Emergenze, Wi-fi libero e amministrazioni pubbliche
Durante il terremoto internet è tornato a fare il mestiere per cui era nato: negli anni Sessanta, infatti, i servizi segreti americani lo crearono per avere un sistema di comunicazioni di back up e di emergenza. Ma per il wi-fi libero è necessaria una regolamentazione
Trasferire le chiamate su Skype, i messaggi su WhatsApp e le richieste d'aiuto su Twitter. Sono state queste le soluzioni 2.0 per affrontare l'emergenza terremoto. Fin dai primi minuti dopo la scossa, in rete è circolato un appello: «Usare il cellulare solo in caso di estrema necessità e ad aprire le reti wi-fi private».
In particolare aprire il wi-fi, rendendo quindi la propria connessione libera e accessibile a tutti, ha rappresentato una soluzione importante per alleggerire le reti telefoniche, andate ben presto in tilt a causa dei danni alle infrastrutture e del successivo sovraccarico dovuto alle numerose telefonate effettuate non solo per richiedere soccorso, ma anche per avere informazioni sulla situazione di amici e parenti.
In sostanza connettersi ad internet tramite device mobili ha permesso di liberare gran parte della banda occupata dal traffico dati sulle reti cellulari. L'appello, lanciato tra gli altri anche da Saviano (su Twitter) e Di Pietro (su Facebook) è stato accolto da tanti, sia privati cittadini che, con un paio di semplici operazioni, hanno tolto la password dal proprio wi-fi, sia dalla pubblica amministrazione, con molti comuni che hanno provveduto a rendere disponibile a tutti l'accesso al proprio sistema web.
In pratica internet è tornato a fare il mestiere per cui era nato: negli anni Sessanta, durante la Guerra Fredda, i servizi segreti americani lo crearono per avere un sistema di comunicazioni di back up e di emergenza, da usare nel momento in cui telefono, telegrafo e stazioni radio venissero messe in crisi o distrutte dal nemico.
L'idea del wi-fi libero, in situazioni di emergenza, rappresenta senza dubbio una possibilità e un segno di civiltà. Tuttavia, e in rete subito dopo la richiesta di apertura questa problematica è stata sollevata, resta il problema della sicurezza. La password del wi-fi, infatti, protegge la nostra identità digitale: se la togliamo, lasciamo che tutto ciò che vi transita sia visibile in chiaro da chiunque. E malintenzionati e sciacalli, purtroppo, sono sempre dietro l'angolo.
Chissà che questa emergenza non porti ad avere una regolamentazione in merito. Ovvero che non debbano essere i privati cittadini, sull'onda dell'emotività, ad aprire la propria rete, ma che le pubbliche amministrazioni, in caso di calamità, abbiano a disposizione una sorta di interruttore di riserva, libero e accessibile, da accendere e mettere a disposizione dei cittadini.