La carne fa bene, se non è troppa
La carne fa bene, se non è troppa
La notizia che la carne lavorata è cancerogena, diffusa lunedì da radio e televisioni, e ripresa ieri da tutti i quotidiani, ha destato preoccupazione in tutti noi. In seguito ad un accurato lavoro di revisione di più di 800 lavori scientifici, un gruppo di 22 ricercatori dell'Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori (IARC), facente capo all'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha decretato che le carni lavorate sono da considerare cancerogene, mentre per la carne rossa non c'è lo stesso grado di certezza. Con «carne lavorata» si intende la carne trasformata con processi di salatura, stagionatura, affumicatura o altro, atti a migliorarne il sapore o la conservazione.
Quindi, ricapitolando, la carne è cancerogena, la frutta e la verdura sono piene di pesticidi, i pesci contengono metalli pesanti: piombo, mercurio e arsenico, i polli sono allevati con antibiotici, le uova contengono diossina, la caseina, una proteina del latte è la proteina più cancerogena, l'esposizione al sole fa venire i tumori, l'aria è sempre più inquinata e così via! Nemmeno tapparsi in casa va bene perché ci sono dei tumori che hanno un'importante base genetica. Dovremmo respirare il meno possibile perché l'ossigeno è il più potente produttore di radicali liberi, noti agenti tumorali.
Al di là del sensazionalismo, credo che a questo punto sia necessario fare una riflessione per cercare di attribuire ad ogni fattore cancerogeno il giusto peso, altrimenti si corre il rischio di ingenerare panico nella gente, talvolta ingiustificato, e di incappare nell'effetto opposto di far perdere la motivazione a lottare contro i reali determinanti dei tumori. Potrebbe prevalere lo scoramento e la voglia di lasciarsi andare, dato che sembra che ogni cosa che facciamo faccia venire i tumori. I dati ufficiali restituiscono la giusta dimensione del problema. Per ogni tumore indotto da würstel e speck ce ne sono almeno 30 indotti dal fumo! Non possiamo paragonare la pericolosità di una sigaretta con quella di una fetta di lucanica. Secondo i dati riportati dal Global Burden of Disease Project dell'OMS, ogni anno al mondo si contano: 34.000 morti attribuibili al consumo eccessivo di carne lavorata 50.000 morti attribuibili al consumo eccessivo di carne rossa, 200.000 morti a causa dell'inquinamento, 600.000 morti a causa del consumo di alcol ed 1.000.000 di morti a causa del fumo!
Come potete leggere si parla sempre di «eccessivo consumo». Dobbiamo considerare che il consumo di carne degli italiani, si attesta sui 78 chili per persona all'anno, quasi 50 kg in meno che negli stati Uniti (125 chili pro-capite), mentre le nostre abitudini alimentari favoriscono maggiori consumi di frutta e verdura rispetto a qualsiasi altro paese occidentale. Secondo i dati raccolti dallo studio effettuato dall'OMS, è la quantità consumata di carne lavorata che davvero influenza le probabilità di sviluppare la malattia. Quindi non è una solo una questione di cosa mangiamo, ma soprattutto di quanto ne mangiamo. Oggi la l'Agenzia internazionale per la ricerca sui tumori propone di limitare il consumo di carne, partendo però dal dato dei 200-300 grammi alla settimana degli americani. Il dilemma sulla moralità di mangiare carne, spesso sostenuto anche dall'oncologo Veronesi, esula un po' dall'aspetto biologico. Se vogliamo che il nostro organismo non si ammali dobbiamo capire qual è il carburante giusto per farlo funzionare bene.
Nel corso dei 6 milioni di anni che hanno caratterizzato l'evoluzione della nostra specie il comportamento alimentare è sempre stato di tipo cacciatore-raccoglitore, ovvero l'uomo preistorico mangiava carne e cibi di origine vegetali che raccoglieva. Il 99,99% dei nostri geni si è evoluto prima che arrivasse l'agricoltura. In altri termini il carburante del nostro corpo era rappresentato da carne e vegetali raccolti e non da cereali o derivati del latte. Quindi oggi mi risulta difficile capire come un alimento così presente nella nostra evoluzione si sia trasformato in un potente agente cancerogeno.
Il messaggio che dobbiamo dare è che la carne rossa va consumata nella dovuta modalità, due volte a settimana al massimo, un paio di volte il pesce, una volta le uova e cercare di limitare ad un uso occasionale il consumo di carni lavorate come prosciutto, speck, e di salumi in genere. Non dimenticando che non è la carne a essere «pericolosa», quanto il suo consumo eccessivo e che il numero di morti che provoca ogni anno non è assolutamente comparabile con quello causato da fumo, alcol e inquinamento. L'allarmismo è inutile, è indispensabile invece aumentare in tutti noi il grado di conoscenza e consapevolezza per favorire dei consumi responsabili.
Michele Pizzinini - Specialista in Scienza dell'alimentazione e Diabetologia -