Vanno integrate nella città
Se le scelte di fondo siano state indovinate anche dal punto di vista urbanistico e funzionale è invece tutto da verificare
L' evento è tra quelli che danno un'impronta alla città. Anche tra qualche decennio Trento sarà la città del Muse e del quartiere di Renzo Piano. Il successo mediatico, insomma, è assicurato e lo era fin dall'inizio, da quando l'amministrazione comunale decise di affidarsi alla grande firma.
Se le scelte di fondo siano state indovinate anche dal punto di vista urbanistico e funzionale è invece tutto da verificare. I lati positivi della grande operazione fatta sull'ex Michelin sono evidenti. Con l'inaugurazione di ieri undici ettari fino a quindici anni fa ricoperti da capannoni industriali e ormai attorniati di case e palazzi tornano ad essere tessuto urbano.
Quasi la metà diventano parco, un grande polmone verde a ridosso del fiume. Il resto sarà un quartiere sicuramente non banale. Dalla penna dell'archistar sono uscite forme e colori ricchi di personalità, caratterizzate dalla presenza di materiali ricercati, legno e vetro innanzitutto. Le scelte possono piacere o meno e già hanno fatto discutere. Fa parte del gioco. Già nei mesi della realizzazione si sono sprecati commenti e critiche. Personalmente credo che occorra attendere che il disegno sia compiuto per intero per giudicare e parto dalla constatazione che raramente l'architetto genovese ha toppato nella sua carriera. Ciò non significa che sia infallibile ma merita certamente credito, fino a prova contraria.
Certo il presupposto oggettivo è che gli appartamenti avranno una densità notevole. Sarà anche un quartiere per vip, abbellito da corsi d'acqua, vialetti pedonali e corti interne, ma le palazzine sono numerose e vicine le une alle altre. È la conseguenza logica del fatto che l'ente pubblico non ha avuto il coraggio o la voglia o la forza di gestire in prima persona la partita immobiliare. Alla fine degli anni Novanta l'opzione dell'acquisto da parte di Tecnofin era stata messa sul tavolo, ma scartata dall'allora sindaco Lorenzo Dellai, che aveva gestito personalmente la partita coinvolgendo invece le forze economiche e imprenditoriali locali. Una gestione «para-pubblica» era stata definita, vista la presenza di società come la Sit e di istituti di credito con forti legami istituzionali. Ma un business di queste dimensioni richiede anche un ritorno e non a caso gli indici edilizi erano cresciuti in corso di programmazione. Oggi la proprietà si trova perciò, in un momento di crisi profonda del mercato immobiliare, a cercare di vendere tanti alloggi a prezzi impegnativi.
Non sarà semplice, anche perché questa volta è impensabile un intervento dell'Itea, come avvenuto in passato per grossi agglomerati rimasti invenduti. Ma alla fine gli abitanti arriveranno e il quartiere si animerà. Anche a costo di un abbassamento le pretese economiche.
La grande incognità però è fino a che punto Le Albere si integreranno con il centro storico e il resto della città. Il rischio che rimanga un corpo estraneo infatti è evidente. Il grande disegno urbanistico impostato da Joan Busquets è rimasto sulla carta. La proposta forte del consulente catalano era l'interramento della ferrovia e la realizzazione di un grande boulevard. Sarebbe stata l'opera in grado di ricucire una ferita aperta che divide la città in senso longitudinale e la sutura avrebbe dovuto partire proprio all'altezza dell'ex Michelin. Camminando lungo il boulevard Le Albere sarebbero state a un tiro di schioppo dal centro storico, senza soluzione di continuità. Invece non sarà così. Il boulevard e l'interramento rimangono solo sulle mappe, e in futuro potrebbero sparire anche dal piano regolatore. Opere troppo costose di questi tempi. E il rapporto del nuovo quartiere col centro deve passare forzatamente dal sottopasso pedonale aperto a tempo di record e dalla passeggiata in mezzo al cimitero, accanto al futuro forno crematorio. Non proprio l'ideale. Mentre gli altri due sottopassi sono ancora fermi al palo, bloccati da problemi tecnici e finanziari a palazzo Thun. Renzo Piano sul rapporto con la città aveva investito parecchio. Nei suoi primi sopralluoghi aveva passeggiato col cronometro in mano per calcolare le distanze. Poi aveva fatto fare uno studio su stili e colori del centro per cercare i giusti accostamenti. Resterà però quella pesante barriera fatta di binari, traversine e rumorosi convogli a impedire un vero amalgama.
L'altro obiettivo dichiarato ma che appare ancora lontano è il riaffaccio della città sul fiume. Si voleva recuperare un rapporto millenario con l'Adige, che da sempre scorreva sotto alle torri e lambiva le case con un'ampia insenatura. Era parte integrante di Trento finché, 150 anni fa, venne raddrizzato dagli austriaci diventandone un corpo avulso. Tornare a integrarlo non era operazione semplice ed oggi appare un tentativo sostanzialmente fallito. Fin da quando per problemi di leggi e regolamenti è stato stralciata dal progetto la previsione di un esercizio pubblico da realizzare nel punto in cui il parco Fratelli Michelin si affaccerà sulla riva sinistra. Non che avere un terrazzo con qualche tavolino sarebbe stato elemento decisivo e vero è che l'affaccio si farà egualmente. Lo ha realizzato l'ente pubblico a proprie spese, tra mille polemiche, mettendo sul piatto 10 milioni di euro per il tunnel di via Sanseverino e la parziale copertura dell'Adigetto. Ma non è abbastanza. Potrà essere un punto panoramico, meta di passeggiate di trentini e turisti, ma non di vero rapporto col fiume si potrà parlare finché non si farà qualcosa in più, magari un nuovo ponte ciclopedonale in asse su via Verdi collegato col futuro quartiere che sorgerà all'ex Italcementi, oppure, meglio ancora, rendendo pedonale il ponte di San Lorenzo in modo da estendere alla zona a traffico limitato anche la parte storica di Piedicastello. Tutti progetti di cui si parlava da tempo, legati anch'essi al disegno di Busquets, ma sui quali sembra essersi persa la tensione emotiva. Oggi sembra tutto riposto nel cassetto in attesa di tempi finanziariamente migliori.
E allora ben vengano Le Albere se serviranno a dare la scossa, se saranno volano economico, attrattiva turistica con il Muse e uno stimolo a rilanciare la discussione e le idee per una città sempre più bella e accogliente.