Attaccati al denaro, radice del male
Attaccati al denaro, radice del male
«A nessuno può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità». Ho molto gradito questa chiarezza lapidaria da parte del nostro Papa, nel suo intervento tenuto mercoledì scorso nell’Aula nuova del Sinodo, in Vaticano, all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, nel venticinquesimo anniversario della firma della costituzione apostolica Fidei Depositum, di San Giovanni Paolo II.
È un discorso questo del Santo Padre che mi ha fatto molto riflettere, specie nel trafiletto seguente: «Nei secoli passati, quando si era dinnanzi a una povertà degli strumenti di difesa e la maturità sociale ancora non aveva conosciuto un suo positivo sviluppo, il ricorso alla pena di morte appariva come la conseguenza logica dell’applicazione della giustizia a cui doversi attenere.
Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo.
Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli. Qui non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l’insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana, dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale, ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia, richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità cristiana».
Ve lo condivido perché ci è necessario gettare trasparenza su alcuni errori commessi in passato. Quante rigidità del cuore nascono quando riduciamo tutto alla legge, trascurando il comando dell’amore, della carità reciproca! Dobbiamo essere grati al Papa di questa chiarezza, perché è sempre dalla mania di possedere qualcosa che nasce la voglia di impugnare le armi contro l’altro, fino a considerarlo nemico, ostacolo per la mia crescita. Sovrastimare la legge ha significato, ci vuole dire il Papa, subordinare ad essa la persona umana, la sua dignità.
Queste espressioni fanno eco a quelle usate da San Serafino di Sarov: «Dobbiamo trattare il prossimo con dolcezza, stando attenti a non offenderlo in alcun modo. Quando voltiamo le spalle a qualcuno o lo offendiamo, è come se mettessimo una pietra sul nostro cuore».
Perciò sul trono del nostro cuore non manchi mai il fratello. Il fratello prima di ogni norma, regola, giustizialismo e potere! La fratellanza non sia mai svenduta a buon mercato. Essa non è un gradino della scala dei valori. È semmai tutta la scala. Il chicco che non diventa uno col terreno non può generare la spiga. È la metafora che più racchiude il senso della vita donata, seminata nei campi del prossimo. Perché la verità rivelerà alla fine che ciò che tu semini nell’altro, un giorno lo raccoglierai nel tuo campo! Fiori e non spine! Smantelliamo perciò la pena di morte! E a tutta quella cultura che la sostiene e che diventa facilmente la legge sopra la persona, il diritto più importante della storia. Mettiamo fine alla morte! Aiutiamoci a rimediare alle colpe commesse. Sia la fiducia l’ultima parola, non la sedia elettrica.
Ci sia di monito il centenario dell’ultima apparizione di Fatima, il 13 ottobre 1917. Attualissima infatti resta la ragione di tale presenza mariana, in piena guerra mondiale, quella inutile strage come la definiva papa Benedetto XV(1915-22). Se Maria si è affacciata dalla finestra del cielo in quel frangente storico, è stato proprio per dirci che la pace è sempre possibile, perché si può cambiare la cultura di morte. Ma attenti bene: questo appello non ci viene dato dai grandi della storia né dai monsignori, ma passa attraverso la voce dei piccoli, Giacinta, Francesco e Lucia, tre fanciulli innocenti ma tenacissimi. Per farsi poi impegno quotidiano per la conversione sociale, sapendo che «l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali!».