Cinque responsi del fine settimana invernale
Cinque responsi del fine settimana invernale
- Mikaela Shiffrin: meraviglia. E sa come vincere.
- «Pietro» Fill e la tenacia silenziosa. Chapeau.
- Svindal ci ha preso gusto, le notti di Hirscher rischiano di essere meno serene
- De Fabiani si candida per il ruolo di futuro del fondo, non solo italiano
- A Kuusamo ha vinto il vento: bingo per combinatisti e saltatori italiani
Cosa si può dire di una Mikaela Shiffrin così?
Venerdì sera dopo quello sciagurato errore nel finale di un gigante già (stra)vinto, si è affaciato il dubbio che potesse essere il segnale di qualche cedimento a livello mentale. Nulla di più sbagliato. A posteriori possiamo dire che sia stato solo un malefico gioco del destino, quasi ad evitare che la Coppa del Mondo finisse troppo presto. Anche se l’errore ha acceso la rabbia della ventenne Mikaela che nei due slalom successivi ha letteralmente tritato tutto: pista, avversarie, record. Una dimostrazione di forza e superiorità mai vista prima (i 3”07 rifilati alla seconda nello slalom di sabato rappresentano il distacco più ampio di sempre in Coppa del Mondo), una sensazione di indistruttibilità che nemmeno la (rischiosa) leggerezza nell’ultima delle quattro manche ha potuto incrinare.
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La Shiffrin in queste ultime due giornate è stata la perfezione fatta slalomista. Come lo era stata anche venerdì in gigante, prima della grande sciocchezza. In quattro gare fin qui disputate, l’americanina ha vinto due volte, è arrivata seconda a Solden e ha sfiorato il successo ad Aspen, in gigante: con un ruolino di marcia del genere, sarà inevitabilmente la principale candidata al Coppone. Anche perchè, per ora, Lindsey Vonn deve ancora entrare in scena, in attesa delle prove veloci di questa settimana. Ma attenzione che la Shiffrin sarà al via del superG e seppur il tracciato di Lake Louise sia piuttosto veloce, non sono da escludere sorprese.
La più forte slalomista di sempre? Forse, anche se è sempre difficile fare questo genere di discorsi. Di certo è la più completa: in potenza rivaleggia con Marlies Schild (35 vittorie in slalom di Coppa), è più elegante di Vreni Schneider (34), più determinata di Erika Hess (21), più integra di Janica Kostelic (20) e più reattiva di Anja Paerson (17), le uniche che nella storia hanno vinto più slalom di lei (16), che tra l’altro in bacheca ha già un oro olimpico e due mondiali. E ha solo 20 anni. Da qui a marzo ci sono ancora 8 slalom e se solo la Shiffrin dovesse vincerne 6, sarebbe già la terza più vincente di sempre, ancor prima di spegnere 21 candeline. Altre due stagioni senza infortuni e avrebbe già in tasca il record di mamma Marlies Schild.
Davvero una meraviglia, talmente bella che non rischia di diventare noiosa o antipatica, anzi. Pur nel trasporto di simili imprese e pur nella giovane età, questo fenomeno ha saputo anche limitare le proprie esternazioni, quasi a comprendere (e non è facile, con tanta adrenalina in corpo) di aver già bastonato a sufficienza le avversarie, senza la necessità di mortificarle anche con esultanze sfrenate.
Giovane, educata, gentile, determinata, dannatamente brava. Davvero impossibile chiedere di più.
E mentre Shiffrin impartiva lezione di slalom, un po’ più a nordest i vecchietti Aksel Lund Svindal e Peter Fill si divertivano come matti a Lake Louise. Entrambi classe ‘82, entrambi con alle spalle annate difficili. Impossibile avvicinarne la rispettiva classe (il lungagnone norvegese è il nuovo leader della Coppa del Mondo in quanto a carisma), ma sicuramente in questi ultimi mesi i due trentatreenni hanno attraversato percorsi paralleli, seppur dissimili. Ecco, un’ipotetica giustizia sportiva di ispirazione salomonica avrebbe disegnato un ex aequo nella discesa di sabato, senza quel centesimo ad esaltare Svindal e beffare Fill, ma il senso del fine settimana non viene comunque meno: mai mollare. Peter Fill non è un campione rumoroso, anzi. Anche quando a Garmisch si è messo al collo la medaglia iridata ha mantenuto quel basso profilo che negli anni ne han fatto il punto di riferimento in seno al team della velocità azzurra. Modi misurati, educati, civiltà e disponibilità miste a tanto spirito di sacrificio, anche e soprattutto quando guai fisici e problemi familiari ne hanno quasi azzoppato la carriera. Ha lavorato, in silenzio, ed è tornato in alto.
