Quelle bacchettate  per farsi rispettare

di Patrizia Todesco

Sfogliando il giornalino fatto dai ragazzi della scuola primaria che frequenta mio figlio mi è caduto l’occhio sul racconto di un bambino di circa 10 anni di origini marocchine che era rientrato per un breve periodo nel suo paese d’origine e per qualche giorno aveva frequentato la scuola lì. Il bambino racconta di aule con computer, di grandi lavagne e poi il discorso cade sulle punizioni.

 

Dice che ai bambini che disubbidiscono vengono date parecchie bacchettate sulle mani e che per le marachelle più grosse gli insegnanti passano direttamente a delle leggere scosse elettriche. Molto meglio in Italia - dice lui stesso - anche se i suoi compagni di classe ammettono che forse un po’ più di disciplina servirebbe anche da noi. Su come mantenere la disciplina in classe sono stati scritti parecchi manuali e sono note le difficoltà che gli insegnanti incontrano quotidianamente per farsi rispettare (a dire la verità le incontrano anche i genitori). Ma il problema è: posto che ovviamente nessun più tollerebbe più alcuna forma di violenza, quali sono le armi che oggi gli adulti hanno in mano per farsi ascoltare?

 

Tempo fa, con il mio piccolo, ho letto un libro molto carino che si intitola "Oggi il maestro sono io - L'incredibile storia del bambino che si trasformò in insegnante".  Una favola divertente per comprendere quanto a volte sia difficile essere grandi e fare i maestri. Una piccola goccia per insegnare che il rispetto parte anche dalla capacità di immedesimarsi nel ruolo dell'altro. Regola che vale anche per gli adulti nei confronti dei bambini e dei genitori nei confronti degli insegnati (e viceversa).

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