio nato o adottato nel 2005 o per ogni secondo o ulteriore figlio nato o adottato nel 2006. Un bonus dal sapore elettorale, annunciato con lettera a firma Silvio Berlusconi, il quale indicava anche con la massima cortesia, l’ufficio postale più vicino al destinatario, ove i felici genitori avrebbero potuto riscuotere la somma. La contestazione destinata ad infrangere l’idillio pubblicitario arriva dopo cinque anni: tanto ci ha messo l’agenzia delle Entrate ad effettuare le verifiche sul reddito indicato al momento della domanda (la famiglia del nuovo nato non doveva avere un “reddito complessivo” superiore ai 50.000 euro). Non essendo prevista alcuna mediazione del Caf, o di un professionista, molti genitori, forse distratti dai vagiti dei loro pargoli, hanno combinato qualche pasticcio: alcuni hanno indicato il reddito netto, altri il solo reddito da lavoro dipendente senza considerare l’abitazione principale, altri hanno incluso nel nucleo familiari non a carico.
La conseguenza è davvero pesante: trenta giorni per la restituzione dei mille euro di bonus, più la sanzione amministrativa pari al triplo di quanto percepito, ossia tremila euro (qualora il giudice penale accerti che c’è stata falsa autocertificazione). Inutile dire che cinque anni sono molti, forse troppi, per questa sorta di verifiche. Gli utenti potrebbero dunque invocare la prescrizione, ossia l’avvenuta decadenza quinquennale della pretesa restitutoria dell’amministrazione. A fronte di un “bonus” frettolosamente concesso, non studiato né ben illustrato alle famiglie, ed ora tardivamente rivendicato, vale senz’altro la pena di spedire una raccomandata alla Ragioneria che ha inviato la lettera, eccependo la prescrizione di quanto richiesto ben 5 anni dopo: questo non da la certezza della vittoria, ma può essere utile fare un tentativo.
Quanto ai 3.000 euro (per i quali, invece, non è invocabile analoga prescrizione), non vanno proprio pagati: a leggere bene il testo della lettera, si capisce infatti che solo dopo che si è instaurato un procedimento a carico di chi ha beneficiato indebitamente dei 1.000 euro e dopo che il giudice avrà, caso per caso, accertato la sua colpevolezza (al di là del semplice errore), il contribuente dovrà sborsare la sanzione. Ma, comunque, occorrerà difendersi con memorie, avvocati, accessi in cancelleria, produzione di documenti… Il tutto per aver avuto mille euro a bambino (in Francia, quasi la stessa cifra spetta mensilmente per il terzo figlio!). Istintivamente, il pensiero corre alle ottomila auto blu, che noi contribuiamo con le nostre tasse a far correre sulle strade italiane, a beneficio di politici vari, perfino dismessi. Ma l’auto, si sa, conta più di un bebè