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In alto, in altissimo è tornato anche Svindal: di incidenti gravi ne ha passati tanti, specie in questi ultimi anni. Eppure è tornato ancora una volta a suon di carica e lancia in resta, per annichilire il compagnone Jansrud e rimettere in chiaro le cose: l’anno scorso in assenza del gatto, i topi han ballato, ora non si scherza più. Marcel Hirscher è avvisato. Domenica, nel gigante di Beaver Creek il salisburghese potrebbe già ritrovarsi con la necessità di vincere per non veder scappar via troppo il vichingo. E chi se lo aspettava uno Svindal così? Per il bene dello spettacolo, speriamo che duri il più possibile.
Chiudiamo il lungo capitolo dell’alpino e apriamo quello dedicato nordico, partendo da Francesco De Fabiani.
Un DeFa da applausi, davvero. Da pelle d’oca verrebbe da dire. Perchè nel monologo norvegese ha provato a mettere i bastoni tra le ruote a Northug e compagni, sfiorando di un’unghia il podio e soprattutto dimostrando di non avere alcun timore referenziale nei confronti di campioni fatti e finiti. Lui che a 22 anni deve ancora disegnare una sua carriera. Ma con i presupposti di questi ultimi 12 mesi viene fin troppo facile predire un futuro da grande, da grandissimo. Nelle scorse settimane Sepp Chenetti aveva sussurrato che De Fabiani era ulteriormente cresciuto. Ieri ce ne siamo accorti, anzi se ne sono accorti tutti gli appassionati degli sci stretti che da domani non saranno più sorpresi nel vedere un (giovane) italiano tenere testa alle furie rosse di Norvegia. Solo lui.
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Tra le immagini più belle del fine settimana c’è anche il caloroso e sincero abbraccio con cui praticamente tutte le avversarie hanno stretto Heidi Weng, incappata in una colossale castroneria che l’ha privata del secondo posto nel Minitour di apertura: sprint lanciato con un giro di anticipo, forcing sfrenato sul rettilineo d’arrivo, caduta a terra post traguardo compresa, prima di rendersi conto di essere tutta sola e di averla combinata grossa. E’ giovane, ha talento, si riprenderà. Ma la comprensione e l’aiuto delle avversarie, in questi casi, aiuta. Eccome.
A volte ci vuole fortuna e stavolta a Paolo Bernardi e Walter Cogoli la dea bendata ha detto proprio bene. La decisione di rinunciare alla tappa di Kuusamo (soprattutto a causa di un trampolino indigesto) sembrava quasi una mossa di rassegnazione, specie per le potenziali velleità di Pittin di dire la sua nella classifica di Coppa del Mondo di combinata. Ma a posteriori il team azzurro può ridere sotto i baffi. Perchè a Kuusamo saltatori e combinatisti hanno fatto su e giù dal trampolino nella vana attesa che il vento li lasciasse saltare. Niente da fare: quattro gare annullate su quattro. E nel frattempo Bernardi ha potuto godere di giornate ottimali per proseguire gli allenamenti a Lillehammer, sede delle prossime gare, mentre Cogoli ha potuto rifinire la condizione dei suoi saltatori a Kliegenthal fino a giovedì ed ora sta ultimando i bagagli per raggiungere a sua volta i combinatisti nella località olimpica norvegese. Tante giornate di allenamento necessarie come il pane, considerata la condizione media dei saltatori al debutto e lo spasmodico bisogno di mettere salti in cantiere e di affinare la sicurezza dei nostri combinatisti. Insomma, pur senza gareggiare, tra i più soddisfatti del fine settimana ci sono anche gli azzurri.
Ultimo spunto per l’antipasto della stagione del biathlon. Ad Oestersund si è vista tanta Norvegia, moltissima Francia (che Dorin, ragazzi), davvero poca Italia. La condizione media in casa azzurra sembra piuttosto deficitaria: speriamo che sia stato solo questione di rompere il ghiaccio, perché una Karin Oberhofer così... non sembra vera. Da mercoledì si comincia a fare sul serio, speriamo bene.
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