Il silenzio ambiguo degli intellettuali. La vicenda Esposito e la violenza
Preferisco evitare di scrivere di vicende che vedono coinvolte persone amiche. Ma in questo caso contravvengo alla regola, perché questa questione riguarda tutti ed è emblematico di certi dibattiti che avvengono in Italia.
Voglio parlare di Stefano Esposito, senatore torinese del Pd oggetto di minacce, che durano da anni, da parte del mondo antagonista legato ai No Tav. L’altro giorno, per l’ennesima volta, è stato minacciato, come il collega Massimo Numa, giornalista della Stampa, pedinato per anni.
Questa volta Esposito è stato minacciato in maniera un po’ più grave del solito: gli hanno lasciato tre bottiglie molotov sul pianerottolo di casa. Accanto allo zerbino.
Esposito si batte da anni perché venga fatta la Tav, la linea Torino-Lione attraverso la Valsusa. La ritiene un’opera indispensabile. Io ho qualche dubbio in più di lui, ma lui da anni studia la questione, ne vede le ricadute economiche, la ritiene un’opera indispensabile per modernizzare il Paese. Però non gli è permesso dirlo. Non gli è permesso spostarsi come un qualsiasi altro cittadino. L’anno scorso è andato a fare un dibattito in Val di Susa e lui, con tutti i partecipanti al dibattito, si è trovato assediato dentro l’edificio, con lanci di oggetti e insulti. Ora, Esposito si è stancato e pensa di lasciare la politica, ma non credo che lo farà. Anche se ha una moglie, ha dei figli e pensa a loro. A se stesso, non più di tanto. Lo conosco da quasi 30 anni. Lui era in prima fila anche da segretario torinese della Fgci, la gioventù comunista, negli anni ’80, quando l’estrema sinistra e i centri sociali in piazza cercavano di predominare o di prevaricare. Non ha mai avuto timori nemmeno nei momenti duri. Le sue ragioni le ha sempre espresse crudamente, ma ha anche sempre cercato di discutere. Con tutti. Ora, sulla Tav è solo. Non lo ammetterà mai, ma il Pd, partito sempre pronto a fingere di indignarsi per tante cose, sulle minacce a Esposito glissa, a parte qualche dichiarazione di circostanza. La verità è che molti hanno paura. Paura di ritorsioni, paura di minacce.
La paura però nasce anche dal clima che si crea attorno alle questioni. E qui sta il punto. Che ci sia qualche anarco insurrezionalista che pensa di poter fermare la Tav facendo un attentato a Esposito rientra nelle possibilità. La mente di certa gente è ormai entrata in un cortocircuito. Ma qui il punto vero è un altro. Ci sono fior fiore di intellettuali che stanno sostenendo le ragioni dei No Tav: Fiorella Mannoia, l’ex magistrato Livio Pepino, Marco Revelli, Caparezza, Erri de Luca, Luca Mercalli. Esposito ieri li ha presi di punta, senza peli sulla lingua. Ecco, il problema sta qui. Loro sono stati bravissimi a sostenere le ragioni dei No Tav, ma sulla violenza e sulle minacce nessuno di loro ha detto una parola. L’asceta, il pensoso, Erri De Luca, addirittura ha giustificato le violenze. E sulle minacce a Esposito e alla sua famiglia, nessuno ha aperto bocca. Tutti continueranno ad andare in tv, dal compito Fabio Fazio, a presentare il loro ultimo libro, la loro ultima opera a spiegarci come il mondo vada male, fornendoci le loro risposte. Però sulle violenze in val di Susa continueranno a obiettare: “sì, ma...” e come dice Stefano Esposito “No, ma un cazzo!", perché tutte le battaglie sono legittime, ma pedinare giornalisti e mettere molotov sotto casa di un esponente politico sono cose che ci ri portano indietro di decenni. E non ne sentiamo il bisogno. Qualche intellettuale, artista o pensatore della sinistra invece pensa di giocare ancora con le parole in modo ambiguo. Coltivando sulla violenza sulle persone un silenzio che non fa loro onore.