Il pellet in Italia e Europa: numeri molto discordanti

Il pellet in Italia e Europa: numeri molto discordanti

di Eliseo Antonini

In un recente convegno a Taio (Trentino) un relatore ha riferito che la quantità di pellet consumata in Italia è stata (2013) di circa 3,3 milioni di tonnellate. Per il medesimo anno l’Istituto italiano di statistica (Istat) riporta invece un consumo di pellet di 1,5 milioni di tonnellate. Valori tra loro assai diversi. Lo scostamento è così elevato (+120%) che viene da chiedersi subito: chi «possiede» il valore più aderente alla realtà? Gli uffici statistici nazionali o i relatori ai convegni di settore? Se Istat ha un dato certo, perché si usano altri dati? Se il dato Istat non è certo, allora abbiamo un problema - come paese - nelle rilevazioni statistica dei diversi comparti. Si parlano, a scopo migliorativo, i due soggetti? Hanno interesse a farlo? Pare che non sia così.

E in Europa? Prendo spunto da un libro a firma dall’ingegner Giuseppe Recchi quando ricopriva il ruolo di Presidente di Eni, dal 2011 sino a metà aprile 2014, mese in cui è uscito un suo libro la cui prefazione gli «è stata regalata» da Sergio Romano, ex ambasciatore ed autorevole firma del Corriere della sera. Recchi ha una laurea in ingegneria al Politecnico di Torino, nell’azienda di famiglia ha gestito i grandi cantieri energetici internazionali, ha lavorato alla General Electric ed è stato professore a contratto (2004-2006) alla Facoltà di economia dell’Università di Torino. Dall’aprile del 2014 è stato nominato presidente di Telecom Italia.

A pagina 103 l’ex presidente di Eni scrive: «Nel 2012, il consumo europeo di pellet ammontava a 13 mila tonnellate ed è previsto che salga a 25-30 mila annue entro il 2020». Assai curioso: in Europa si consuma meno pellet di quello consumato in Italia. Oppure potrebbe essere che, come Italia, non siamo in Europa?

Un solo esempio che in ENI forse ignoravano. Il 26 giugno 2011 (molto prima quindi che Recchi iniziasse a scrivere il suo libro) l’azienda energetica tedesca RWE Innogy ha annunciato l’arrivo nel porto olandese di Dordrecht, dopo 14 giorni di mare, del primo carico di 23.000 tonnellate di pellet proveniente dalla Georgia (un solo carico di una nave aziendale supera l’ammontare di pellet che Recchi pensa sia il consumo annuo europeo...).
La verità dei numeri è però un’altra. Il consumo di pellet in Europa (2012), sommando il prevalente mercato termico e il mercato elettrico, è dell’ordine di 12 milioni di tonnellate, vale a dire mille volte superiore al quantitativo stimato da Recchi. Errore madornale dell’autore, dei suoi esperti o errore interessato? In ogni caso, Istat ha fornito anche la ripartizione regionale di consumo sia del pellet sia della legna da ardere a livello nazionale.

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Al nord si consuma meno legna da ardere
Se il consumo di pellet è pressoché omogeneo lungo la penisola italica con un minimo in Italia centrale, cresce invece il consumo di legna da ardere andando da nord verso sud (Istat 2013).

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Il Piano di Azione Nazionale (PAN) per le energie rinnovabili, settore termico: dati (ir)-realistici?
Il Piano è stato presentato alla Commissione europea nel giugno del 2010 e traccia (istogrammi grigi) l’andamento della produzione termica rinnovabile in Italia da varie fonti (biomasse e teleriscaldamento, pompe di calore, solare termico e geotermico). Le colonne arancioni invece rappresentano il contributo rispettivamente

1. dell’insieme delle fonti rinnovabili termiche e

2. delle sole biomasse legnose (colonne verdi) per l’anno 2012 e, in proiezione, al 2020 sulla base dei dati forniti dalle associazioni di settore. Una cosa appare subito evidente a ben guardare questi dati: già nel 2012 e forse anche prima, i dati del PAN erano già superati, non corrispondenti alla realtà. In Italia, pare quindi, si produce più energia termica rinnovabile verde di quanto si pensi e il traguardo del 2020, segnato dal PAN, è già stato superato da un paio di lustri. È possibile fare politiche di settore serie se la base dei dati con cui si analizza la realtà è così incerta, insicura e forse sbagliata? A chi conviene avere dati così poco chiari? Perché in Europa il governo italiano trasmette dati che sottostimano la buona performance del paese in questo settore? E le Associazioni di settore che dicono in concreto? Se il settore arranca rispetto agli obiettivi, servono gli incentivi. Questo è il refrain noto. Ma se invece il settore ha performance che vanno ben oltre le più rosee aspettative, allora... .

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