Storico Biathlon, grande Pellegrino e giovani in crescita
Storico Biathlon, grande Pellegrino e giovani in crescita
Andiamo per ordine, ecco cosa ci ha detto - tra le altre cose - questo fine settimana:
- Continua il revisionismo storico del biathlon italiano: la volata di Dorothea porta la prima staffetta. Poche ma dannatamente buone.
- Chicco Pellegrino c’è! Ed ora aspettiamo i pattinatori
- Ahia Shiffrin, che male! Vonn e Hirscher verso il mito
- Fine settimana decisamente amaro per gli slalomgigantisti trentini, ma De Aliprandini e Gross ci hanno provato davvero
- Giovani talenti crescono: Pirovano già studia da grande, Salvadori al bacio
Pochi aggettivi sono forse abusati nel lessico comune (e anche giornalistico) come lo è «storico». La tendenza è quella di affibiarlo un po’ troppo spesso, ma quando quattro ragazze italiane vincono per la prima volta una staffetta nella Coppa del Mondo di biathlon... beh, pare inevitabile usarlo. E con cognizione di causa.
Questo inverno tra poligoni e sci di fondo assume contorni sempre più esaltanti: come se non fossero bastati i tre podi della tappa di apertura con tanto di ritorno al successo dopo 16 anni, ieri Dorothea Wierer e compagne ne hanno combinata un’altra bella grossa vincendo la prima storica (eddaje) staffetta del biathlon italiano. Per farlo hanno dovuto mettere in campo più o meno il meglio a disposizione: la giovane e precisa Lisa Vittozzi ha tenuto sugli sci confermando il feeling con il tiro, Karin Oberhofer ha dato riprova di una condizione in crescendo, Federica Sanfilippo è stata generossima nel fondo e fallosa nel tiro ma senza compromettere alcunchè e a chiudere Doro Wierer ha voluto dimostrare che nella corsa sull’uomo (ops, sulla donna, non ce ne voglia la povera Preuss) ha ben poche rivali. Anzi, si esalta proprio.
E che volata!!
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Nei labirinti del web e dei social network qualche eccentrico ha addirittura proposto un parallelo con la storica (sono ormai un caso irrecuperabile) volata di Sissio Fauner a Lillehammer 1994: per carità, poco o nulla a che vedere per contesto, ambientazione storica e geografica, importanza e protagonisti della gara; si rischia l’inquisizione per eresia. Frutto forse del trasporto che alcuni appassionati del biathlon manifestano in talune occasioni.
Ma poco importa, in fondo, un simile accostamento. Quello che importa è che un gruppo di ragazze, ancora davvero futuribile, sta raccogliendo risultati per certi versi assurdi se si considera il bacino d’utenza del biathlon italiano: vincere in staffetta è generalmente sintomo di un movimento profondo, articolato. Invece in Italia gli specialisti del biathlon si contano facilmente, forse forse superano la ventina, ma non di molto.
Magari questa messe di successi porterà nuova linfa ad un sport che per spettacolarità e fascino (e richiamo mediatico, magari non tantissimo in Italia, purtroppo) ha pochi eguali. Ah, il 16 e 17 gennaio la Coppa Italia di biathlon farà tappa a Lago di Tesero... dai, facciamo proseliti!
Togliendosi dalle spalle il fucile, si passa a Davos che resta terreno di conquista di Chicco Pellegrino. L’anno passato aveva rotto il ghiaccio, quest’anno si è riconfermato e viaggia verso il titolo di sprinter più forte di sempre. Ma attenzione, perché la staffetta di Lillehammer ha indicato come il valdostano non è malaccio neppure sulla distanza, anche in classico.
Sabato a Dobbiaco avrà già l’occasione per il bis in un fine settimana che con la 15km in classico «chiama» all’appello anche Francesco De Fabiani.
I due amici/rivali/colleghi di casa a Gressoney sono il biglietto da visita più bello che possa esserci per l’Italfondo moderna: giovani (25 anni uno, 22 l’altro) e vincenti. Cosa volere di più?
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Ad essere particolarmente esosi, sarebbe interessante vedere crescere la condizione dei pattinatori, visto che oggi l’Italia regge il confronto con le potenze nordiche in classico ma fatica a skating. Intanto però «Giando» Salvadori è in testa all’Alpen Cup. Ma sul primierotto ci torniamo tra poco.
In casa trentino, Gaia Vuerich ancora fatica ad arrivare a regime: la qualificazione di Davos per lei era un atto pressoché dovuto, ora non resta che aumentare i giri del motore, perché a Dobbiaco sarebbe carino vederla di nuovo in semifinale, un posto che dovrebbe spettarle stabilmente.
