Circhi con animali, pessimo insegnamento
Animali al circo: perché no
Pare ormai abitudine consolidata, per la città di Trento, ospitare sul proprio territorio circhi che si avvalgono dell'utilizzo di animali selvatici ed esotici.
Si stima che siano più di 2.000, in Italia, gli animali detenuti senza il rispetto delle più basilari esigenze etologiche, biologiche, psichiche, nei circa 100 circhi operanti sul suolo nazionale ed estero.
Spazi angusti, spostamenti in container per centinaia di chilometri, esibizioni ridicolizzanti, hanno spinto diversi stati europei, tra cui Grecia, Cipro, Croazia, Regno Unito, ad introdurre proibizioni all'uso di animali nei circhi, mentre il nostro Paese si attiene ad una normativa vecchia di quasi 50 anni (Legge 18 marzo 1968, n.337, Art. 1) che, attraverso il Fus (Fondo Unico dello Spettacolo - Ministero dei Beni culturali), alimenta questa anacronistica, crudele e diseducativa industria.
Negli ultimi 5 anni, 30 milioni di euro di sovvenzioni pubbliche sono andate ai circhi finanziando, fra le altre, strutture con procedimenti penali in corso per maltrattamento e detenzione incompatibile di animali (Darix Togni, Circo Caroli, Circo Medrano, American Circus, Circo Aldo Martini, Circo Martin - Dati LAV 2015) e strutture condannate in via definitiva per i medesimi reati (Circo Città di Roma, Circo Folloni - Dati LAV 2015). Il denaro dei contribuenti così speso va contro la coscienza civica di un uso responsabile dei fondi pubblici e contro la maturata sensibilità del nostro Paese (il 68,3% degli italiani condanna tale spettacolo - Dati Eurispes 2015).
Quand'anche non fossero argomentazioni etiche ed economiche a stimolare una riflessione in merito, ve ne sono altre che meritano attenzione.
Il circo che prevede l'addestramento e la spettacolarizzazione di animali è emblematico della nostra tendenza a salvaguardare le tradizioni come fenomeni positivi in sé, anche quando dannose per uno sviluppo sano della società stessa.
Per un bambino, osservare la segregazione e l'esibizione innaturale di un animale non significa entrare in contatto col mondo degli animali ma assistere allo stravolgimento della natura degli stessi. Il bambino viene esposto ad una forma di prevaricazione violenta, dove il più «forte» si impone sul più ?debole' con metodi coercitivi, spesso brutali, che portano sottomissione e obbedienza. Il tutto associato ad un senso del divertimento che ostacola nei più piccoli lo sviluppo dell'empatia, impedisce di riconoscere i naturali segnali di paura e dolore e favorisce un atteggiamento di insensibilità nei confronti della sofferenza. La violenza assume qui le forme del piacere e dello svago e diviene mezzo applaudito per raggiungere i propri fini.
Vi è accordo unanime fra ricercatori, educatori, assistenti sociali e psicologi nel considerare ogni forma di violenza sugli animali tirocinio di crudeltà verso le persone e nell'individuare, come base essenziale per un'educazione alla non violenza, la promozione dell'empatia e del rispetto verso tutti gli esseri viventi.
L'augurio è quello di poter presto annoverare Trento fra le numerose città italiane che hanno scelto di non ospitare sul proprio territorio circhi che utilizzano animali, come chiaro segnale della volontà di sostituire all'apatia della tradizione, la consapevolezza del rispetto che è dovuto ad ogni essere vivente, uomo o animale che sia. Tutto ciò a beneficio, in primis, dei nostri bambini.
[Manuela Struffi è psicologa e psicoterapeuta]