Sulle tracce della Grande Guerra
Sulle tracce della Grande Guerra
Concludiamo la nostra serie di appuntamenti dedicati all’escursionismo con un ultimo percorso tematico sui luoghi della Prima guerra mondiale, che per quanto riguarda la nostra provincia ebbe gli insoliti connotati di una guerra di montagna, combattuta in luoghi impervi e inverosimili.
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Quando nel 1861 nacque il Regno d’Italia, l’Impero austro-ungarico avviò la costruzione di un complesso sistema di trincee e fortificazioni per difendere il confine meridionale del Tirolo. I lavori si protrassero fino allo scoppio del conflitto, nel 1915, quando la carenza di uomini a presidio del fronte obbligò le truppe ad assestarsi a quote ancora più alte, lungo linee di cresta ed elevazioni strategiche che risultassero più facilmente difendibili. Il risultato fu un insieme di situazioni paradossali, dove spesso i soldati si ritrovarono a combattere contro gli elementi naturali, in condizioni climatiche estreme, più che contro un vero nemico dalle sembianze umane.
Ad un secolo di distanza, si rimane interdetti ad imbattersi in fili spinati e proiettili in posti come la cima del Gran Zebrù (3859 etrim), o del Monte Vioz (3644 metri), per non parlare dell’enorme cannone che ancora presidia la sella di Cresta Croce, tra i ghiacciai dell’Adamello. Difficile anche solo immaginare lo sforzo richiesto per trasportare «a braccia» un bestione di ghisa da 6 tonnellate a 3200 metri di quota.
Il cannone punta tuttora verso il Corno di Cavento, dove da qualche anno, grazie al lavoro della Sat e le Guide alpine del Trentino, è possibile visitare la galleria con i baraccamenti austriaci ancora intatti. Per chi non se la sente di spingersi fin lassù, altrettanto interessanti sono le fortificazioni del Pasubio (strada delle 52 gallerie) o di Punta Rocca (sopra Biacesa in val di Ledro), così come quelle di Cima Cavallazza, nei pressi di Passo Rolle, che testimoniano anche il massiccio impiego di esplosivo per ricavare depositi e tunnel sotterranei nascosti alla vista delle truppe avversarie.
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A questo proposito vale la pena ricordare anche la follia della guerra di mina, per la quale entrambi gli schieramenti fecero esplodere intere porzioni di montagna con l’obbiettivo di sorprendere i nemici, come nel caso del del Col di Lana o del Colbricon: tanto per rendere l’idea, delle numerose mine fatte esplodere sul Lagazuoi, solo quella del 20 giugno 1917 fu caricata con ben 33.000 kg di esplosivo, aprendo un enorme cratere ma senza causare alcuna vittima.
Ancora, tra le opere ingegneristiche più ardite realizzate durante la cosiddetta «guerra bianca» vi fu la Città di Ghiaccio, un complesso sistema di baraccamenti e gallerie lungo più di 10 km, scavato dagli austriaci dentro al ghiacciaio della Marmolada, per permettere ai loro soldati di muoversi al riparo dal fuoco nemico.
Oggi naturalmente questa sorta di Atlantide glaciale è scomparsa, risucchiata dall’inarrestabile trasformazione del ghiacciaio, ma rimane un’interessante documentazione fotografica a raccontarci le avveniristiche soluzioni ideate dagli eserciti dell’epoca. Certo mette un po’ di tristezza pensare a quante risorse, umane e materiali, furono spese a scopi bellici, in una sorta di assurdo gioco a nascondino, ma questo vale per tutte le guerre. Quel che voglio sperare, è che i soldati stanchi e affamati abbiano potuto trovare almeno un po’ di conforto nei grandiosi panorami al di fuori delle loro feritoie. Link consigliati: www.trentinograndeguerra.it, www.museomarmoladagrandeguerra.com, www.cortinamuseoguerra.it, www.museoguerrabianca.com.