La notizia (brutta) del fine settimana è stato invece l’infortunio a Mikaela Shiffrin. Farsi male nel riscaldamento è un bel colpo di sfiga, inutile girarci attorno. Gli amanti del «poteva andare peggio» suggeriscono che in fondo l’infortunio non pare gravissimo, ma in ogni caso la ventenne se ne è tornata negli States per capirne di più e questo lascia intendere che per qualche settimana sarà comunque fuori dal giro. Ed in un Circo Rosa già privo delle varie Fenninger, Maze, eccetera eccetera è una perdita particolarmente grave e sentita. Perchè non basta una Vonn sontuosa per tenere in piedi l’attenzione: ora l’americana torna a vincere anche in gigante (su gentile concessione di Federica Brignone che considerate le assenze tra le porte larghe ora può fare davvero una riga) e viaggia verso il record assurdo delle 86 vittorie di Stenmark. Ora ne mancano solo 15. A prescindere dal record, la Vonn ha calato l’asso nel momento più opportuno: solo una Shiffrin in salute ora potrà privarla del Coppone, e visto che la giovane Mikaela al momento è incerottata...
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Stesso dicasi sull’altro versante per Marcel Hirscher. Cinque gare disputate: tre vittorie, un secondo ed un terzo posto. C’è altro da aggiungere?
In gigante sabato non ha dovuto nemmeno spingere a tutta, tanto è superiore in assenza di Ligety (ma in Val d’Isere è uscito spesso con il mal di testa); ieri in slalom si è assopito nella prima manche per poi impressionare nella seconda. E tanto è bastato per mangiarsi tutti, Kristoffersen escluso. Cinque coppe del Mondo di fila non le ha mai vinte nessuno. Al momento.
Restando agli slalom, una menzione speciale per Frida Hansdotter: brava, gentile, generosa, sensbile. E sfigatissima: una serie di secondi posti ormai eterna. Dopo Schild e Shiffrin si è trovata dai piedi anche questa Petra Vlhova a rovinarle i piani. Chapeau per la slovacca che potrà essere nel futuro la vera antagonista di Shiffrin, ma povera Frida... se la meritava questa vittoria.
Tra Val d’Isere ed Aare i trentini hanno sofferto: poco o nulla di fatto, se non il 23° posto di una Chiara Costazza sulla difensiva, vogliosa di finire la gara. Ci può stare, ma la fassana deve volere di più.
Un po’ come Sabo Gross che ha inseguito fino all’ultimo il bersaglio grosso. Un’azione che lo stava portando - unico tra tutti - in scia a Kristoffersen, con addirittura il miglior intermedio assoluto nella parte alta. Poi è arrivato l’errore: capita, ma Sabo c’è e martedì lo potrà dimostrare sul Canalone Miramonti.
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Luca De Aliprandini ha invece dovuto aspettare la seconda manche per scrollarsi di dosso il torpore del fuso orario. “Drift master” l’ha ribattezzato la compagna Michelle Gisin e sabato si è capito il perché, almeno per quei 40 secondi in cui il noneso è rimasto in gara. Intraversate che nemmeno il miglior Simoncelli, un’aggressività esemplare ad alta efficienza. Peccato che non sia arrivato in fondo, ma l’importante, vista la dinamica, è che il ginocchio sinistro abbia scricchiolato e nulla di più.
Dopo i tanti punti raccolti nelle prime gare, duplice ko per Andrea Ballerin, ma ci sta anche se molto probabilmente costerà il pettorale tra i 30 sulla Gran Risa; out anche Cristian Deville, ma in Savoia in quelle condizioni non era semplice inserirsi da così indietro. Speriamo che a Campiglio sappiano regalargli un bel ghiaccio.
Intanto i giovani nostrani tornano a far parlare di sè, soprattutto Laura Pirovano e il già citato Giandomenico Salvadori.
La diciottenne rendenese è passata nel giro di due giorni dal non essere mai andata a punti alla vittoria in Coppa Europa: magari c’è stato un pizzico di fortuna o è capitata una di quelle giornate in cui tutto gira per il verso giusto, ma in ogni caso «Lolli» ha i numeri per diventare davvero grande. Non chiediamole la luna, lasciamola maturare ancora un paio di anni e poi ci penserà lei. Intanto per questo inverno ha fatto già più di quanto le veniva chiesto. Ora non resta che lavorare, lavorare, lavorare.
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Verbo che piace anche a Salvadori. Il festeggiamento per il debutto in Coppa del Mondo a Lillehammer non l’ha distratto affatto. Tornato sulle Alpi si è tolto il lusso di beffare un big come Bessmerthnyk in Alpen Cup per regalarsi il successo nella prova d’apertura in tecnica libera (come si diceva sopra, forza Giando, in questa nazionale potrebbe esserci posto per te) e per chiudere il week end al comando della generale, proprio a braccetto col russo che in classico ha voluto vendicarsi. Era prevedibile: ora avanti così! E pollice in su anche per Paolo Ventura sugli sci stretti e per Federico Liberatore tra i pali, i giovani nostrani sembrano stare davvero bene.