Musica sul web: che nostalgia delle vecchie cassette

I nuovi fenomeni musicali nascono su YouTube, i live dei gruppi si trovano online, i cd si scaricano. Ma che nostalgia per i vecchi pub fumosi, per i concerti registrati su cassetta e per le notti in autostrada di ritorno da uno show

di Matteo Lunelli

Non so chi siano i Blind Fool Love e non ho ascoltato le loro canzoni. Ho letto però una loro intervista, nella quale il leader ad un certo punto afferma: «Internet ha sostituito i vecchi club dove i musicisti si facevano notare». Mi informo un po’: si tratta di una giovane band toscana, esplosa sul web a maggio e che grazie a YouTube è arrivata a farsi conoscere e a firmare un contratto con la Sony. Ma torniamo a quella frase dell’intervista. Se internet, infatti, rappresenta una grande possibilità (in ogni senso, ma in questo caso per quanto riguarda la musica), mi viene da ripensare nostalgicamente a qualche anno fa, ai tempi del liceo: le riviste musicali, le cassette, le compilation, i concerti in grandi stadi o in piccoli pub, le leggende nate con il passaparola.  

Ricordo una cassetta, avuta da un amico di un amico. Era il live in Rome dei Nirvana (22 febbraio 1994, Palaghiaccio). Qualità audio discutibile, per non dire pessima, ma, a quei tempi, una rarità. Penso a chi l’ha registrata, al ragazzo che aveva nello zaino un piccolo walkman e ha schiacciato «Rec» quando Kurt Cobain è salito sul palco. Poi una copia per l’amico, un’altra per il compagno di classe e così via, in una catena rock che ha portato il bootleg in ogni angolo d’Italia. Internet non esisteva, e così solo grazie al passaparola e a qualche recensione su riviste specializzate si poteva scoprire qualche particolare in più su quel concerto, sull’uscita di un nuovo album o sullo scioglimento di un gruppo.

Anche a livello locale funzionava così. Nello zaino tenevo, infatti, anche una cassetta degli Zoe. Un gruppo di Bolzano, un rock alla Sonic Youth, solo meno aggressivo e più poetico. Mi pare di ricordare che il chitarrista fosse stato fidanzato con la sorella della compagna di classe di un amico. Quando si sono lasciati i vari demo sono volati fuori dalla finestra e - non chiedetemi come - uno di questi è arrivato nel mio stereo. Anche così, grazie ad una storia d’amore interrotta, girava il rock.

Il web, troppo spesso, è sinonimo di pigrizia. Perché farsi 200 chilometri per andare a sentire un concerto quando il giorno dopo potrai avere scaletta, recensioni, fotografie, audio in buona qualità, video e pure la copertina da stampare? Certo, la passione spinge molte persone sia farsi i 200 chilometri sia, il giorno dopo, a «rivivere» lo show grazie a internet. Per quanto riguarda la musica, credo che il web possa essere uno strumento utilissimo per approfondire e per informarsi. Ma non l’unico.

Un gruppo, che sia emergente o affermato, va visto e giudicato live. I cd vanno comprati - magari a prezzi più accessibili degli attuali -, il successo non si misura in numero di click su YouTube o sulla pagina ufficiale in Facebook. Internet non sostituirà mai i vecchi club. Quelli dove si sente ancora l’odore di fumo, dove il barista ha sempre addosso la t-shirt di una band (e più sconosciuta è più figo è il barista), dove i volumi sono sempre regolati male e nelle prime canzoni il cantante fa segni con il pollice «Alza, alza». Quella poesia non verrà mai sostituita da YouTube.

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