Il biogas e il turismo: non sono incompatibili!
Il biogas e il turismo: non sono incompatibili!
Sull’Adige del 17 gennaio scorso è apparso un lungo ed interessante articolo di Walter Arnoldo, dal titolo molto esplicito: «Non solo biomasse: Valsugana a rischio».
Arnoldo, albergatore e presidente dell’Associazione locale degli albergatori, porta all’attenzione del lettore molti temi critici legati allo sviluppo armonico della Valsugana e anche forse della provincia. Un argomento mi ha particolarmente interessato e lo riprendo qui per poi, in breve, commentarlo.
«Per esempio, perché un territorio purtroppo considerato sicuramente meno importante dal punto di vista turistico, ma non certo da quello naturalistico è da sempre così sfortunato nella sua storia recente e non». Segue un elenco di cose che sono considerate negative e dannose per l’area tra cui anche, e riprendo l’articolo di W. Arnoldo: «[…] e notizia di pochi giorni fa, anche un nuovo impianto a biogas a Villa Agnedo…».
Walter Arnoldo mette quindi in contrapposizione al possibile sviluppo turistico, tra tutti i vari problemi che elenca per la sua valle, anche la possibile realizzazione di un impianto a biogas a Villa Agnedo. Afferma poco più avanti «Perché fior di studiosi, medici e ricercatori considerano gli impianti a biomassa inquinanti per la saluta pubblica e per l’ambiente?».
Io mi limito qui a fare poche considerazioni generali con riferimento (al costruendo?) impianto a biogas di Villa Agnedo di cui non ho però informazioni particolari, la sua potenza elettrica, la tipologia di impianto e i substrati avviabili alla digestione anaerobica.
C’è un paese in Europa, la Germania, che dispone (fine 2015) di circa 9.000 piccoli e medi impianti a biogas distribuiti sul territorio da sud a nord, la cui potenza complessiva installata è di 4.200 MW elettrici e la produzione annua di elettricità 33 TWh che è l’equivalente dell’energia consumata ogni anno da 9,5 milioni di famiglie tedesche. Quale paragone, in Trentino la produzione idroelettrica nel 2013 è stata di 4,3 TWh e il consumo elettrico interno è stato di circa 3,2 TWh.
Grafico 1 – Impianti a biogas e potenza elettrica installata in Germania.
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PS: Anlagenzahl = numero di impianti; Installierte elektr. Leistung = Potenza elettrica installata
In altri termini, l’energia elettrica prodotta annualmente dal biogas in Germania sostituisce quella prodotta da circa tre centrali nucleari. Non è poco! Lo «scarto» del biogas è il digestato che è usato come ammendante per i terreni agricoli. Personalmente ho visitato, sostando anche una notte, un paio di anni fa un albergo in Baviera i cui scarti di cucina vanno a finire in un digestore di un impianto a biogas attivo in una vicina azienda agricola che li trasforma, mescolati ad altri substrati, in metano puro il quale ritorna all’hotel e sono convertiti in calore in una normale caldaia per riscaldare le stanze e la piscina e per produrre acqua calda sanitaria (docce).
Mi pare un bell’esempio, tra i molti, d’integrazione tra fonti rinnovabili e turismo sostenibile di cui anche il Trentino ne avrebbe molto bisogno avendo, tra l’altro, le condizioni al contorno indispensabili.
Si noti poi che in Germania molti di questi impianti a biogas producono anche calore che è usato per scaldare le scuole, piscine, capannoni, anche edifici pubblici o per essiccare prodotti agricoli. Nel 2013 sono stati erogati nel complesso 11 TWh di calore per diverse utenze che equivale a circa 1,1 miliardi di metri cubi di metano o l’equivalente del fabbisogno termico di circa 800.000 famiglie tedesche.
Inoltre una parte di questi impianti (circa 190 impianti, fine 2015) sono anche in grado di produrre biometano (biogas purificato in metano, cioè senza la componente di anidride carbonica) che serve per rifornire le automobili a gas metano o per alimentare la caldaia di casa o ancora per i fornelli di qualche ristorante alla moda. Cucinare sulle piastre elettriche, mi dicono, non dà gli stessi risultati.
Delle due l’una: o i governanti tedeschi a tutti i livelli negli ultimi venticinque anni non hanno affatto letto gli studi e le ricerche del fior fior di ricercatori, studiosi e medici di cui fa cenno, senza però menzionarli uno ad uno, W. Arnoldo. Oppure li hanno letti e non erano meritevoli e/o convincenti al punto da stoppare un siffatto sviluppo del biogas in Germania dove invece vi hanno creduto e investito come in nessun altro paese in Europa. La Baviera agricola, che non è tanto lontano da Trento, conta e vanta da sola 2.360 impianti con una potenza complessiva di 790 MW. Ciò vuol dire una media per impianto di 300 kW di potenza elettrica. Si tratta quindi di piccoli-medi impianti difficili da vedere se non si entra nell’azienda agricola. È la generazione elettrica e termica diffusa fatta con le deiezioni animali e con gli scarti dell’agroindustria, derrate alimentari avariate e certo anche con mais ceroso.
TURISMO E BIOGAS (energie rinnovabili)
Si potrà dire: ma hai mai visto le statistiche dello sviluppo turistico in Germania che è crollato di pari passo con l’installazione massiccia degli impianti a biogas? Certo che ho visto le statistiche del turismo in Germania in termini di arrivi e di pernottamenti. Ecco qui i dati.
Grafico 2 – Turismo in Germania: arrivi e pernottamenti. Cresce il biogas e crescono anche i turisti.
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Dai dati non si evince, ma lo so per certo, che vi sono associazioni in Germania che organizzano da alcuni anni corsi di formazione e visite guidate agli impianti di biogas per far vedere e toccare con mano, ad ospiti tecnici e governativi da tutto il mondo, come sono stati fatti. I «turisti del biogas» cercano di capire come poterli replicare nelle loro realtà. In Germania da alcuni anni si tiene una fiera specializzata e itinerante, in tre diverse città tedesche, dove si ritrovano circa 20.000 visitatori in 3-4 giorni. Solo per parlare e vedere il biogas e il biometano. Anche questo è una formula di turismo rinnovabile oltre che di marketing territoriale.
Ora, se mi dicessero che in Trentino, vista l’abbondanza di energia elettrica rinnovabile rispetto ai consumi interni, non c’è affatto bisogno di fare impianti a biogas basati sulla sola produzione elettrica, tale l’argomento, a mio parere, avrebbe una sua solidità e logica. Rimango dell’opinione però che la gestione corretta dei reflui zootecnici e anche di frazioni di umido potrebbe essere ben fatta anche in Trentino in circa 30-40 piccoli (50-300 kW) impianti a biogas, coinvolgendo le aziende agricole (non i Comuni come vorrebbero fare in Val di Fassa!) e sfruttando anche l’uso del calore per essiccare per esempio piante officinali e/o anche la legna da ardere, il cippato oppure altre granaglie.
Ma per fare questo ci vuole, ci sarebbe voluto, una regia forte e un lavoro preparatorio di aggregazione e motivazione delle aziende agricole per avviare un «patto duraturo e sinergico attorno al biogas». E, son convinto, qualche giapponese sarebbe venuto piuttosto a Trento per visitare e capire come sono fatti gli impianti a biogas del distretto trentino e si sarebbe fermato due giorni in più a contemplare le Dolomiti o il Brenta anziché sostare nelle piatte lande bavaresi in attesa del volo di ritorno.